
J.D. Vance, vicepresidente degli Stati Uniti, ha parlato a Monaco in modo molto diretto esponendo il suo pensiero sull’Unione europea. Ha puntato il dito contro l’Europa affermando che sembra smarrire sé stessa, più preoccupata di reprimere il dissenso che di difendere i suoi valori. Se la sicurezza è il tema reale della conferenza, la preoccupazione di Vance sembra non essere la Russia, né la Cina ma il disallineamento della Ue dalle nuove linee di politica Usa, sia interna che verso l’esterno. I commenti sono stati tra loro opposti, ci sono stati quelli che hanno criticato l’intervento come troppo aggressivo e come quelli che lo hanno difeso. In entrambi i casi ha prevalso un posizione immediata e non di riflessione sulla dinamica della storia che ci ha visto in questi ultimi quattro anni profondamente sudditi del pensiero dei neocon americani rappresentato da Joe Biden che si è sempre più affievolito nel suo ruolo al punto da essere stato sostituito dalla Kamala Harris nella sfida alla presidenza con Donald Trump. È necessario partire da questa realtà per esprimere un giudizio complessivo sul nuovo ruolo della politica e del pensiero che ha assunto la nuova presidenza voltando letteralmente pagina nella storia degli ultimi venti anni della politica americana.
È dal 2001 che la politica degli Usa è stata di fatto consegnata al Governo dei neocon bellicisti che hanno avuto in George W. Bush, Barack Obama e Joe Biden i principali protagonisti di questa pagina della storia solo in parte fermata dalla precedente presidenza di Trump dal 2016 al 2020. I temi ricorrenti sono stati la belligeranza totale e la guerra come strumento di politica estera, la libertà di comportamenti sempre più trasgressivi nei costumi sociali che hanno avuto nella presidenza Biden l’evoluzione più grottesca verso forme di aperta copertura di cultura woke, termine nato per riferirsi alla consapevolezza delle problematiche relative agli ma a partire dagli anni 2010, il termine ha cominciato a designare una consapevolezza più ampia relativa alle disuguaglianze sociali come la discriminazione razziale e etnica, il sessismo, l’abilismo e la negazione dei diritti della comunità Lgbtq.
La cultura americana è diventata una forzatura sui fatti ed è stata oggetto di suddita imitazione nella nostra storia che come Ue siamo diventati lo zerbino dei modelli culturali americani dimenticando la nostra storia millenaria che ha fatto l’Occidente. Obama, un presidente guerrafondaio che ha preso il Nobel per la pace inaugura nel 2014 la controversia con la Russia sull’Ucraina che diventerà guerra nel 2022 con l’invasione russa che ci ha travolti sotto ogni drammatico aspetto. E siamo qui a leccarci le ferite subite per la troppa sudditanza. In quegli anni Obama invia la sua rappresentante, Victoria Nuland, una rigorosa neocon bellicista, il cui marito è Robert Kagan ancora oggi teso a promuovere la guerra. La Nuland doveva procedere a un’azione di destabilizzazione dell’Ucraina cominciando a fare cadere il legittimo presidente per uno più disponibile a ubbidire e per fare questo avvio la guerra interna della Piazza Maidan; dopo Trump il primo presidente a non fare guerra la battaglia è esplosa e la Russia ha avviato dopo la drammatica invasione subita dall’Ucraina.
L’Ue con la presidenza della Ursula von der Leyen ha avuto un ruolo di stretta sudditanza nei confronti del presidente Biden in merito a tutte le direttive espresse come la cultura Woke che lo stesso presidente appoggiava in modo talora dispotico, oltre a quella abbiamo avuto la devastante politica Green, l’uso delle macchine elettriche, una finanza senza controllo che abbiamo sempre subito senza opporci. Poi è venuta la guerra in Ucraina sul cui altare abbiamo messo la nostra indipendenza, la nostra economia con i dazi autoinflitti alla Russa subendo il carissimo gas liquido Usa senza mai protestare una sola volta ma accusandoci reciprocamente quando si osava manifestare una posizione opposta. Le cose hanno, in parte cominciato a cambiare prima con la perdita di potere di Francia e Germania al loro interno che hanno promosso una presidenza che così si è mostrata troppo debole rispetto ad un’opinione pubblica che si spostava alla sua destra di fronte alla quale la von der Leyen ha dimostrato di non capire la Storia che stava voltando pagina, continuando così ad inasprire uno scontro sempre più teso.
Infine, l’elezione di Trump ha messo in evidenza la totale distonia tra le linea di Biden e le nuove verità che si pongono in modo totalmente opposto con l’affermazione della fine della cultura Woke, l’abrogazione dell’aborto, la fine delle politiche green che abbiamo ciecamente sposate, la fine della guerra in Ucraina che continuiamo in modo non attento alla storia nel sostenerla. Gli Usa sembra ora che rivedano la stessa politica contro la Russia vista come il diavolo da Biden e ora in modo meno aggressivo. Ancora una volta l’Ucraina sembra seguire la fine delle altre guerre Usa e viene dopo il Vietnam, la Jugoslavia, l’Afghanistan e l’Iraq lasciati tutti al loro destino. In mezzo a questa ruota della Storia che gira l’Europa devota suddita di Biden si trova con le spalle al muro e neanche chiamata alla convention Usa e Russia a Riad nonostante suo totale asservimento ora ci possiamo domandare di che è la colpa del nostro fallimento come politica europea, in realtà è facile accusare la Ue ma le colpe son o di tutti incapaci di capire la Storia che da millenni ci insegna quali sono i nostri errori quando perdiamo l’autonomia e ci asserviamo come il servo che abbaia alla Luna.
Certamente la colpa più grave è la mancanza di un pensiero di cui siamo stati pieni avendo contribuito con la nostra storia a fare la cultura dell’Occidente ma che abbiamo progressivamente perso con un drammatico fallimento di una classe dirigente a tutti i livelli. La situazione dell’Europa è da manuale per la rappresentazione del ciclo di vita delle società che cominciano a collassare quando le élite al potere perdono la capacità di affrontare le sfide nuove imposte dalla Storia e affidano la loro legittimazione all’occupazione del potere, ma questo nei secoli è sempre l’inizio della fine. “La loro decadenza non dipende da una paralisi delle loro facoltà mentali, ma dal collasso della loro eredità sociale che inibisce ogni esercizio delle loro inalterate facoltà in un’efficace e creativa azione sociale e culturale” (Le civiltà nella Storia di Arnold J. Toynbee,1947). Le responsabilità, sia pure a livelli diversi, sono di tutti e nessuno si può sottrarre agli errori commessi, la presa di coscienza dei problemi morali è, direbbe Immanuel Kant, un imperativo categorico perché non possiamo tradire i sacrifici dei nostri vecchi e le speranze dei nostri giovani.
È necessario e vitale provare a ritrovare il pensiero che un dono meraviglioso ma come ricordava Bertrand Russell: “L’uomo ha più paura del pensiero che di ogni altra cosa al mondo: più della propria rovina, persino più della morte. Il pensiero è sovversivo e rivoluzionario, distruttivo e terrificante; il pensiero è implacabile nei confronti del privilegio, delle istituzioni ufficiali, delle comode abitudini; il pensiero è anarchico e senza legge, indifferente all’autorità, incurante della ben collaudata saggezza del passato. Il pensiero affonda lo sguardo nell’abisso dell’inferno e non se ne ritrae spaventato. Il pensiero vede l’uomo, debole frammento, immerso in oceani senza fondo di silenzio; e tuttavia non rinuncia al proprio orgoglio, e resta impassibile come se fosse il signore dell’universo. Il pensiero è grande, veloce e libero, è la luce del mondo, è la suprema gloria dell’uomo. Ma, perché il pensiero divenga possesso di molti, anziché privilegio di pochi, dobbiamo farla finita con la paura. È la paura a impastoiare gli uomini: il timore che le loro amate credenze si rivelino illusorie, che le istituzioni grazie alle quali campano si dimostrino dannose, che essi stessi si manifestino meno meritevoli di rispetto di quanto non avessero supposto”.
(*) Professore emerito dell’Università Bocconi di Milano
Aggiornato il 20 febbraio 2025 alle ore 10:57