
Esiste un’isola di opportunità all'interno di ogni difficoltà”, scriveva l’oratore e politico ateniese Demostene nel quarto secolo avanti Cristo. Una massima vecchia 2.500 anni, ma sempre attuale e utile a descrivere l’attuale condizione dell’Europa. Dopo il prepotente ritorno di Donald Trump sulla scena politica internazionale e il radicale cambio di paradigma impresso dalla nuova amministrazione americana, che lascia presupporre un progressivo e deciso disimpegno degli Stati Uniti dal territorio europeo, i Paesi del Vecchio continente si trovano ora davanti ad un bivio. Ritornare ad una logica di Stati nazionali pre-secondo conflitto mondiale oppure procedere spediti verso il concreto compimento del progetto di integrazione europea rimasto colpevolmente incompiuto nell’arco di questi ultimi decenni? Una scelta epocale, quella che saranno chiamati ad assumere i leader politici del Vecchio continente, dalla quale dipenderanno il futuro e i destini di un popolo europeo le cui istanze sono rimaste troppo a lungo tradite dall’inconsistenza e dalla miopia di un’Unione rivelatasi troppo spesso un mostro burocratico e al contempo un nano politico. Un’eterna incompiuta focalizzata esclusivamente sugli interessi lobbistici e lontana anni luce dalle esigenze dell'individuo. Talmente tanto da non essere neppure minimamente in grado di soddisfare i bisogni di difesa e sicurezza del proprio popolo.
Proprio questa, l’annosa questione del riarmo, sarà inevitabilmente lo snodo cruciale attorno a cui edificare, eventualmente, gli Stati Uniti d’Europa. Quella di rafforzare la politica comunitaria di difesa dai potenziali attacchi militari e cibernetici delle potenze ostili è infatti una necessità vitale per l’Europa: urge aumentare le capacità operative, incentivare gli sforzi finanziari e implementare il progetto di uno scudo nucleare comune in un’ottica di deterrenza continentale. In questo senso, non sarebbe utopico pensare a un nuovo Piano Marshall finanziato dalla Banca centrale europea per gli investimenti incentrato principalmente sulla difesa al fine di favorire il riarmo dei Paesi del blocco Ue e rilanciare al contempo industria e crescita. Mettendo finalmente da parte le solite vecchie litanie pseudo-pacifiste e quella fastidiosissima retorica anti-occidentale che, negli ultimi decenni, ha ampiamente contribuito a far deragliare tutti i buoni propositi insiti nel processo di integrazione europea. Rimandare ulteriormente non è più possibile. L’Europa si scrolli di dosso quel substrato di ipocrisia che ne compromettere il funzionamento e la crescita e decida una volta per tutte cosa fare da grande. Con la consapevolezza che la sopravvivenza dell’Unione, intesa come entità politica, non può prescindere dal progetto di riarmo e dalla creazione di un piano di difesa comune. Ora o mai più.
Aggiornato il 05 marzo 2025 alle ore 17:30