Cronaca di un riarmo europeo pianificato

Molto spesso, nulla è ciò che appare, soprattutto quando si parla di temi così fondamentali e vitali come quello della pace e dell’equilibrio geopolitico.

Ognuno si auto proclama lo sbandieratore della pace e il paladino della democrazia e dei suoi valori, ma in realtà dietro la parvenza della sedicente filantropica attenzione verso il progresso dell’umanità si occultano biechi interessi economici e di potere geopolitico.

Invero, l’aspetto più sconcertante consiste proprio nella capacità di certi poteri o lobbies finanziarie, di dirigere le loro “maestranze” politiche o per meglio dire politicanti, verso degli obiettivi tanto remunerativi per le loro tasche quando depauperanti, se non distruttive, per l’economia e per la stessa esistenza degli influenti cittadini.

Inoltre, l’ingente potere di queste lobbies utilizza la macchina subliminale dei media per forgiare le menti inerti di una popolazione oramai tanto inebetita dalla comunicazione di massa quanto irretita nelle sue dinamiche contraddittorie di due pesi e due misure, senza più alcuna soluzione di continuità.

L’unica verità accettata e accettabile risiede nel verbo del “quarto e quinto potere”, ossia di quel megafono che con la sua voce invadente stabilisce ciò che è giusto e ciò che non lo è secondo i dettami stabiliti dai poteri che lo posseggono.

Al punto che anche le più palesi contraddizioni appaiono “lucide e fluide logiche naturali”, come quello che stiamo riscontrando in questi ultimi tempi, in cui coloro che si auto proclamano missionari di pace sono gli stessi che spingono verso un riarmo e un aumento di spesa dell’Unione Europea verso un ipotetico “uomo nero” che potrebbe invadere l’Occidente.

Pertanto, vediamo rivitalizzare la Nato, nata per difendere l’Occidente dal pericolo sovietico, allo scopo di contrastare un nuovo pericolo, che artatamente viene disegnato sempre più terribile di quello che non sarebbe se si preferisse l’arte della diplomazia a quella della provocazione militare da un lato e politica dall’altro.

Ebbene sì, proprio lei, la Nato, ossia quell’organizzazione internazionale che il nostro saggista è ambasciatore Sergio Romano non perde mai l’occasione di definire un’organizzazione nata e sviluppata non per difendere, ma per creare conflitti militari mondiali, la quale continua a fagocitare nuove nazioni allo scopo di ampliare i suoi confini d’influenza destabilizzando l’equilibrio geopolitico mondiale.

Quindi, in una Unione Europea in cui si impongono sempre maggiori restrizioni economiche e un aumento del contenimento della spesa pubblica, che ahimè va a intaccare anche la spesa prevista per la sanità pubblica, ci si preoccupa di aumentare la spesa per il riarmo, arrivando al punto di pensare di utilizzare istituti come il Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità) per trovare dei finanziamenti che attualmente mancano.

Così, la presidenza di turno polacca dell’Unione Europea per il 2025 si apre con un’agenda chiaramente orientata verso il rafforzamento della difesa e della sicurezza, riflettendo il panorama geopolitico sempre più teso.

L’intenzione dichiarata di Donald Tusk di sostenere un maggiore riarmo europeo si allinea con le ambizioni della Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen, che sembra determinata a consolidare il ruolo dell’Ue come attore militare globale.

Dal 2021, anno antecedente all’invasione dell’Ucraina, le spese militari europee sono cresciute del 30 per cento, raggiungendo 326 miliardi di euro nel 2024.

Questo trend riflette una transizione da una spesa contenuta e frammentata verso una strategia più integrata, con un focus su:

  • Investimenti in tecnologie e infrastrutture militari (31 per cento delle spese);
  • Acquisto di nuovi armamenti (90 miliardi nel 2024).

L’ex premier lituano Andrius Kubilius, Commissario europeo per la Difesa e lo Spazio, propone un’accelerazione ulteriore con un piano ambizioso:

  • 500 miliardi di euro per uno scudo comune di difesa aerea;
  • 200 miliardi per ammodernare infrastrutture e garantire una mobilitazione rapida delle truppe.

Nonostante gli sforzi, restano nodi irrisolti:

Cooperazione limitata
Il Coordinated Annual Review on Defence del novembre 2024 ha rivelato che solo pochi Stati membri sono pronti a impegnarsi su tutti i fronti (come Italia, Belgio e Cipro). Altri restano selettivi nei programmi comuni.

Necessità di finanziamenti innovativi
Kubilius ha suggerito l’emissione di obbligazioni comuni sul modello del Next Generation Eu, dedicato questa volta al riarmo. Tuttavia, questa proposta si scontra con la resistenza di Paesi più rigoristi sul fronte del debito comune.

Ruolo del Mes
L’idea di utilizzare il Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes) come piattaforma per il finanziamento della difesa è controversa, soprattutto in un’Europa che, su altri fronti, sembra tornare a politiche di rigore.

La Polonia, con una spesa militare già al 4 per cento del Pil, guida questa transizione con il sostegno dei Paesi baltici, tutti preoccupati dalla minaccia russa..

Questo approccio riflette una strategia di deterrenza più aggressiva, sostenuta anche da Kaja Kallas, Alto Commissario alle Politiche Estere e di Sicurezza Comune. Tuttavia, il crescente focus sul riarmo solleva interrogativi sull’equilibrio tra sicurezza e investimenti in altri settori cruciali per l’Ue.

Al postutto, il 2025 si prospetta cruciale per il futuro della difesa europea. La sfida sarà conciliare ambizioni militari sempre più grandi con le divisioni politiche e la necessità di sostenibilità economica.

La presidenza polacca potrebbe rappresentare un punto di svolta, ma molto dipenderà dalla capacità dell’Ue di trovare un consenso su priorità comuni e sulla condivisione dei costi di questa nuova fase della sua storia.

Mala tempora currunt sed peiora parantur (Cicerone)

Aggiornato il 07 gennaio 2025 alle ore 10:25