Se ti chiami Gali Baharav Miara e sei l’attorney general – che in Israele è diventata nota come la grande accusatrice di Benjamin Netanyahu nel processo tuttora in corso e che nei giorni scorsi ha visto il premier di Tel Aviv alla sbarra per un lunghissimo interrogatorio – non deve essere stato molto divertente vedere il servizio di Channel 14 in cui c’è anche il video delle telecamere di sorveglianza della caserma che mostra tuo figlio che trafuga da un armadietto il costosissimo giubbotto anti proiettile di un commilitone (che se lo era portato dall’America, 2.700 euro di valore) e lo porta via nascondendolo sotto una bandiera israeliana.
Ma ancora meno divertente deve essere stato il leggere il servizio pubblicato sul sito internet della stessa emittente in cui si narra di un imbarazzante cover up della vicenda, una sorta di captatio benevolentiae verso il potente magistrato israeliano, da parte del colonnello del battaglione del figlio. Colonnello che nella vita reale da non riservista è un avvocato importante di uno dei più noti studi legali di Tel Aviv e che, invece di deferire e far punire il colpevole beccato dalle telecamere nella maniera dura che prevedono le leggi marziali israeliane, convoca il derubato, un riservista americano con doppia cittadinanza israeliana e degli Stati Uniti, per convincerlo con le buone e anche con le cattive a non fare casino e ad accontentarsi di un misero risarcimento.
Anche in Italia è successo che una figlia di due noti magistrati abbia potuto avvalersi della compiaciuta cover up di agenti di polizia giudiziaria. Che non hanno compiuto gli esami anti alcool e anti droga di routine una volta constatato che a investire la vittima sulle strisce era stata la rampolla dei due suddetti. La morale esopica di questa squallida storia è che “tutto il mondo è Paese”. Sia pure un bruttissimo Paese.
Aggiornato il 16 dicembre 2024 alle ore 17:25