Cade la Siria, si rialza il Libano

È impossibile non collegare la caduta del regime siriano di Bashar al Assad, quindi di un tassello fondamentale dell’Asse della resistenza, nonché della Mezza luna sciita, con l’elezione, il 9 gennaio, dopo oltre due anni di stallo, del nuovo presidente del Libano, il generale, cristiano maronita, Joseph Aoun. Certamente il crollo del gruppo sciita libanese Hezbollah, altro tassello sia dell’“Asse” che della “Mezza luna”, ha spalancato le porte ad un accordo parlamentare impossibile prima. Ricordo che il “Partito di dio”, Hezbollah, è rappresentato nel parlamento libanese e che, grazie ai decennali aiuti economici e logistici iraniani, era dotato di un esercito di partito più robusto delle Forze Armate libanesi; inoltre possedeva una banca propria e una rete di cavi sotterranei dedicati alle comunicazioni ed altro. Insomma, un piccolo Stato organizzato all’interno di un altro Stato meno organizzato. Tuttavia Hezbollah non ha mai rappresentato tutto il Libano, ma secondo chi lo “definisce” può essere visto o una organizzazione terroristica filo iraniana, o per altri Paesi, soprattutto islamici, un movimento di resistenza contro l’occupazione israeliana; io lo definirei la “zavorra ideologica” del Libano. Ma perché Joseph Aoun è stato eletto 14° Presidente della Repubblica del Libano dopo più di due anni di stallo? E Perché un generale? Va ricordato che il blocco delle elezioni per il rinnovo della carica di Presidente era motivato dai risultati delle ultime elezioni legislative del 2022, quando Hezbollah ed i suoi alleati in Parlamento, persero la maggioranza assoluta. Una perdita di maggioranza che ha equivalso ad una perdita di influenza nel Paese, fattore politico mai accettato da Hezbollah. Ora l’elezione di Aoun, che ha compiuto 61 anni il 10 gennaio, si staglia nel mezzo di una riorganizzazione politica del Medio e Vicino Oriente.

Il neopresidente libanese assume la carica in un momento di grande incertezza regionale e in un contesto di fragile tregua, dove Israele, soprattutto dall’autunno del 2024, ha marcato la sua presenza nel Paese con lo scopo di annientare Hezbollah. La sua elezione è stata fortemente voluta, infatti ha ottenuto 99 voti su 128 deputati al secondo turno, prestando immediatamente giuramento al Parlamento. Joseph Aoun non era mai sceso in politica, né candidato dichiarato per la carica di presidente, ma quando è terminato il mandato del suo predecessore, Michel Aoun (gruppo Aoun), nonostante avesse sempre espresso poca intenzione di impegnarsi ad entrare nel pantano politico libanese, il suo nome ha iniziato a circolare, sia tra i media che in molte cancellerie, come potenziale presidente. La giustificazione principale della sua individuazione come possibile presidente è stata motivata dalla convinzione che l’esercito è, oltre che l’unica istituzione ancora funzionante, una garanzia per la solidità politica. Così Aoun spogliatosi della divisa, ha fatto il suo ingresso solenne in giacca e cravatta, giovedì 9 gennaio, nel palazzo presidenziale di Baabda, situato sulle alture di Beirut.

L’elezione di Aoun ha generato soddisfazione sia a Washington che nella maggior parte degli esecutivi europei: anche perché proprio queste diplomazie hanno spinto molto affinché il parlamento libanese votasse. Infatti, Stati Uniti ed alcuni governi europei, hanno inviato per primi i rispettivi emissari, come Amos Hochstein, che ha negoziato per parte americana la tregua conclusa il 27 novembre 2024 tra Hezbollah e Israele. Ma anche l’Arabia Saudita ha fatto la sua parte con l’obiettivo di riconquistare influenza dopo l'indebolimento di Hezbollah, inviando a Beirut il principe Yazid Ben Farhan.

Ricordo che il Parlamento libanese dal 2022 si era riunito in 12 occasioni per votare un presidente, ma senza successo. Ma quale è la carriera di Joseph Aoun? Il sessantunenne neopresidente è nato a Sin el-Fil, sobborgo settentrionale di Beirut; ha acquisito notorietà durante il suo incarico come comandante dell'esercito libanese, posizione che ha rivestito nel 2017 e che, come quella del presidente della repubblica, deve essere ricoperta da un membro della “setta” Aoun, di fede cristiano-maronita. Rammento che la divisione delle tre più alte cariche dello Stato fa riferimento ad una convenzione non scritta ma in vigore dal 1943, che vede il posto di presidente assegnato ad un maronita, quello di capo di governo ad un sunnita e la presidenza della Camera dei deputati ad uno sciita. Inoltre, il vice primo ministro e il vicepresidente del Parlamento devono sempre essere cristiani greco-ortodossi. Joseph Aoun entra in Accademia nel 1983 durante la guerra civile libanese. Ha seguito una formazione militare antiterroristica negli Stati Uniti. Questa preparazione gli ha permesso nell'agosto 2017, di organizzare una operazione contro i jihadisti dell'Isis, nelle zone di Ras Baalbek e Qaa, nella valle nord-orientale della Bekaa. Un successo che ha esaltato la sua figura e che ha reso possibile un importante aumento della sua credibilità favorendo stretti legami con i più influenti attori regionali e internazionali, come Arabia Saudita, Qatar e Stati Uniti, che oggi hanno facilitato la sua elezione. Comunque, la presidenza di Joseph Aoun arriva in uno scenario economico drammatico, con una crisi che colpisce da anni la multireligiosa e multiconfessionale popolazione, favorita da un sistema politico che potremmo definire settario, che ha consolidato una gerontocrazia politica, associata a corruzione e cattiva gestione sia economica che politica. La disfatta dell’esercito parallelo di Hezbollah da parte di Israele ha anche indirettamente accresciuto il potere delle Forze armate libanesi, che erano considerate più deboli di quelle del gruppo sciita, un altro fattore che intaccava l'efficacia dello Stato libanese.

L’elezione di Aoun ha comunque prodotto una immagine di fiducia e forza del governo libanese; ricordo che il sistema politico del Libano è dominato da poche famiglie che esercitano il loro potere da decenni. E la famiglia Aoun, anche se non discende dall’aristocrazia, è una delle più influenti. Ma uno dei motivi del successo del neopresidente è il fatto che è difficile definirlo politicamente, appare infatti come un tecnico prestato alla politica, che in effetti può rappresentare. Inoltre, nel suo discorso di insediamento, anche se non ha mai espresso una posizione chiara sull'arsenale di armi di Hezbollah forniti dall’Iran, ha affermato il diritto dello Stato libanese di monopolizzare il controllo sulle armi. Come potrà farlo non è chiaro dato che il partito di Hezbollah dovrà essere disarmato anche delle armi ancora in possesso. Comunque, dopo la sua elezione una certa enfasi sull’unità nazionale pervade il Parlamento, dopo un periodo di forte divisione. L’impegno di Aoun di dimostrare di possedere una leadership politica è un traguardo strategico, ma il supporto del popolo libanese sarà fondamentale per un vero cambiamento che possa riportare realmente a migliorare la vita di milioni di libanesi; un obiettivo da decenni fallito. Magari nella speranza di tornare ad un Libano “Svizzera del Medio Oriente”.

Aggiornato il 13 gennaio 2025 alle ore 16:37