Adoremus per la liberazione di Cecilia Sala, ma attenti alla Tigre islamica! Molti si chiedono ancora oggi la ragione per cui nel caso di Aldo Moro non trattammo con le Br per uno scambio di prigionieri, ma oggi imploriamo la futura Amministrazione americana di scambiare la giornalista (innocente!) italiana contro il (colpevole) ingegnere iraniano, reo di aver trafugato importanti segreti tecnologici Usa a favore dell’Iran, costati la vita ad alcuni soldati statunitensi di stanza in Giordania. Ma, forse, il problema sta molto più a monte, risiedendo nell’intrinseca debolezza e decadenza dell’Occidente nei confronti dei sistemi autoritari e delle dittature islamiche, in cui uno solo decide per tutti, nel bene e (soprattutto) nel male. Così, quando Sala ha osato intervistare un’attrice iraniana di grido, o fotografare volti femminili nei caffè e nelle strade, postando una selezione di loro foto su Instagram che le ritraevano senza velo, definendole come “I volti nuovi di Teheran”, tanto è bastato ai medievali mullah per dichiarare l’arresto della nostra giornalista, pur in possesso di regolare visto, accusandola di aver violato la legge islamica.
E, ovviamente, il successo personale della sua liberazione, attribuito all’unanimità dalla stampa internazionale all’abilità della premier italiana Giorgia Meloni, ha generato non pochi imbarazzi nel mondo woke del progressismo mondiale, a causa della sua collocazione politica, definita di “estrema destra” (vedi Le Monde e Financial Times), con evidente sprezzo del ridicolo.
Ai detrattori politici internazionali della Meloni, infatti, dà particolarmente fastidio la rapida successione di eventi che si è verificata tra il sequestro della Sala, e la visita-lampo della premier a Mar-a-Lago, residenza americana di Donald Trump, per ottenere semaforo verde dal futuro presidente, al fine di uno scambio alla pari tra la nostra giornalista e l’ingegnere iraniano Mohamad Abedini Najafabadi, oggi completato “via Carlo Nordio”. Del resto, non è forse vero che nel settembre 2023 furono proprio gli Usa di Joe Biden a scambiare cinque prigionieri americani, detenuti da anni in Iran, con altrettanti cittadini iraniani imprigionati in America per gravi reati? È indubbio che la liberazione della Sala rappresenti un eclatante successo della diplomazia interpersonale della Meloni, fondata su relazioni privilegiate con personalità di primissimo piano a livello mondiale, che fanno parte della sua stessa costellazione politica, e non solo, visti i suoi buoni rapporti con la maggior parte dei leader europei.
Quello che, però, ha destato ancora più meraviglia agli occhi degli osservatori internazionali è stata la capacità di dialogo diplomatico, dimostrata dall’Italia e dalla Farnesina, all’interno di quella che è stata definita la “diplomazia degli ostaggi”, praticata con disinvoltura dai clerici di Teheran nei confronti di non poche capitali occidentali. Ha giocato, del resto, a nostro favore il fatto che l’Iran consideri l’Italia un interlocutore più disponibile al dialogo con l’ala moderata del regime sul nucleare iraniano, rispetto alle posizioni più intransigenti assunte dagli altri grandi Paesi dell’Ue.
Per i più smemorati, a proposito della forza delle autocrazie opposta al ventre molle delle democrazie, varrà la pena ricordare quanto accadde tra le truppe di invasione sovietiche, da un lato, e i miliziani islamici dall’altro, ai tempi dell’Afghanistan. All’epoca, quando i mujahidin sequestrarono a scopo di ricatto alcuni ufficiali e soldati dell’Armata rossa, i russi risposero come Cesare Augusto, contro-sequestrando in un rapporto dieci a uno i capi villaggio pro-islamisti e promettendone l’esecuzione sommaria sul posto, qualora non fossero stati immediatamente rilasciati i loro commilitoni. Cosa che avvenne in men che non si dica. Certo, per chi vive in una democrazia è molto problematico procedere in simili termini anche in tempo di finta pace, dato che l’Iran e i suoi proxy sono in guerra aperta con l’Occidente dalla fine degli anni Settanta! Tuttavia, le democrazie possono allentare determinati freni ai quali sono sottoposti i loro servizi di intelligence, per inviare dall’altra parte fortissimi segnali di contro-reazione, che investano le responsabilità di cittadini con passaporto iraniano residenti in Italia, in questo caso specifico, per ottenere l’immediata liberazione di nostri connazionali ingiustamente imprigionati nelle galere iraniane, com’è accaduto a Cecilia Sala.
Sussiste, tuttavia, un perplessità di fondo: era giusto dare proprio ora una mano a un Iran in palese difficoltà sullo scenario mondiale? La sua sconfitta sul piano strategico è di fatto eclatante, avendo sottovalutato l’Iran e i suoi proxy lo strapotere tecnologico e militare di Israele, provocando così la reazione (per loro) mortale di quest’ultimo. Al pari di Meloni, Tel Aviv ha tenuto coperte tutte le sue carte, in attesa della provocazione giusta e di un Governo Usa compiacente per poterle scoprire. Del resto, c’è una contraddizione formidabile dal punto di vista del diritto internazionale, da parte del mondo woke e di chi all’Onu ha già riconosciuto uno “Stato della Palestina”, di fatto geograficamente inesistente. Infatti, per coloro che l’hanno riconosciuta (wokist e Pro-pal compresi) il 7 Ottobre deve pur rappresentare, per coerenza, una vera e propria dichiarazione di guerra da parte dello Stato palestinese nei confronti di Israele che, a questo punto, è legittimato a fare quello che fa: la guerra contro un nemico che ha solennemente inscritto nella sua costituzione l’obbligo politico-religioso della cancellazione dell’entità sionista dal Medio Oriente.
Per fortuna del mondo libero, con il 7 Ottobre sono stati proprio i proxy dell’Iran a dichiarare apertamente guerra al loro vicino ebreo. Così come, per nostra fortuna, ha fatto la Russia invadendo l’Ucraina, cosa che ha mostrato al mondo quanto è debole e aggressiva lei e quanto siamo disarmati e codardi noi. Non sempre il peggio viene per nuocere. Così come l’arrivo a Damasco di Abū Muḥammad al-Jolani non è in definitiva una cattiva notizia, visto che ha messo fuori dalla Siria i già perdenti su altri fronti, Russia e Iran. Infine, è stata la determinazione e la voglia di combattere di Volodymyr Zelensky e di Benjamin Netanyahu che hanno fermato, da un lato, l’invasione russa in Europa e, dall’altro, smantellato l’Asse della resistenza manovrato dai mullah iraniani.
Dobbiamo, quindi, augurarci che la nuova Amministrazione americana sappia rapidamente inserirsi nel nuovo gioco mediorientale, per trarne tutti i vantaggi possibili, compreso lo stop definitivo alla bomba atomica iraniana, avvalendosi “anche” della mediazione italiana. A questo punto, si parli riservatamente con Teheran e gli si dica che i sequestri di persona di cittadini occidentali non saranno più tollerati, né che ci sarà più alcun contenimento di Israele, nel caso che l’Iran continui imperterrita la corsa al nucleare. Vedrete che, a questo punto, i tiranni iraniani faranno tesoro delle lezioni della storia.
Aggiornato il 14 gennaio 2025 alle ore 09:53