Israele: massima pressione su Hamas

Se è necessario verrà tagliata l’elettricità in tutta la Striscia. Israele cerca di mettere Hamas con le spalle al muro. Il governo di Benjamin Netanyahu ha messo in campo un piano dimassima pressione” per costringere il gruppo terroristico a rilasciare gli ostaggi ancora prigionieri a Gaza. Secondo la tivù pubblica Kan, la strategia si sviluppa in più fasi e punta a stringere il cerchio attorno ad Hamas fino a rendergli impossibile qualsiasi altra opzione se non la resa. Si parte con il trasferimento forzato della popolazione da nord a sud della Striscia, un déjà-vu già visto nei primi mesi di guerra. Se la mossa non dovesse dare i risultati sperati, scatterebbe la fase due: il taglio totale dell’elettricità, per spingere Hamas a sedersi al tavolo delle trattative con ben altre intenzioni. E se neanche questo dovesse bastare, il governo israeliano ha già pronto il piano finale: un’escalation militare con l’impiego delle cosiddette “bombe pesanti” fornite dagli Stati Uniti.

Sabato notte, Bibi ha deciso di giocare danticipo e lasciare ad Hamas tutta la pressione. La proposta di estendere la tregua in discussione al Cairo – quella su cui si stava trattando da giorni – non è stata un’iniziativa israeliana, ha rivelato il premier, bensì il cosiddetto “piano Witkoff”, dal nome dell’inviato del presidente americano. Israele ha dato il via libera, Hamas l’ha respinta. Una notizia che fino a quel momento nessuno aveva tirato fuori, nemmeno i diplomatici più vicini ai negoziati. Così, domenica mattina, la risposta israeliana è arrivata inesorabilmente: stop agli aiuti umanitari a Gaza, chiusura totale dei valichi di accesso. Una mossa che non ha sorpreso più di tanto gli addetti ai lavori, ma che ha subito scatenato la condanna di Onu e Unione europea, oltre che di diversi Paesi arabi. Netanyahu, però, sa di avere le spalle coperte, visto che Washington è dalla sua parte e lo ha ribadito senza giri di parole. “Israele ha negoziato con serietà per il rilascio degli ostaggi, ma Hamas ha deciso di tirarsi indietro. Appoggiamo quindi la decisione di interrompere gli aiuti”, ha dichiarato il portavoce della sicurezza nazionale Usa Brian Hughes.

Netanyahu ha poi rincarato la dose con parole che non lasciano spazio a interpretazioni: “A Gaza non ci saranno pasti gratis. Se Hamas pensa di poter continuare la tregua e godere delle condizioni della fase uno senza liberare gli ostaggi, si sbaglia di grosso”. Il premier israeliano ha accusato direttamente il gruppo terroristico di gestire e controllare tutti gli aiuti umanitari in arrivo nella Striscia di Gaza, maltrattando la popolazione e persino sparando contro chi cerca di ottenere i rifornimenti. Un messaggio chiarissimo: senza passi concreti da parte di Hamas, la pressione su Gaza aumenterà ancora. Ma c’è di più. Netanyahu ha lanciato un altro segnale, lasciando intendere che Israele è ancora disponibile a trattare. “L’inviato Witkoff ha definito il suo piano come un corridoio per i negoziati sulla fase due. Israele è pronto per questo”, ha dichiarato in riunione di governo. Una frase che suona come un’ultima apertura prima che la situazione precipiti definitivamente.

Nel frattempo, dagli ambienti governativi israeliani iniziano a emergere scenari che vanno oltre la guerra in corso. Ron Dermer, ministro degli Affari strategici e fedelissimo di Netanyahu, ha dichiarato a porte chiuse che una pace con i palestinesi sarà possibile solo se Hamas verrà “completamente sconfitto”. E ha persino azzardato un’ipotesi ambiziosa: “Se Hamas verrà eliminato, c’è una buona possibilità che ci ritroveremo nel prato della Casa Bianca per firmare un accordo di pace”. Secondo Dermer, il problema non è solo militare ma anche culturale. “Dobbiamo eliminare il veleno dall’istruzione palestinese, che oggi insegna a distruggere Israele e a uccidere gli ebrei. Se Hamas verrà sconfitto, capiranno che questa idea è morta per sempre”.

Aggiornato il 03 marzo 2025 alle ore 13:43