La difesa europea: un’esigenza geostrategica

Il periodo storico che sta vivendo il pianeta, grazie anche alla possibilità di sapere cosa accade quasi ovunque, salvo l’intervento ingannevole dell’Intelligenza artificiale e similari, porta verso riflessioni che toccano temi come quello della necessità degli Stati di accrescere la propria capacità di “difesa/offesa”. Molta reticenza su questo argomento è manifestata da gruppi politici e aggregazioni sociali che vedono nel pacifismo l’unica soluzione per umanità, ma storicamente e antropologicamente l’essere umano non è portato alla pace anzi, non paradossalmente, sopravvive grazie alle guerre. L’Europa, ad esempio, è in una fase nella quale dovrà prendere una decisione per il suo futuro come aggregazione militarmente adeguata alle nuove criticità; ma in caso estremo c’è anche l’alternativa che ogni stato si possa organizzare individualmente per difendersi.

In un contesto dove venti di pace non spirano, e dove il nuovo presidente degli Stati Uniti esorta l’Europa ad armarsi senza dipendere dall’America, è chiaro che, come ha gridato il 22 gennaio il primo ministro polacco Donald Tusk a Strasburgo davanti al Parlamento europeo: “Se l’Europa vuole sopravvivere deve armarsi”. Una dichiarazione razionale e dettata dal buon senso, pronunciata da un polacco che conosce i russi, o meglio il suo attuale zar Vladimir Putin, e che ha verso la Russia un atavico timore, essendo stata la Polonia, o meglio la Confederazione polacco lituana (rzeczpospolita slakezca), tre volte “spartita” nel XVIII secolo anche dalla Russia zarista, poi i residui del territorio, il ducato di Varsavia, dominato dalla Russia nel 1815. Poi ancora nel 1832-1848, poi rioccupata dall’Unione sovietica, con il patto Molotov-Ribbentrop, nel 1939. Insomma la Polonia è sicuramente una di quelle Nazioni che se l’Europa non si armerà adeguatamente, probabilmente dovrà provvede da sola.

Un grido, quello di Donald Tusk, al quale fanno eco altri leader dei 27 Paesi europei; quindi accogliere le pressioni del Donald americano, che chiede agli europei di aumentare i finanziamenti per la loro sicurezza comune, in un momento in cui l’Ucraina è in gravi difficoltà sul fronte con la Russia. Tuttavia anche se la maggior parte dei rappresentati europei sono convinti che creare un blocco armato europeo è una scelta necessaria, quindi spostare le linee strategiche su una vera difesa europea, dietro alle parole dettate dalla necessità il progetto appare assolutamente impantanato. Qui, sulle articolate e parcellizzate opinioni di politici, investitori, industriali e strateghi, spuntano solo ostacoli che impediscono alla difesa europea di prendere forma. Su questa linea Kaja Kallas, il nuovo capo della diplomazia europea, il 22 gennaio ha ribadito che lo scopo europeo deve basarsi soprattutto sulla sicurezza.

Intanto che l’Europa attende le applicazioni delle dichiarazioni di Donald Trump, circa la tendenza al disimpegno in aiuti militari all’Ucraina, con la conseguente crescita della responsabilizzazione reale dell’Europa nell’ambito della fornitura di aiuti militari a Kiev, il 23 gennaio i militari tedeschi hanno consegnato, anzi scaricato, in Polonia all’aeroporto di Jasionka, il sistema missilistico terra-aria Mim-104 Patriot di fabbricazione statunitense. Ma nel quadro di un conflitto dai margini sempre più diluiti, la Russia il 17 gennaio ha fornito oltre un centinaio di carri armati, mezzi blindati e ambulanze militari al Mali, nel programma che vede le autorità della difesa russi accelerare sull’avvicendamento tra il gruppo Wagner e l’Africa corps nei paesi del Sahel occidentale dichiaratamente filorussi. Infatti, un lungo convoglio di camion sventolanti bandiera russa, provenienti dal confine con la Guinea, ha, tra l’entusiasmo della popolazione, attraversato il Mali arrivando alla capitale Bamako. Molti video girati dai presenti e lanciati in rete manifestano questo transito trionfale della colonna russa, suggellando il forte legame tra i regimi golpisti, come quello maliano di Assimi Goïta, con le forze russe. Una fornitura di armi, per quello che risulta da osservatori locali, senza precedenti per la sua portata. Ricordo che i golpisti militari maliani si sono alleati con Mosca nel 2021, e già ad inizio 2023 la Russia aveva consegnato a Bamako aerei da combattimento Sukhoi L-39, velivolo soprannominato Grač (corvo), e elicotteri armati e da trasporto truppe denominati Mil Mi 28.

Perché proprio ora questo ulteriore sforzo della Russia per rafforzare la sua presenza in Africa occidentale? Una considerazione possiamo elaborala valutando che la fornitura di attrezzature militari al Mali avviene nel mezzo di una riorganizzazione del sistema russo in Africa. Dalla caduta del governo di Bashar al-Assad, avvenuta l’8 dicembre 2024, la Russia si trova in una posizione precaria in Siria, rapporti che nonostante siano ricercati da Mosca con gli islamisti di Damasco, non sono al momento minimamente chiari. Proprio la Siria ricopriva il ruolo di polo logistico per lanciare gli interessi moscoviti sul continente africano, ora persa questa “base operativa”, Mosca è obbligata a trovare soluzioni sostitutive, soprattutto per controllare gli enormi ed articolati affari che sono rappresentati in Libia. Business presidiati anche dall’Europa e dall’Occidente in generale.

Quindi un Europa che deve armarsi necessariamente in un contesto globale dove il linguaggio della guerra è sempre più usato. Nulla di nuovo: se proviamo a togliere dai libri di storia i capitoli che riguardano le guerre, quanto resta del testo?

Aggiornato il 03 febbraio 2025 alle ore 14:01