Il neo pragmatismo iraniano ispirato da Donald Trump

Spesso la Storia ha “scritto”, per quanto possa essere veritiera, che i grandi cambiamenti sono il frutto delle strategie degli Stati dominanti, ma a volte questi mutamenti sono stati fatti passare come legati alla casualità. Avendo seri dubbi sulla casualità che possa incidere più di tanto in ambito geostrategico, non possiamo non fare alcune considerazioni sul “neo pragmatismo” del Governo iraniano. La caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria può essere letta come una evoluzione del jihadismo presente nel Paese che ha portato alla fuga del presidente, oppure, viste anche le imbarazzanti ritirate dell’esercito di Damasco, un’operazione con un coordinamento ad ampio raggio. Nessuna visione complottista dell’accaduto, anche se le varie sfumature di complottismo sono la spina dorsale della geopolitica, tanto è che molti carteggi che riguardano relazioni o azioni di valore sia nazionale che internazionale, anche riferite alle due Guerre mondiali, sono per regola secretati per svariati decenni, altri eternamente.

Ricordo anche il “Patto segreto” Sykes-Picot sviluppato sul riassetto del moribondo Impero ottomano, elaborato segretamente tra Francia e Gran Bretagna nel 1916, ma reso pubblico nel 1919 e concretizzatosi nel 1923 con la nascita della Repubblica di Turchia. Quindi una famigerata operazione che tutt’oggi lascia tracce della sua miopia, vedi questione Kurdistan. Comunque, riducendo l’area di interesse, una congiuntura come quella che ha portato un eterogeneo gruppo di jihadisti e non, armati di pick-up con mitragliatore, abbastanza supportati dalla Turchia, a arrivare a Damasco senza fatica, ha indirettamente condotto l’Iran a perdere i suoi due progetti per il Medio e Vicino Oriente, cioè la Mezza luna sciita e l’Asse della resistenza, strutturati per distruggere Israele. Un colpo pesante che ha fatto uscire il Governo degli Ayatollah con la schiena piegata. Come era previsto, al di là di quando osannato dal mainstream, Donald Trump estremamente filoisraeliano e grande sostenitore delle sanzioni alla Repubblica islamica, ha vinto le elezioni; così Teheran, che identificava nel demonio gli Stati Uniti, ora sta avendo dei ripensamenti. Infatti, in questi giorni numerosi e influenti leader iraniani si sono espressi a favore di aprire negoziati con gli Stati Uniti, intanto per ottenere la revoca delle sanzioni, poi per le relazioni, le braccia sembrano aperte.

Il primo segno è emblematico: a metà gennaio, solo alcuni giorni prima dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca, una bandiera degli Stati Uniti da anni pitturata sul pavimento all’ingresso del palazzo presidenziale di Teheran, e calpestata dagli avventori del palazzo come simbolica umiliazione del nemico giurato della Repubblica islamica, è stata cancellata. I media iraniani hanno evidenziato questo gesto, passato però in sordina da parte governativa che non ha rilasciato nessuna giustificazione sulla rimozione della pittura “a stelle e strisce”. Forse siamo a un punto di svolta delle strategie diplomatiche iraniane. Sempre a metà gennaio il presidente “moderato” Masoud Pezeshkian in un’intervista alla rete televisiva americana Nbc, aveva dichiarato che Teheran era favorevole ad avviare contatti con Washington. Tuttavia la sua affermazione è stata ridimensionata dal vicepresidente per gli affari strategici Mohammad Javad Zarif, che ha minimizzato la possibilità di trattative dirette con Trump; anche se lo ha definito più saggio di quattro anni fa e che probabilmente potrebbe abbandonare la politica di “massima pressione” verso l’Iran. Contestualmente anche l’inviato presidenziale per l’economia marittima Ali Abdolalizadeh, ha dato segni di enorme apertura verso la nuova Amministrazione Usa, dichiarando che è arrivata l’ora di avere contati diretti con i funzionari americani, senza intermediari.

Ricordo che il presidente Usa oltre ad essere l’autore della politica di “massima pressione” contro l’Iran, è stato colui che ha fatto annichilire in Iraq nel 2020, un simbolo dell’Iran, il generale Qasem Soleimani, comandante delle milizie Al-Quds, le forze speciali delle Guardie rivoluzionarie. Su questa linea a fine gennaio l’ayatollah Ali Khamenei e il presidente Pezeshkian, si sono incontrati ufficialmente con i più influenti leader iraniani; la questione trattata era soprattutto su gli eventuali rapporti con l’amministrazione Trump, e pare che l’altro grande nemico, Israele, quello che definiscono, in modo decisamente antistorico, “il cancro occidentale su terra musulmana”, non sia stato nominato. Un ulteriore gesto di significato si è notato l’11 febbraio, questo di “politica interna”, quando sono state liberate su cauzione, due giornaliste, la trentaduenne Niloofar Hamedi e la trentasettenne Elaheh Mohammadi, arrestate nel settembre 2022, pochi giorni dopo aver contribuito a rendere pubblica la morte della giovane curda Mahsa Amini, arrestata il 13 settembre 2022 con l’accusa di aver violato il rigido codice di abbigliamento della Repubblica islamica, poi soppressa nelle segrete di Teheran tre giorni dopo.

Anche in questa occasione l’ombra degli Stati Uniti incombe, in quanto sia la Mohammadi, che lavorava per il quotidiano Ham-Mihan, che la Hamedi che esercitava per il quotidiano Shargh, sono state condannate nel 2023, la prima a sei anni, la seconda a sette anni di carcere, per collaborazionismo con gli Stati Uniti. E ad altri sei anni per avere minacciato la sicurezza del Paese e avere fatto propaganda antigovernativa. In un altro momento, le due giornaliste avrebbero “sostato” in carcere minimo fino all’espiazione della pena comminata, ma quando il pragmatismo incombe si rivaluta il “demonio” americano, si liberano le donne che minacciano la sicurezza del Paese, ma soprattutto non si parla più del nemico giurato Israele. Tutto ciò rappresenta quanto la caduta dell’anello siriano, abbia fatto piegare la schiena a un Governo che se vuole sopravvivere non ha alternativa che abbracciare uno spiccato pragmatismo. E magari cancellare dall’ingresso di altri palazzi del potere anche la bandiera con la stella di David.

Aggiornato il 17 febbraio 2025 alle ore 10:22