Cisgiordania: il “muro di ferro” e i primi raid

Stamattina sono cadute le prime bombe. È iniziata l’operazione antiterrorismo in Cisgiordania, detta “muro di ferro”. La missione delle Forze di difesa israeliane punta a colpire quello che il premier Benjamin Netanyahu ha definito il “nido di terroristi” di Jenin. I radicalisti della capitale sono ovviamente sostenuti dall’Iran con armi ed esplosivi. Nel momento in cui la tregua e il cessate il fuoco stanno dando i loro frutti, con il lento ritorno a casa degli israeliani presi in ostaggio da Hamas, il primo ministro di Tel Aviv ha annunciato l’operazione muro di ferro, dichiarando che sarà “vasta e significativa”. “Agiamo contro l’asse iraniano ovunque si estenda: Gaza, Libano, Siria, Yemen, Giudea e Samaria. E non ci fermeremo qui”, ha avvertito Bibi parlando alla Nazione, lasciando intendere che finché Teheran sovvenzionerà l’esportazione del terrore, lo Stato ebraico non rimarrà fermo a guardare.

Il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita, Faisal bin Farhan Al Saud, ha parlato della possibilità di evitare la guerra diretta tra i due Paesi in conflitto: “Evitare una guerra tra Israele e Iran è fondamentale per la stabilità dell’area”, ha detto il politico saudita dal World economic forum di Davos. Nel frattempo, Hamas non è rimasto a guardare. L’organizzazione ha chiamato alla mobilitazione generale in Cisgiordania, esortando i palestinesi a intensificare gli scontri contro Israele. L’operazione muro di ferro è partita con raid aerei mirati, condotti tramite droni, contro obiettivi terroristici. Secondo i media palestinesi, gli attacchi hanno colpito diverse aree di Jenin, con un bilancio di almeno nove morti e 35 feriti riportato dalle autorità sanitarie locali. Non è ancora chiaro se le vittime appartengano ad Hamas o alla Jihad islamica.

Parallelamente, le Forze di difesa israeliane sono entrate in azione a terra, smantellando ordigni esplosivi lungo le strade e colpendo infrastrutture ritenute cruciali per le attività terroristiche. L’esercito israeliano ha comunicato di aver “neutralizzato oltre dieci terroristi”, proseguendo nelle operazioni con il supporto dell’Agenzia di sicurezza e della Polizia di frontiera. Anche l’Autorità nazionale palestinese (Anp) teme il rafforzamento di Hamas nella regione, essendo l’attore scelto dalla comunità internazionale per mantenere l’equilibrio nei rapporti con lo Stati ebraico. Insomma, nessuno vuole che Jenin diventi la nuova base operativa dell’Asse della resistenza, tantomeno i civili palestinesi.

Aggiornato il 22 gennaio 2025 alle ore 14:16