Orlov: “Dopo Putin temo un nuovo Putin”

“Con la morte di Aleksej Navalny, l’opposizione non ha capi”. Parola di Oleg Orlov. Il dissidente e attivista russo, in un’intervista al Corriere della Sera, lancia un monito all’Occidente. Il biologo 71enne si definisce un “cittadino che criticava il Governo. Finché farlo non è diventato un crimine”. Distribuisce volantini contro la guerra in Afghanistan nel 1979. Nel 1989 contribuisce a fondare Memorial, la rete per i diritti umani che nel 2022 merita il Nobel per la pace. Arriva incensurato fino al 2022, quando un articolo sul “nuovo fascismo russo” gli vale la condanna a due anni e due mesi. Il 1° agosto 2024 viene espulso dal carcere (rifiuta, come altri prigionieri politici, di chiedere la grazia) e ora non può tornare in Russia. “È il mio più grande desiderio. Mi manca la neve, le foreste, i miei cari. Ma se rientro mi arrestano, e sarebbe irresponsabile verso i prossimi scambi di prigionieri”.

Orlov non ha dubbi: “A me, e a quelli attorno a me – afferma – era chiaro da subito che Vladimir Putin fosse un dittatore. Ma avevamo l’occhio allenato da anni di impegno politico, e stavamo in Russia. Dove i diritti vennero lesi subito, dove subito cominciarono le operazioni imperialiste nel Caucaso. L’Europa ha visto segnali preoccupanti, si è detta non esageriamo e ha continuato a comprare il gas”. I momenti in cui il regime ha cambiato passo sono stati “il discorso di Monaco del 2007, alla conferenza per la sicurezza. C’era già tutto lì. La rabbia per gli Stati Uniti, l’attenzione per l’Ucraina e la Georgia, le armi. Poi nel 2014, l’invasione della Crimea. E le proteste del 2012. Quando riprese la presidenza molta gente scese in piazza. Quel dissenso lo spaventò, e decise di schiacciarlo. I russi sono annientati. La repressione voi non credo possiate capirla, ma funziona: nessuno fa più politica se il prezzo è così alto. Uomini del Governo a livello locale controllano persino le conversazioni: era da Leonid Brežnev che non si stava così”.

Con la rete degli ex prigionieri in Germania, Orlov aggiunge sta lavorando “a una serie di misure pratiche che andrebbero prese se Putin morisse. Un’amnistia, una nuova legge elettorale. È fondamentale non essere vaghi, anche perché siamo già sull’orlo di una catastrofe”. Orlov fa una previsione inquietante: “Dopo Putin potrebbe benissimo venire un altro Putin. L’opposizione potrebbe non farcela nemmeno se Putin muore. E voi (l’Occidente, ndr) dovrete vedervela con qualche nuova guerra. In questi mesi è andato tutto in questa direzione. L’elezione di Donald Trump. La politica internazionale che vira a destra. La morte di Navalny. Se fosse stato vivo, lui sì avrebbe potuto federare l’opposizione e guidarla alla vittoria. Anche dall’estero. Oggi non c’è una figura unica in cui l’opposizione russa possa riconoscersi”.

Aggiornato il 03 gennaio 2025 alle ore 14:17