“Ci siamo coordinati con il team di Trump”. È quanto afferma l’Amministrazione Biden a proposito sulla discussione dell’intesa. Da novembre 2023 è la prima svolta concreta verso la pace. Alle trattative si guarda con un cauto ottimismo. In attesa dell’annuncio che gli ostaggi questa volta torneranno a casa per davvero. Ieri Benjamin Netanyahu ha incontrato le loro famiglie. Dopo 15 mesi di prigionia e buio a Gaza. L’accordo per un cessate il fuoco è “sul punto di essere chiuso”, ha riassunto ieri sera il presidente americano Joe Biden, aggiungendo che “siamo sul punto di vedere finalmente realizzata una proposta che avevo presentato dettagliatamente diversi mesi fa”. Mentre fonti a conoscenza del negoziato hanno parlato di “progressi significativi sui punti critici rimanenti” nelle ultime negoziazioni in Qatar. Tutto questo dopo una notte cruciale proprio a Doha, dove la svolta nei colloqui sembra essere stata raggiunta con l’incontro tra l’inviato di Donald Trump, Steve Witkoff, il primo ministro del Qatar al-Thani e il direttore del Mossad David Barnea. Secondo i media israeliani, al-Thani ha incontrato i rappresentanti di Hamas, mentre Witkoff ha parlato con la delegazione israeliana. In entrambi i casi è stato detto, come ha riferito la stampa araba, che in caso di mancato accordo tanto Israele che Hamas pagheranno il conto.
Intanto, Channel 12 ha riferito che la bozza è stata ricevuta da Israele durante la notte e che è stata ritenuta ampiamente accettabile. Il documento è stato approvato anche dai leader di Hamas all’estero e che la sigla dell’intesa ora dipende esclusivamente dal capo de facto dell’organizzazione terroristica, Muhammed Sinwar, fratello del leader Yahya ucciso dall’Idf ed erede legittimo del terrore a Gaza: “La decisione che trasformerà i negoziati in un accordo definitivo è nelle sue mani”, ha commentato una fonte di alto livello israeliana, molto vicina ai colloqui. Dalla Striscia di Gaza un comunicato rilanciato su Telegram conferma la speranza: rivolto ai detenuti palestinesi in Israele, il gruppo li informa che “sono vicini alla liberazione”. A Washington, la Casa Bianca ha fatto sapere che nella mattinata di lunedì il presidente uscente ha avuto un colloquio telefonico con l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani e che entrambi hanno sottolineato “l’urgente necessità di un accordo”.
L’emiro inoltre ha incontrato a Doha l’inviato di Biden Brett McGurk e l’inviato di Trump Steve Witkoff. Successivamente ha ricevuto la delegazione di Hamas guidata dal capo negoziatore Khalil a Haya. Mentre ieri sera, una fonte della sicurezza turca ha fatto sapere che il capo dell’intelligence di Ankara, Ibrahim Kalin, ha parlato al telefono con i funzionari dell’ufficio politico di Hamas per discutere dei “progressi e dello stato attuale dei negoziati”. Insomma, come dire che il pressing su Hamas, sia da parte del Qatar che della Turchia, è diventato ancora più intenso. Su immaginabile richiesta statunitense. In queste ore drammatiche, la proposta sul tavolo aspetta solo l’ultima risposta.
I colloqui si sono concentrati principalmente su un piano in tre fasi, in cui per primi verranno rilasciati i cosiddetti “casi umanitari”: 33 rapiti tra cui donne, bambini, uomini sopra i 50 anni e malati (tra cui soldati feriti gravemente). In cambio ci sarà il rilascio di 1.300 terroristi palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Con Israele che ritiene ancora in vita la maggior parte dei 33 sequestrati nella lista. La prima parte dell’accordo prevede un cessate il fuoco di 42 giorni in totale (ma la stima è che le fasi possano essere ridotte a due). Il 16° giorno inizieranno le discussioni sulla seconda parte dell’accordo. Da Gerusalemme, politici di alto livello hanno affermato che la trattativa è “in una fase molto avanzata”.
A questo punto, resta da capire come verrà gestita una delle richieste di Israele: la sua presenza a Gaza, durante e dopo l’eventuale tregua, con la nuova zona cuscinetto di circa un chilometro e mezzo lungo il confine della Striscia, mentre in precedenza era di 300 metri. Non solo, da parte israeliana è stato chiarito senza possibilità di discussione che alcuni ergastolani palestinesi di peso non saranno scambiati con gli ostaggi, a cominciare dall’organizzatore dell’Intifada, Marwan Barghouti. Hamas, secondo i media sauditi, avrebbe invece chiesto di riavere il corpo di Yahya Sinwar come parte della prima fase dell’accordo. Ieri sera il premier israeliano ha incontrato nuovamente il ministro di ultradestra Ben Gvir che, con il collega Bezalel Smotrich, si oppone drasticamente all’accordo. Martedì mattina è previsto il nuovo round dei negoziati a Doha.
Aggiornato il 14 gennaio 2025 alle ore 10:26