Puntare alla sicurezza energetica dell’Europa

Attraverso guerre e aggressioni militari, il presidente russo Vladimir Putin ha cercato di interpretare maldestramente il ruolo di condottiero del nuovo espansionismo imperialista russo. Invece, il suo regime verrà ricordato per aver lasciato la Russia senza il flusso vitale di entrate dovute all’attività dei gasdotti verso l’Europa. L’ultimo degli accordi di transito è scaduto il 1° gennaio dopo che l’Ucraina si è rifiutata di rinnovarlo. Il gigante energetico statale russo Gazprom aveva già registrato precedentemente miliardi di perdite per via della notevole riduzione del transito attraverso l’Ucraina, passando dai 130 miliardi di metri cubi (bcm) nei primi anni 2000 a un misero volume di 15 bcm nel 2023. Mentre futuri importanti accordi a lungo termine con Kyiv sono fuori questione a seguito delle atrocità illegali e ingiustificate della Russia in Ucraina, la finestra è ancora aperta per la Russia per vendere minori volumi di gas sul mercato spot. Questo pone l’Europa di fronte a un bivio.

La Russia è sin qui riuscita a promuovere una narrativa secondo cui la prosperità economica dell’Europa dipende dalle fonti energetiche russe a basso costo, monopolizzando strategicamente il mercato europeo del gas con prezzi scontati. Questo mito è stato sfatato quando l’Europa ha dovuto pagare un trilione di dollari nel 2022 per mitigare la crisi energetica prodotta da Mosca allo scopo di ricattare l’Europa e indurla ad abbandonare l’Ucraina. L’Europa ora ha due opzioni principali. Può porre fine per sempre al gas convogliato russo, costruendo un’economia sicura e resiliente con forniture alternative; oppure, può cedere alle pressioni economiche e scivolare indietro nella dipendenza, attraverso un mosaico di accordi con sconti a breve termine. I commercianti di tutta Europa potrebbero ignorare le lezioni degli ultimi tre anni e trovare modi creativi per acquistare comunque un po’ di gas russo.

Al momento, i Paesi baltici e la Polonia hanno diversificato le loro fonti energetiche oltre il punto di non ritorno, mentre altre nazioni europee, in particolare le aree più colpite dai prezzi elevati dell’energia, rischiano di ritornare agli accordi con Mosca a meno che l’Unione europea non fissi un termine chiaro e giuridicamente vincolante. Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca e Austria hanno ora accesso ai terminali di Gas naturale liquefatto (Gnl), ma il richiamo dei prezzi scontati rimane. Garantire accordi di “mercato a pronti”, ossia quel mercato nel quale lo scambio dei prodotti trattati avviene con liquidazione con un differimento di pochi giorni, e a volume ridotto attraverso l’Ucraina potrebbe essere fattibile se terze parti potessero lavorare con Mosca e Kyiv separatamente per negoziare una nuova tassa di transito e la logistica delle operazioni del sistema di trasmissione, completare gli aggiornamenti tecnici e, soprattutto, garantire a Kyiv i flussi futuri. Un’altra variabile da considerare è che Gazprom sta annegando in controversie in corso e in diverse sentenze arbitrali multimiliardarie contro di essa.

Gazprom non ha, peraltro, rispettato le condizioni di pagamento del suo contratto con l’Ucraina, che ora è scaduto, pagando solo per i 15 bcm di gas consegnati invece dell’importo minimo stabilito contrattualmente di 40 bcm. In qualsiasi altro settore, le imprese europee eviterebbero future trattative con un simile operatore. Anche se la prospettiva di continuare ad acquistare gas russo fornisce l’illusione di tregua economica a breve termine, sarebbe una scelta costosa e pericolosa. Sebbene il trilemma europeo per la sicurezza energetica, la competitività e la decarbonizzazione non abbia soluzioni facili, economiche o rapide, questo disaccoppiamento storico è un’opportunità senza precedenti per creare un’economia sicura e resiliente, libera dalla dipendenza e dalle minacce russe. Anche la tempistica potrebbe essere quella opportuna: mentre la nuova Commissione europea, orientata alla competitività e all’innovazione, prende il timone, l’Europa è pronta per azioni coraggiose e una politica decisiva sul futuro delle fonti energetiche russe. Non c’è momento migliore per sanzionare il gas convogliato di Gazprom, per consolidate altri fornitori e inviare un messaggio forte ai commercianti europei.

Le sanzioni metterebbero inoltre fine al gas convogliato dalla Russia attraverso il gasdotto TurkStream, tagliando tutte le forniture di gas russo all’Ue. Se si tiene conto che un divieto dell’Ue sul Gnl russo, che è cresciuto in volumi di esportazione verso l’Ue, non avrebbe un impatto immediato sulla Russia, poiché il Gnl è un prodotto fungibile con molteplici rotte globali alternative, occorre pensare a misure specifiche. Per esempio, l’Ue e i suoi alleati dovrebbero estendere le sanzioni sui progetti, i finanziamenti e le navi di Gnl della Russia, oltre a imporre ulteriori restrizioni all’esportazione di tecnologia per frenare i proventi del Gnl e l’espansione dei progetti. Senza alcun dubbio, l’energia sarà al centro dei negoziati commerciali transatlantici con il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump. Sebbene l’Ue non possa impegnarsi ad acquistare più Gnl dagli Stati Uniti, poiché queste transazioni sono gestite dal libero mercato, potrebbe creare un ambiente di investimento più favorevole per favorire questa opzione. Non da ultimo, le entrate esaurite di Mosca e le nuove sanzioni metterebbero l’Ucraina in una posizione negoziale più forte a prescindere dal modo in cui la guerra progredisce. L’Europa deve agire ora per proteggere la sua futura prosperità economica dai capricci dell’agenda geopolitica di Putin.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza

Aggiornato il 09 gennaio 2025 alle ore 10:38