
“Yankees go home”: detto e fatto! “E mo’?”. Parole, molte parole da parte dell’Unione europea, ma non quelle che necessiterebbero per la formulazione di un nuovo Trattato europeo continentale, che istituisca una vera, concreta difesa europea e ne preveda le modalità di finanziamento, compreso un nuovo Patto di non aggressione Russia-Europa. Tra l’altro, come mai non ci sono manifestazioni di piazza né qui, nella patria comune dei Ventisette, né tantomeno in America contro il neo isolazionismo trumpiano? Ma, invece di mettere il lutto perenne per questo divorzio Usa-Ue, non sarebbe meglio vedere in tutto ciò un nuovo inizio, perché di certo “questa” Europa è “matrimoniabile” da parte di altri principi benestanti, e molto influenti nel mondo contemporaneo (Cina, India, Russia stessa)? Occorre fare molta attenzione, poi, a ciò che accadrà una volta terminata anche questa ennesima guerra alle nostre porte, perché sarà proprio l’Ucraina disastrata il vero Cavallo di Troia dell’Ulisse-Vladimir Putin, da introdurre nella cittadella indifesa dell’Unione con un’adesione accelerata di Kiev all’Ue, senza che siano soddisfatti i parametri relativi per l’allargamento. In questo caso, l’Ucraina post-guerra assorbirebbe tutte le risorse comuni per lo sviluppo, provocando non pochi traumi e divorzi all’interno della stessa Unione!
A proposito di terre rare: dove va il mondo? Verso terre lontane: anzi, per l’appunto, “rare”. Solo che, a proposito del baratto Usa-Ucraina sui giacimenti di litio, il vero imbroglio sta nel fattore tempo. Questo perché l’Occidente, e gli Usa in particolare, sono in netto ritardo sul loro diretto concorrente cinese che, da ben più tempo di noi, ha acquisito in giro per il mondo il monopolio delle terre rare, che si aggira all’incirca all’85 per cento della filiera successiva a quella della separazione del materiale grezzo. Processo, quest’ultimo, che necessita di un know-how sofisticato e, per ora, del tutto indisponibile per l’avvio delle attività di mining (estrazione) che dovessero fare seguito all’eventuale accordo in tal senso tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump. Nel merito, il presidente Usa rischia che la produzione reale di minerale di litio inizi ben dopo la fine del suo secondo mandato nel 2028, malgrado che la stima dei giacimenti ucraini sia di 500mila tonnellate di materiale utile, pari a un terzo delle riserve dell’intera Europa. Ben poca cosa di fronte alla Cina, che produce i due terzi di litio sui mercati mondiali delle terre rare. Ora, noi europei dobbiamo finalmente porci con tutta onestà il problema di fondo, rispetto alla scelta di Bruxelles di puntare tutto sulle energie green, ben sapendo che partivamo fortemente svantaggiati nei confronti di Pechino, dato che per alcuni decenni, prevedibilmente, non saremmo stati in grado di affrancarci dal suo mercato monopolistico sulle batterie elettriche e solari per autoveicoli e produzione di energia pulita.
Quindi, abbiamo colpito a morte la prima manifattura europea in assoluto dei motori endotermici per fare che cosa? Di fatto, creare una dipendenza vitale da parte dell’Europa per i materiali e i prodotti finiti green provenienti dalla Cina, trascurando del tutto che gli Usa avevano in atto da più di un decennio una guerra commerciale, militare e politica con Pechino, che li avrebbe inevitabilmente obbligati a ricorrere all’autosufficienza di energie fossili (petrolio e gas) di cui abbondano. Maga e il suo “Project 2025” erano lì fin dal 2020 a pronosticare quel che oggi sta accadendo con la rinuncia di Trump alla conversione green del sistema produttivo Usa. Certo, il “mercante di Pechino” nell’odierno mondo shakespeariano ha il suo bel tallone d’Achille, poggiato sull’arroganza confuciana di una cultura che pretende nell’immediato futuro di dominare il mondo, ma che non è ancora onnipotente come pretenderebbe il suo leader, nel senso che la maggior parte delle riserve terrestri di litio sono ancora fuori del controllo della Cina. Più in generale, metà del litio che si estrae nel mondo si trova in Australia, mentre altri giganteschi giacimenti non ancora sfruttati sono situati in Paesi del Sud America, come Bolivia, Cile e Argentina, nei confronti dei quali la Cina ha avviato un’iniziativa politico-diplomatica a tutto campo. In questo quadro, anche le 500mila tonnellate (stimate) di litio ucraino, pari a un terzo di tutte le riserve europee, potrebbero creare qualche problema al dominio di Xi Jinping.
Tuttavia, gli Usa che oggi pretendono di sottoscrivere un contratto capestro con Zelensky sulle terre rare, dovrebbero quantomeno dannarsi per non aver fatto lo stesso quando avevano il controllo pieno dell’Afghanistan, che ha immensi giacimenti non sfruttati di litio nel suo sottosuolo! Si poteva fare almeno quindici anni fa, con un governo afghano allineato e totalmente dipendente dagli aiuti e dall’assistenza americani. Tutto l’Occidente ne avrebbe tratto un immenso vantaggio, considerato che per avviare in Ucraina i processi industriali di sfruttamento del litio, a partire dalla fine della guerra (quando accadrà?), occorrono da un minimo di quattro a un massimo di dieci anni. A parità di condizioni, sarebbe meglio farci aiutare dai nuovi padroni della Siria, che parlano direttamente con Kabul, per tentare almeno di sottrarre quel che resta delle concessioni di sfruttamento minerario ancora non in mano della Cina, che già da anni ha aperto i suoi uffici di rappresentanza nella capitale afghana. Occorre tener conto anche di un’altra cosa: il principale giacimento ucraino di litio si trova nella regione di Zaporizhzhia, sotto controllo dei russi, mentre i più grandi in assoluto sono situati presso Shevchenko nella regione del Donetsk a sole quattro miglia dalle truppe russe.
Ora, quanto dovranno corrispondere alle agenzie assicurative le imprese private che accetteranno un rischio così elevato di operare a ridosso delle linee del fronte? Il problema di Trump e dei suoi consiglieri è però anche un altro: ovvero, che nel mondo il notevole aumento delle estrazioni di litio grezzo hanno fatto crollare i prezzi da tre anni a questa parte, per cui le stime in proposito sul valore dei giacimenti ucraini si possono rivelare nettamente sovradimensionate, con quel che segue. Ultimo aspetto, ma non meno importante, last but not least, come direbbero gli inglesi, è l’effettiva capacità degli Stati Uniti di raffinare il materiale grezzo, da cui in definitiva dipende il valore strategico dei giacimenti di litio. Al momento attuale, esiste in America una sola grande raffineria in Texas, costruita dalla Tesla di Elon Musk per le sue batterie al litio, che ha iniziato la sua produzione soltanto nello scorso dicembre. E qualcuno già collega il sistema Starlink ai giacimenti ucraini di terre rare, per costringere Volodymyr Zelensky a una “ragionevole” resa, una volta che venisse a mancare la copertura dell’intelligence satellitare Usa.
Aggiornato il 03 marzo 2025 alle ore 10:04