Donald Trump e il nuovo ordine digitale

Donald Trump ha approcciato alla non nuova esperienza di presidente con atteggiamenti, previsti, decisamente aggressivi. Circa l’aggressività bisognerà vedere quanto dista dalla effettiva capacità e volontà di aggredire, ricordo le questioni Groenlandia, “Golfo degli Stati Uniti” – Messico Canale di Panama, comunque la forza delle sue azioni non ha tardato a fare notizia. Il fattore innegabile è che l’avvento di Trump ha portato, ma è una consuetudine negli Stati Uniti e non solo, all’emergere di una oligarchia, che in questo caso associa ad un ostentato radicalismo ideologico il capitalismo digitale. Il rischio è che questo connubio, in un contesto dove la globalizzazione non tende a tramontare, possa condizionare l’ecosistema dell’informazione anche oltre i confini statunitensi, quindi a livello globale.

Quindi possiamo dire che gli Stati Uniti stanno seminando la pianta di un nuovo ordine dell’informazione, con ambizioni mondiali? Le congiunture sicuramente non mancano, infatti la massa è ormai priva – ma poche volte ne è stata in possesso – ​​degli strumenti indispensabili per capire le questioni politiche. Inoltre i sistemi di comunicazione sono ormai minati dall’utilizzo fraudolento della così detta Intelligenza artificiale. Trump nel suo discorso ufficiale come 47° presidente americano ha posto un accento sulla sua figura di salvatore di un Paese in declino, accompagnato dal fatalismo del colpo di fucile che gli ha scalfito l’orecchio, altro segno legato al concetto messianico di “salvatore”. Quindi anche in questa occasione una “visione universale” della sua missione. Inoltre il popolo ha ormai difficoltà, grazie soprattutto ai sistemi di comunicazione “artificiali”, di capire dove è la realtà e dove arriva la menzogna, anche questo è un elemento che caratterizza la politica in generale. La velocissima emanazione dei decreti trumpiani ha comunque mostrato un atteggiamento volto a fare intendere che tutto deve cambiare. Difficile capire ora quanto potrà essere cambiato, intanto la modalità operativa dei media americani, supportati dai giganti della tecnologia, ha contribuito a fare emergere un ordine informativo profondamente autocratico, e non è ancora intuibile il livello di fragilità di questo sistema.

Le colonne portanti di questo nuovo ordine digitale, sono strutturate sull’alleanza tra l’amministrazione Trump con le maggiori piattaforme digitali: Meta, che comprende Instagram e Facebook, ad esempio, è stata artefice di una svolta sia opportunistica che spettacolare. La rinuncia di Meta al fact-checking è stata fatta passare da Mark Zuckerberg come una scelta libertaria, anche se in realtà può condurre verso una disinformazione algoritmica. Operazione fatta perché probabilmente impensierito per la sfida trumpiana alla Sezione 230 del Communications decency act (1996), le famose 26 parole – un meccanismo legale che assolve le piattaforme digitali da qualsiasi responsabilità legale per i contenuti pubblicati – contro il quale Trump aveva avviata una battaglia già nel 2020.

Ora l’operazione Zuckerberg è invece percepita come un corteggiamento “mediatico” verso il neo presidente, ovvero una captatio benevolentiae verso Donald Trump, che ricordo era stato bloccato da Facebook nel 2021 a causa dei contenuti che vi pubblicava. In questo contesto Elon Musk, capo del dipartimento governativo per l’efficienza, artefice della campagna elettorale di Trump, si posiziona, ovviamente, come deus ex machina ovvero soggetto chiave nelle discussioni sulla deregolamentazione del sistema informativo. Ormai è evidente che chi gestisce le Big Tech sta allineandosi sulla politica di Trump e di Musk. Un palcoscenico planetario dove recitano in armonia, per ora, il potere economico, quello politico e quello mediatico. E dove si costruisce facilmente l’opinione pubblica. Ma alla luce delle dinamiche sociali predominanti, in un periodo storico articolato e instabile, potremmo considerare anche questi atteggiamenti più venati di ipocrisia che vocati alla libertà.

Oggi con il pericoloso sovra utilizzo spregiudicato anche dell’intelligenza artificiale, il rischio è di favorire un sistema di comunicazione che agevola la disinformazione algoritmica, ovvero che possa condurre verso l’anarchia mediatica. Intanto Donal Trump ha annunciato di uscire dall’accordo di Parigi sul clima, decisione che ritengo non totalmente discutibile, anche osservando quanta manipolazione mediatica esiste sulla comunicazionepro-ambientalismo”, impregnata di strumentalizzazioni, false notizie e non ultimo il mega business che foraggia il sistema sociale aggregato intorno ai movimenti ambientalisti.

Aggiornato il 30 gennaio 2025 alle ore 16:19