Il Partito del potere popolare ha lanciato un messaggio al Paese che non lascia spazio a interpretazioni. In Corea del Sud, dopo che il quorum per l’impeachment al presidente Yoon Suk-yeol non è stato raggiunto, c’è chi ha gridato al secondo colpo di Stato nel giro di pochi giorni. Per questo motivo la compagine di Governo ha scongiurato le accuse dell’opposizione, chiedendo al capo di Stato di farsi da parte. Una mossa che punta a “limitare i danni”, riportare un po’ di ordine senza gettare la Nazione nel caos. Insomma: rimettere la democrazia liberale al centro del villaggio. “Il nostro obiettivo è garantire una transizione rapida e senza intoppi, per evitare che il Paese cada ulteriormente nel caos,” ha dichiarato Han Dong-hoon, leader del Ppp, durante una conferenza stampa a Seul. “La maggior parte dei cittadini è d’accordo: Yoon non è più in grado di portare avanti il suo mandato.” La richiesta arriva appena dopo che il partito ha bloccato in Parlamento la mozione di impeachment avanzata dall’opposizione, che controlla la maggioranza nell’Assemblea nazionale.
Il destino politico di Yoon sembra segnato da martedì scorso, quando ha deciso di imporre la legge marziale. Una misura straordinaria che avrebbe dovuto rafforzare la sua posizione ma che, invece, si è trasformata in un boomerang. Le proteste nelle piazze e il muro alzato dal Parlamento hanno costretto il presidente a fare dietrofront nel giro di sei ore, lasciando dietro di sé una scia di polemiche e instabilità. In un discorso televisivo, Yoon ha di fatto ammesso la sconfitta, rimettendo il suo incarico nelle mani del partito. Una mossa che ha fatto trasparire la consapevolezza di non poter andare avanti, nonostante gli oltre due anni che gli resterebbero al termine del mandato.
Nel frattempo, la bufera non si è fermata. Kim Yong-hyun, l’ex ministro della Difesa e uno dei principali sostenitori della legge marziale, è stato arrestato. Secondo i media locali, Kim avrebbe avuto un ruolo cruciale nella decisione e si era dimesso subito dopo la revoca del provvedimento. Ora dovrà rispondere all’accusa di insurrezione. Anche il ministro dell’Interno, Lee Sang-min, ha gettato la spugna, dichiarandosi “gravemente responsabile” di non essere riuscito a gestire la crisi. Le sue dimissioni si aggiungono a quelle di altri funzionari di alto livello, lasciando il Governo sempre più isolato e privo di guida.
Come se non bastasse, il Ministero della Giustizia ha imposto a Yoon un divieto di espatrio. L’Ufficio investigativo sulla corruzione per gli alti funzionari (Cio) ha giustificato la decisione come necessaria nell’ambito dell’indagine per insurrezione e abuso d’ufficio. Durante un’audizione parlamentare, il procuratore capo Oh Dong-woon ha confermato che il presidente è sotto esame per il ruolo giocato nella dichiarazione di legge marziale. Anche la polizia, che sta attivamente collaborando con i procuratori, ha ventilato ulteriori restrizioni.
La situazione si complica di ora in ora per Yoon, che si trova sempre più all’angolo.
Aggiornato il 09 dicembre 2024 alle ore 14:09