Mario Draghi: “Ue agisca come unico Stato”

Non si può dire di no a tutto. L’ex premier Mario Draghi ha strigliato i Ventisette nel suo discorso al Parlamento europeo, toccando vari temi tra cui le attuali condizioni globali, la stagnazione dell’economia dell’Unione europea e il rischio di finire nel frullatore delle nuove potenze mondiali. Il suo intervento all’Eurocamera parla di azione, unione e comunione d’intenti di Paesi che, sulla carta, dovrebbero essere uniti. O meglio ancora, agire come un unico Stato. “La risposta deve essere rapida, perché il tempo non è dalla nostra parte, con l’economia europea che ristagna mentre gran parte del mondo cresce. Deve essere commisurata all’entità delle sfide. E deve essere focalizzata sui settori che guideranno l’ulteriore crescita. Velocità, scala e intensità saranno essenziali”, ha affermato Draghi, insistendo sulla necessità di eliminare le barriere interne e di armonizzare le normative nazionali. Secondo l’ex presidente della Banca centrale europea, una maggiore integrazione del mercato dei capitali e una spinta verso finanziamenti più orientati all’equity rappresentano strumenti essenziali per rilanciare la crescita.

Uno dei punti critici individuati nel suo discorso è stato il sistema di difesa dell’Unione europea, caratterizzato da una forte frammentazione tra i diversi Paesi membri. “Il sistema di difesa dell’Ue è una delle nostre diverse vulnerabilità dove la frammentazione della capacità industriale lungo le linee nazionali impedisce la necessaria scala”, ha osservato Draghi, avvertendo che l’Europa potrebbe trovarsi isolata nel garantire la propria sicurezza e quella dell’Ucraina. Pur essendo collettivamente il terzo blocco mondiale per spesa militare, l’Unione non dispone di un apparato industriale in grado di sostenere un incremento delle risorse destinate alla difesa. “I nostri sistemi di difesa nazionali non sono né interoperabilistandardizzati in alcune parti chiave della catena di fornitura. Questo è uno dei tanti esempi in cui l’Ue è inferiore alla somma delle parti”, ha aggiunto, evidenziando la necessità di una maggiore cooperazione per rafforzare la capacità produttiva del comparto militare europeo.

L’intervento di Draghi ha toccato anche la questione dell’energia, un altro settore chiave per la competitività europea. “Dobbiamo ridurre i prezzi dell’energia, questo è diventato imperativo non solo per le industrie tradizionali, ma anche per le tecnologie avanzate: ma la decarbonizzazione può essere sostenibile solo se i suoi benefici vengono anticipati”, ha dichiarato. Il rapporto presentato dall’ex premier suggerisce una profonda riforma del mercato energetico, con più trasparenza nelle transazioni, una maggiore diffusione di contratti a lungo termine e un incremento degli investimenti nelle infrastrutture. Oltre a ciò, Draghi ha ribadito l’importanza di creare condizioni di equità per il settore delle tecnologie pulite in Europa, per evitare che aziende di Paesi con maggiori sussidi statali possano erodere le quote di mercato delle imprese europee. “La decarbonizzazione non può significare la perdita di posti di lavoro verdi”, ha sottolineato, indicando come un incremento della produttività totale dei fattori del 2 per cento nel prossimo decennio potrebbe ridurre significativamente il peso fiscale degli investimenti necessari.

Il messaggio di Draghi è stato anche politico: l’Europa si trova in un momento cruciale della sua storia e le istituzioni comunitarie devono dimostrarsi all’altezza delle sfide future. “I governi e i parlamenti nazionali del nostro continente, la Commissione e il Parlamento europeo sono chiamati a essere i custodi di questa speranza in un momento di svolta nella storia dell’Europa. Se uniti, saremo all’altezza della sfida e avremo successo”, ha affermato. L’ex presidente del Consiglio ha poi messo in guardia sul rischio di un’Europa incapace di difendere i propri valori fondanti. “L’Ue è stata creata per garantire pace, indipendenza, sicurezza, sovranità e poi sostenibilità, prosperità, democrazia, equità. Di base siamo riusciti a garantire tutto questo. Ora il mondo confortevole è finito, e dobbiamo chiederci, vogliamo difendere questi valori o dovremmo andarcene, e andarcene dove?”, ha detto Draghi in aula.

Nel corso del suo intervento, l’ex premier ha toccato il tema del finanziamento delle riforme e degli investimenti necessari per garantire la competitività europea. “Il dato dei 750-800 miliardi lanno è stimato per difetto”, ha spiegato, suggerendo l’emissione di titoli di debito sovranazionale per sostenere le spese, in particolare per quei Paesi che non dispongono di margini fiscali adeguati. Infine, Draghi ha ribadito l’urgenza di adottare misure concrete per affrontare le sfide economiche e geopolitiche che l’Ue deve affrontare. “Il rapporto Draghi è stato pubblicato in settembre, oggi, cinque mesi dopo, emerge che ciò che è nel rapporto è ancora più urgente di quanto fosse cinque mesi fa”, ha detto, esortando le istituzioni europee a concentrarsi su ciò che unisce il Continente piuttosto che sulle differenze di opinione.

La sua conclusione è stata perentoria: “Non si può dire no a tutto, altrimenti bisogna ammettere che non siamo in grado di mantenere i valori fondamentali dell’Ue. Quindi quando mi chiedete cosa è meglio fare ora dico che non ne ho idea, ma fate qualcosa”. Della serie, l’ex governatore della Bce pensava che l’Unione avesse imparato a camminare.

Aggiornato il 18 febbraio 2025 alle ore 13:39