Cristiani di Siria: una questione strategica

Il governo di Bashar al-Assad, presidente deposto di un Paese, come altri del mondo arabo, governabile solo con modalità adeguate all’articolato e complesso sistema sociale, ha dato comunque importanti margini di libertà di espressione religiosa e confessionale e anche individuale nell’ambito di “genere”. Tuttavia una maggioranza dell’entourage del Presidente, come spesso accade in questa tipologia di regimi, faceva dell’oppressione e della violenza un linguaggio ordinario, tale che non era inconsueto che allo stesso Assad sfuggissero fatti di atroce brutalità. La dimostrazione che Assad controllasse poco il suo ormai vacillante regime, lo ha dimostrato l’imbarazzante ritirata dell’esercito regolare siriano di fronte all’avanzata dei pick-up dei ribelli.

Assad, di confessione sciita e appartenente alla corrente alawita, era il rappresentante ultimo del partito Baath, fondato da Salah al-Din al-Bitar, musulmano sunnita, Michel ʿAflaq, cristiano ortodosso e Zaki al-Arsuzi, mussulmano sciita della corrente alawita. Un partito promotore del socialismo e del nazionalismo arabo, molto laico per i parametri del Medio e Vicino Oriente, visti i fondatori, sostenitori anche della “parità di genere”. In questo contesto le minoranze sono state abbastanza libere di esprimere anche la loro fede, come la numerosa comunità cristiana di Siria, presente nell’area ovviamente molto prima dell’Islam. L’avvento dell’anarchia in Siria che ha deposto Assad, ha stravolto i già precari equilibri interreligiosi che nell’ultimo decennio, causa Isis, hanno costretto i cristiani siriani a emigrare e a nascondersi, oltre che a subire violenze e contare morti. Ho scritto di “anarchia” in Siria perché di fatto attualmente il Paese è in balia di gruppi che non rispondono nemmeno ai jihadisti, con giacca e cravatta, saliti nel Palazzo del potere a Damasco.

I rappresentanti della comunità cristiana in Siria sono in questi giorni molto impegnati a confrontarsi con il leader che hanno preso il potere. Ricordo che la cristianità siriana è composta da varie fedi, tra queste: greco-cattolici, greco-ortodossi di Antiochia, maroniti, assiri, caldei, la Chiesa apostolica armena e anche protestanti. Comunque, secondo l’arcivescovo della Chiesa siro-cattolica, Denys Antoine Chahda, sembra che i ribelli abbiano manifestato attenzione alle esigenze dei vari gruppi cristiani, tanto è che hanno anche chiesto ai vescovi di avvisare in caso di violenze e abusi da parte dei vari gruppi ribelli circolanti nel Paese.

Nella martoriata città di Aleppo, la seconda città più grande della Siria, prima della guerra, che ha visto i jihadisti dell’Isis ed i ribelli occupare vaste aree del nord del Paese, esisteva una numerosa comunità cristiana, che oggi teme di cadere sotto il dominio degli islamisti. Infatti, all’indomani della cacciata da Aleppo dei governativi di Assad, i jihadisti hanno distrutto alcuni negozi di alcolici. Al di là del danno, è il gesto simbolico di intolleranza che va considerato. Tuttavia i vandali ideologici, sono poi tornati per spiegare ai proprietari che il mercato degli alcolici non era vietato. In realtà i cristiani ambiscono ad avere una garanzia di stabilità, in modo che possano rientrare in Siria i correligionari che a causa dei conflitti continui hanno lasciato il Paese. Prima degli scontri scoppiati nel 2011, ad Aleppo vivevano circa 200mila cristiani, oggi sono solo 25mila. Nel complesso la Siria contava quasi due milioni di cristiani, quasi il 10 per cento della popolazione, oggi, secondo i dati più attendibili nel Paese ne sono rimasti meno di 500mila.

Tuttavia i cristiani giudicano positivamente che le autorità di Damasco stiano tentando di sciogliere i numerosi gruppi di “ribelli islamisti” armati che girano indisturbati per la Siria saccheggiando e imponendo a macchia di leopardo il proprio effimero dominio. L’atteggiamento dei referenti governativi siriani è comunque motivato a escludere un eventuale isolamento internazionale che favorirebbe l’influenza dei vari gruppi armati svincolati dal potere attualmente presente a Damasco. Infatti sia l’Europa che altre Nazioni attendono fatti concreti dai jihadisti incravattati di Damasco oltre alle parole di assicurazione che comunque ostentano.

Il nuovo potere siriano, inquadrato impropriamente sotto la bandiera di Hayat Tahir al-Sham, Htc, è il risultato dell’aggregazione di numerosi gruppi armati guidati da Abu Mohammed al-Jolani, oggi con il proprio nome “de-jihadistizzato”, Ahmad Al Chareh, che comunque sta moltiplicando gesti di rassicurazione verso tutte le minoranze del Paese. In questo contesto resta necessaria la vigilanza tra le centinaia di migliaia di cristiani che vivono in Siria che non si risparmiano, anche con il rischio di ritorsioni, di manifestare per difendere i loro diritti di fedeli che considerano minacciati. Proteste scoppiate sia a Damasco che in altre città, soprattutto dopo l’incendio dell’albero di Natale avvenuto il 23 dicembre ad Al-Suqaylabiya, nel governatorato di Hama. Tuttavia il nuovo potere instaurato dall’Htc, già affiliato ad al-Qaeda, ha affermato di rinunciare al jihadismo, parlando di rispetto per le minoranze. Un passaggio per ora teorico ma necessario in un Paese multireligioso e multietnico dove la libertà di fede dovrà avere adeguati spazi.

Ma i timori per i cristiani non sono dissipati, infatti la vendita di alcolici a Damasco, nel quartiere a maggioranza cristiana di Bab Touma, risulta calata del 50 per cento, i ristoranti cristiani dopo la caduta di Assad chiudono alle 23, mentre in precedenza la chiusura era alle tre di notte. Tuttavia i leader pseudo-governativi hanno dichiarato che la comunità cristiana non è una minoranza, ma una parte essenziale della struttura sociale del Paese ed il futuro della Siria non potrà escludere il ruolo dei cristiani. Bisognerà vedere quali ruoli saranno riservati a questa comunità che rappresenta forse il più antico insediamento cristiano della Storia. Intanto da alcuni giorni sui social network siriani circolano messaggi che parlano di presunte violenze perpetrate contro la minoranza cristiana in Siria da parte dei ribelli al potere. Sono stati segnalati casi di pulizia etnica nella città a maggioranza cristiana di Maaloula, a nord di Damasco. Martedì 31 dicembre il nuovo leader siriano, nuovo nel look e nel nome, Ahmad Al Chareh, ha ricevuto i rappresentanti della comunità cristiana a Damasco. Operazione necessaria per Al Chareh anche in vista delle titaniche sfide che attendono chiunque governerà, e che dovrà affrontare una complessa riconciliazione e ricostruzione del Paese. Anche nel ricordo di Bashar al-Assad che si è sempre atteggiato a protettore delle minoranze, reprimendo ogni dissenso.

Comunque una situazione da valutare anche in funzione della politica internazionale che intenderanno costruire gli ex jihadisti per ora al potere a Damasco, i quali dovranno condividere dinamiche economiche e strategiche con Nazioni fondamentali che pretenderanno considerazione per le varie realtà religiose.

Aggiornato il 02 gennaio 2025 alle ore 10:07