Il “dibattito” distorto delle élites culturali tedesche su Israele

Il 22 novembre 2024, presso la Neues Nationalgalerie di Berlino, la fotografa e attivista politica americana Nan Goldin ha chiesto: “Perché non posso parlare, Germania?”. Senza apparentemente alcun senso dell’ironia, lo ha fatto dietro a un leggio di fronte a un vasto pubblico, con numerosi telefoni puntati addosso, in occasione dell’inaugurazione della sua retrospettiva, intitolata This will not end well. L’argomento del discorso non era il suo portfolio artistico, ma piuttosto il suo programma politico su Israele.

Un pubblico entusiasta ha applaudito la sua rabbia e l’indignazione per il “genocidio” a Gaza e in Libano, e la sua immorale equiparazione tra la popolazione palestinese dopo le atrocità del 7 ottobre e i pogrom contro gli ebrei sotto l’Impero russo. La falsa affermazione di Goldin secondo cui “l’antisionismo non ha nulla a che fare con l’antirazzismo” è stata seguita da forti slogan di apprezzamento e da applausi.

L’unica persona che non ha potuto parlare è stato il direttore della Neues Nationalgalerie, Klaus Biesenbach, che è stato zittito quando ha tentato di prendere le distanze dalla controversa affermazione, aggiungendo al contempo l’obbligatoria e ovvia difesa del diritto di Goldin di esprimersi.

L’episodio di Nan Goldin è ampiamente rimbalzato su importanti piattaforme mediatiche, tra cui il New York Times e la stampa tedesca, così come sui social media, ripetendo quasi ovunque le sue false accuse riguardanti l’apparente silenziamento dei critici di Israele. Goldin è uno dei numerosi esempi (un altro è quello di Judith Butler) in cui gli attivisti ebrei anti-Israele vengono usati dai tedeschi come foglie di fico per affermare che i loro programmi non dovrebbero essere etichettati come antisemiti.

Questi episodi si sono svolti sullo sfondo e in risposta a una risoluzione approvata dal Parlamento tedesco (Bundestag) il 7 novembre 2024, e sostenuta da tutti i principali partiti, che mira a “garantire che nessuna organizzazione o progetto che diffonda l’antisemitismo metta in discussione il diritto di Israele a esistere, inviti al boicottaggio di Israele, sostenga attivamente il movimento Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni (Bds), riceva sostegno finanziario”. Distogliendo l’attenzione dalla questione dei finanziamenti ai contribuenti, gli attacchi dell’estrema sinistra hanno ripetuto il meme “dell’attacco alla libertà di espressione”. Il presunto “giro di vite culturale” e il “silenziamento delle voci critiche” sono finzioni, manipolate per creare la falsa immagine di vittimismo.

Questa battaglia sul sostegno statale alla propaganda anti-israeliana e al ribaltamento della Shoah sotto la facciata del sostegno alla cultura e alla libertà di espressione non è una novità. Il testo di novembre ribadisce e rafforza una risoluzione del Bundestag del maggio 2019 che etichettava il Bds come antisemitismo e faceva esplicito riferimento alla definizione dell’International Holocaust Remembrance Alliance (Ihra). All’epoca, un gruppo di artisti e attivisti tedeschi allineati con l’estrema Sinistra ha lanciato una campagna molto pubblicizzata e ben finanziata, sotto il grandioso titolo di “Initiative GG 5.3 Weltoffenheit” (apertura al mondo). Hanno dichiarato:

“L’applicazione della risoluzione parlamentare Bds da parte del Bundestag è motivo di grande preoccupazione. (...) Invocando questa risoluzione, le accuse di antisemitismo vengono utilizzate impropriamente per ignorare voci importanti e distorcere posizioni critiche”.

Dietro la sottile facciata del falso antisemitismo e del “silenziamento”, l’obiettivo di questa campagna è quello di porre fine al sostegno militare e diplomatico tedesco a Israele. Mentre gran parte dell’élite tedesca continua a riconoscere la responsabilità della nazione dopo la Shoah nei confronti di Israele e del popolo ebraico, questo consenso è osteggiato dall’estrema sinistra ex-comunista, tra cui molti impegnati nelle arti e nella cultura, e che sono principalmente sostenuti da istituzioni finanziate dal governo federale tedesco.

Questi schemi vengono spesso sfruttati per promuovere eventi e mostre virulentemente anti-israeliani e antisemiti, come il famigerato festival d’arte contemporanea 2023 Documenta, ampiamente condannato sia dentro che fuori la Germania. Le risoluzioni del Bundestag che chiedono di porre fine ai finanziamenti pubblici per questi eventi sono una risposta diretta a questo abuso.

Nei 15 mesi trascorsi dalle atrocità del 7 ottobre 2023 e dalla risposta militare israeliana, le città tedesche, come altrove, sono state teatro di violente azioni di massa “pro-palestinesi” tra cui attacchi a obiettivi pro-Israele e visibilmente ebraici e contro la polizia. Gli ebrei vengono regolarmente intimiditi, la vita ebraica in Germania è minacciata e i docenti universitari israeliani sono spesso esclusi dagli scambi accademici. I leader di queste azioni discriminatorie e palesemente antisemite tentano di giustificare il loro comportamento ripetendo le false accuse di “genocidio” ed etichette simili.

Gli attivisti estremisti e le loro “posizioni di indignazione morale” continuano a essere finanziati dal governo tedesco, con piattaforme di grande visibilità per promuovere le loro palesi campagne anti-israeliane e antisemite.

Di fronte alla propaganda velenosa, le risoluzioni del Bundestag che chiedono di porre fine ai finanziamenti del governo tedesco a “organizzazioni o progetti che diffondono l’antisemitismo o mettono in dubbio il diritto di Israele a esistere” sono importanti. La loro attuazione e l’interruzione del sostegno attraverso le istituzioni culturali e accademiche non “metterà a tacere” le voci dell’odio, ma almeno lo Stato tedesco non fornirà più loro risorse o legittimità.

(*) Tratto da Gatestone Institute

(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada

Aggiornato il 23 gennaio 2025 alle ore 13:27