
Il nuovo presidente sembra aver implicitamente colto due insegnamenti fondamentali tratti dagli scritti di Machiavelli: la difficoltà di un cambiamento radicale e la necessità di colpire rapidamente i propri nemici.
Donald Trump non è Hitler, Stalin, o Mussolini. Piuttosto, è Niccolò Machiavelli! O comunque, se fosse oggi tra i vivi, il filosofo e statista fiorentino comprenderebbe all’istante i metodi del nuovo capo del potere esecutivo. Nella tradizione popolare, “Machiavelli” è un amorale e baffuto sostenitore di un’arte di governo in cui il fine giustifica i mezzi. Questa è una macchietta. Il vero Machiavelli era un funzionario di Stato nella Firenze del XV-XVI secolo. Scrisse trattati come Il Principe, Dell’Arte della Guerra e (il mio preferito) i Discori sopra la prima deca di Tito Livio, uno studio della storia di Roma di Tito Livio, per aiutare i principi e i governanti delle repubbliche a destreggiarsi nella politica dell’Italia rinascimentale. Non fu un’impresa facile. Descrivere l’Italia all’epoca di Machiavelli come un quartiere degradato è un po’ riduttivo.
Sopravvivere e prosperare a Firenze richiedeva un approccio alla politica da pugilato a mani nude. Questo è ciò che Machiavelli prescrisse. Lungo il percorso, elargì consigli di valore duraturo, se non eterno, per gli studenti e per i praticanti dell’arte di governare. E i suoi consigli erano sorprendentemente umani per i tempi e le circostanze. Il suo obiettivo era quello di aiutare i leader politici a consolidare il loro potere e, così facendo, a rendere la vita sicura e sopportabile per la popolazione che governavano. Per Machiavelli, anziché comportarsi come un cattivo, un principe saggio dovrebbe “cercare di farsi il popolo amico”, aiutandolo a vivere contento. Lo stesso dicasi per chi è a capo di una repubblica. Altro che macchietta.
IL CAMBIAMENTO E I SUOI NEMICI
Due intuizioni di Machiavelli incidono sulle prime mosse attuate da Trump dallo Studio Ovale. Innanzitutto, la politica. Il presidente si considera più una figura rivoluzionaria che un semplice custode del governo degli Stati Uniti. Vuole rimpiazzare una cosa con qualcos’altro. O forse è una figura controrivoluzionaria, in missione per sradicare quelli che considera gli eccessi delle precedenti presidenze e ripristinare la preminenza passata. Make America Great Again, ossia “Rendiamo l’America di nuovo grande”, suggerisce questa seconda ipotesi. Ad ogni modo, Trump sta intraprendendo un progetto irto di pericoli. Il fallimento è sempre un’opzione. Nel Principe, Machiavelli osserva che “e debbasi considerare come non è cosa più difficile a trattare, né più dubbia a riuscire, né più pericolosa a maneggiare, che farsi capo ad introdurre nuovi ordini”. Per lui, il termine “ordini” sembra riferirsi alle istituzioni, o in senso più ampio al modo di vivere o alla cultura che prevale all’interno di uno Stato. In altre parole, un cambiamento fondamentale. Perché tale cambiamento è difficile? Perché le persone detestano i cambiamenti e prediligono ciò che è loro familiare, mentre il futuro, che magari sarà generoso, rimane insondabile. È meglio preferire il noto all’ignoto.
Stando così le cose, il fervore è un alleato per gli avversari del principe. Il principe sta cercando di fare qualcosa di nuovo e non sperimentato. I suoi nemici difendono il diavolo conosciuto, e la cui influenza si è dimostrata proficua che quello sconosciuto. Secondo Machiavelli, “l’introduttore ha per inimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene” (l’introduttore ha come nemici tutti coloro che traggono vantaggio dai vecchi ordini), mentre “ha tepidi defensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene” (ha difensori tiepidi in tutti coloro che potrebbero trarre vantaggio dai nuovi ordini). Paradossalmente, i sostenitori dell’introduttore offrono solo un tiepido sostegno. In parte perché si trovano a dover far fronte ad avversari che possono “avere le leggi dal canto loro” (dalla loro parte), e quindi la capacità di far valere il potere coercitivo dello Stato, durante il tumulto rivoluzionario, quando l’esito della lotta rimane in dubbio. In parte, dice Machiavelli, ciò è dovuto “all’incredulità delli uomini, li quali non credano in verità le cose nuove” (all’incredulità degli uomini, che non credono veramente alle cose nuove) prima di vederle con i propri occhi. La rivoluzione deve trionfare prima che essi credano nel trionfo. Ergo, dubitano.
Come conseguenza di questa discrepanza di passioni, i sostenitori del vecchio ordine attaccano con “zelo partigiano” ogni volta che se ne presenta l’occasione, mentre i dubbiosi “defendano tepidamente in modo che insieme con loro si periclita” (si difendono tiepidamente in modo da essere in pericolo insieme a loro). In altre parole, l’iniziativa va ai conservatori dell’ancien régime che ai loro aggressori. Secondo Niccolò Machiavelli, Trump si trova di fronte a probabilità scoraggianti.
COLPIRE RAPIDAMENTE, MA CON CAUTELA
La seconda intuizione di Machiavelli che incide sulle prime mosse di Trump è la strategia. Per attuare un programma di tale portata, e superare lo zelo partigiano, Trump sta organizzando un attacco fulmineo a quelli che considera i difensori di un vecchio ordine corrotto all’interno della Beltway. Proprio come fanno i generali esperti sul campo, sta sferrando un colpo dopo l’altro in rapida successione per tenere gli avversari storditi e sbilanciati. Senza mai interrompere il contatto. Machiavelli annuirebbe consapevolmente. Nei Discorsi, il saggio fiorentino scrive che “chi prende a governare una moltitudine (…) e non si assicura di coloro che a quell’ordine nuovo sono inimici, fa uno stato di poca vita”, (ossia di breve vita). E tutti i leader politici vogliono che i loro Stati abbiano una lunga vita. Lo scriba attinge alla storia romana per illustrare il suo punto di vista, concentrandosi sulla cacciata dei (re) Tarquini nel V secolo avanti Cristo e sulla fondazione della Repubblica. Egli consiglia ai fondatori delle repubbliche di usare bene la crudeltà.
Con questo intendeva colpire con la massima forza un gruppo di avversari il più ristretto possibile. Bruto aveva espulso i Tarquini, liberando la città, solo per scoprire che i suoi stessi figli desideravano ripristinare il regno. La ragione? Perché ne avevano beneficiato, traendo personalmente profitto dalla monarchia. La libertà romana, paradossalmente, “pareva che fosse diventata la loro servitù”. Così organizzarono una cospirazione giovanile per rovesciare la Repubblica. I Romani adottarono misure drastiche contro questi “partigiani inimici” (nemici partigiani) della loro Repubblica. Machiavelli approva. Per rimediare al disordine della ribellione interna, conclude, “non ci è più potente rimedio, né più valido né più sicuro né più necessario, che ammazzare i figliuoli di Bruto” (non c’è rimedio più potente, né più valido, più sicuro e più necessario che uccidere i figli di Bruto). Ed è quello che fecero i guardiani della nuova Repubblica, sedando immediatamente la rivolta.
Da questa parabola, Machiavelli deduce che la popolazione di uno Stato supererà rapidamente una breve e brusca epurazione dei nemici del regime, ma i leader politici che esercitano la tolleranza nei confronti dei loro nemici si ritrovano comunque a usare la forza, ma in modo discontinuo e nel tempo. Egli sostiene che le campagne prolungate per sconfiggere gli oppositori, ovvero impiegare la crudeltà come routine, tendono a seminare l’odio tra i governati. E una popolazione piena di odio è il destino peggiore che possa capitare a un governante. Meglio superare il disagio e cauterizzare la ferita.
Ma quando? Il tempismo era tutto per Machiavelli. Egli esortava i leader politici a colpire le loro controparti dei figli di Bruto non solo duramente, in modo discriminatorio e rapido, ma anche in anticipo. Diceva Machiavelli: “Quello principe (...) o quella Republica che non si assicura nel principio dello stato suo, conviene che si assicuri nella prima occasione, come fecero i Romani”. Meglio eliminare i figli di Bruto all’inizio del nuovo regime che lasciare che la loro cospirazione si trasformi in qualcosa di veramente maligno. Che io sappia, l’amministrazione Trump non ha sguainato lo stiletto avvelenato contro i dipendenti federali o contro altri soggetti presi di mira dalla sua raffica di ordini esecutivi. Non c’è traccia di assassini armati di coltello a Newport, in ogni caso. Il presidente sta comunque cercando di eliminare i figli di Bruto, fortunatamente con mezzi meno spietati. Niccolò sorride.
(*) Tratto da The National Interest
(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada
Aggiornato il 21 febbraio 2025 alle ore 09:46