Funzionerà la cura da cavallo di Donald Trump per l’economia americana? Dipende da numerosi fattori, essendo anch’essa funzione delle probabilità e degli eventi in corso, presenti e futuri. Alcuni elementi oggettivi, tuttavia, possono fin d’ora essere analizzati, alla luce dei seguenti dati di fatto esaminati impietosamente a fondo da un editoriale non proprio amichevole, apparso di recente sul Financial Times (Ft). In merito, l’analisi del grande quotidiano londinese procede come segue. In primo luogo, si assiste a una situazione completamente ribaltata rispetto al 2017, primo anno di presidenza del Trump-I, per quanto riguarda i tassi di interesse, passati da zero di allora a più del 4 percento nel 2024. Quindi, in base alle leggi dell’economia, più sarà incisiva la riduzione delle tasse voluta da Trump, maggiore sarà l’inflazione derivata, dei cui effetti negativi risentirà proprio quella classe operaia che ha votato in massa per lui, nel ricordo dei benefici ricevuti dalla sua politica economica durante il primo mandato. Di sicuro, lo scontato aumento del costo della vita non inciderà affatto sui redditi di coloro che hanno investito nell’Intelligenza Artificiale (Ia) o sulle criptovalute, osserva il quotidiano. Ovviamente, poiché meno tasse significa minori entrate, per l’equilibrio dei conti pubblici occorre compensare i mancati introiti con tagli equivalenti sul bilancio dello Stato. E questo arduo compito spetta proprio a Elon Musk, destinato a dirigere il nuovissimo e assai impegnativo Dipartimento per l’efficienza governativa (Dodge, nell’acronimo inglese), con un incarico molto simile a quello ricevuto a suo tempo da Carlo Cottarelli per la riduzione delle spese superflue. Peccato che, nel caso di Musk, il “superfluo” da tagliare per 2 trilioni di dollari (su circa 7 trilioni di spesa pubblica annuale) riguardi la difesa, il programma Medicare, ovvero l’assistenza sanitaria per i meno abbienti, e la sicurezza sociale, materie nelle quali Trump ha promesso in campagna elettorale maggiori stanziamenti.
La scure discrezionale potrebbe quindi essere indirizzata verso i buoni pasto, la scuola e le infrastrutture, per risparmiare un trilione di dollari all’incirca, cosa del tutto improbabile, dovendo superare la scontata opposizione del Congresso che, tuttavia, darà semaforo verde a Trump per il taglio delle tasse. Il risultato scontato di questo benefit trumpiano a favore dei contribuenti sarà l’innalzamento del deficit di bilancio, che supererà l’attuale tasso del 6,4 percento, comportando così un aumento antinflazione del saggio di interesse da parte della Fed. Per Ft, entrambi i suddetti aspetti sono destinati a impattare due volte negativamente sulla classe media americana. Da un lato, infatti, ulteriori risorse di bilancio verranno assorbite dal servizio del debito, mentre dall’altro, a livello personale, diventeranno più alti gli interessi da pagare per mutui e prestiti bancari. Ma il vero ruolo di Musk non è tanto quello di tagliare la spesa superflua, quando di procedere a una drastica deregulation delle normative vigenti, per favorire gli animal spirits dell’impresa privata americana. A essere privilegiati saranno proprio coloro che godono già di immensi profitti nell’high-tech, come avviene nel caso delle società super quotate di Musk: Tesla, SpaceX, Neuralink e OpenAi.
A questo punto, non sarà così facile per il Congresso e per gli altri organi di controllo fare le debite verifiche sulle molteplici poste in gioco che, nel caso di Musk, riguardano: le Tesla a guida automatica; i nuovi contratti miliardari di SpaceX con il Pentagono (notoriamente secretati); i finanziamenti per la ricerca sui chip neuronali. Certo, con la nuova Amministrazione Trump, parecchi miliardari oltre a Musk risulteranno beneficiari delle politiche governative, come Peter Thiel e David Sacks inventori di PayPal, di cui la Palantir Technologies, società per l’analisi dei dati dello stesso Thiel, che vanta anch’essa contratti miliardari secretati con il Pentagono, è destinata a veder salire vertiginosamente le sue quotazioni in borsa, raggiungendo così quelle della Lockheed Martin che costruisce, tra gli altri, i caccia invisibili F-35. Tra l’altro, proprio Sacks è stato nominato da Trump “zar” per le cripto valute ed è destinato a svolgere un ruolo non marginale nel settore, dato che nel programma presidenziale la Fed dovrebbe investire nella moneta digitale una quota-parte delle sue riserve. E se questo progetto dovesse concretizzarsi, la Banca Centrale dovrebbe garantire una rete di protezione, in base a quello che gli economisti definiscono come il “Ponzi scheme” (si definisce così una frode negli investimenti, per cui i nuovi investitori pagano con i loro fondi gli investitori precedenti).
Quindi, conclude il quotidiano della City, non è stata una sorpresa per nessuno quando il valore del bitcoin è salito a 100mila dollari subito dopo la vittoria di Trump. Insomma, secondo Financial Times sembrerebbe che l’America di Trump debba ridiventare quella della Nuova Frontiera, in cui il vincitore si prende tutto, facendo del suo meglio per restare impunito. Ma non è che gli inglesi abbiano perduto per caso il “sense of humor”?
Aggiornato il 09 gennaio 2025 alle ore 13:47