L’attesa, il silenzio, l’applauso. E infine l’abbraccio, sia fisico che spirituale, a Romi, Emily e Doron, i primi tre ostaggi liberati da Hamas che sono arrivati nella cosiddetta Piazza degli Ostaggi di Tel Aviv. Consegnate dalla croce rossa alle Forze di Difesa Israeliane (Idf) dopo 471 giorni di prigionia nella Striscia di Gaza, le tre giovani sono diventate il simbolo di un momento che Israele attendeva da fin troppo tempo. L’evento più atteso dallo Stato ebraico nella sua storia recente è avvenuto nel giorno in cui il cessate il fuoco tra Israele e Hamas ha preso ufficialmente il via. Era previsto per le 8:30, ma tutto è slittato fino alle 11:15, quando il rombo dei caccia israeliani ha finalmente lasciato spazio a un silenzio surreale. Il conflitto, che ha lasciato oltre 46.900 morti e un’interminabile scia di dolore, si è fermato. Almeno per ora. A Gaza, la popolazione è scesa in strada a festeggiare, mentre camion carichi di aiuti umanitari varcavano i confini portando cibo e farina. Si respirava sollievo: nei mercati si tornava a comprare da mangiare, donne distribuivano dolci per le strade e, per qualche ora, il peso della devastazione sembrava attenuarsi.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha scelto di condividere pubblicamente il momento in cui ha ricevuto la conferma del rilascio. “Gal, mi senti?” ha chiesto in una chiamata trasmessa in diretta, parlando con Gal Hirsh, il coordinatore governativo per i rapiti. La risposta non si è fatta attendere: “Sì, primo ministro. Le nostre ragazze sono nelle mani dell’esercito”. Netanyahu ha espresso tutta l’emozione del momento: “È un giorno indimenticabile. Dì a Romi, Emily e Doron che Israele le stringe in un abbraccio collettivo. Hanno attraversato un inferno, ma ora sono tornate verso la luce”. Il tutto è stato immortalato in un video diffuso dal suo ufficio, che ha catturato l’attenzione del Paese. Ma se la gioia ha dominato le ore successive, le ultime 24 ore sono state un’altalena di tensioni. Hamas ha tardato a fornire la lista ufficiale degli ostaggi da rilasciare, alimentando ansie e sospetti su entrambi i lati del confine. Nel frattempo, l’aeronautica israeliana ha continuato a colpire la Striscia fino a pochi minuti dal cessate il fuoco, con raid su obiettivi di Hamas e miliziani armati.
Le immagini arrivate da Gaza raccontano di un territorio ridotto in macerie: strade sterrate, edifici distrutti e un paesaggio spettrale. Eppure, tra le rovine, la gente ha trovato la forza di uscire, accogliendo gli aiuti umanitari e aggrappandosi alla speranza di un domani migliore, senza Hamas. Sulla scena internazionale, il cessate il fuoco ha suscitato reazioni immediate. Donald Trump, alla vigilia del suo ritorno alla Casa Bianca, ha esultato sui social: “Oggi inizia il rilascio degli ostaggi. Tre giovani donne sono finalmente libere”. Joe Biden, invece, ha scelto toni più istituzionali, definendo l’accordo una svolta in un Medio Oriente profondamente cambiato. “Hamas non governerà più Gaza”, ha dichiarato, sottolineando come la leadership del gruppo sia stata colpita duramente. Anche dall’Europa sono arrivati messaggi di speranza: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha invitato la comunità internazionale a lavorare per una pace duratura, mentre Emmanuel Macron ha espresso l’auspicio di un ritorno della governance palestinese a Gaza.
Per le tre ragazze liberate, la giornata si è conclusa con l’abbraccio tanto atteso delle madri, in una struttura al confine con Gaza. Successivamente, sono state trasferite in elicottero all’ospedale Sheba di Tel Hashomer, dove riceveranno cure mediche e ritroveranno il resto delle loro famiglie. Portavano con sé un piccolo sacchetto, contenente quello che Hamas ha definito “souvenir” di Gaza, tra cui una foto della Striscia. Fuori dall’ospedale, una folla in festa ha srotolato grandi bandiere israeliane, applaudendo con entusiasmo al loro ritorno.
Nella stessa giornata, sono stati registrati progressi significativi anche sul fronte umanitario: 552 camion di aiuti sono entrati a Gaza, portando un minimo sollievo alla popolazione stremata. Le immagini delle tre giovani, sorridenti tra le braccia delle madri, rimarranno impresse nella memoria collettiva come un simbolo di speranza in una terra che cerca disperatamente di tornare a vivere.
Aggiornato il 20 gennaio 2025 alle ore 16:03