In Siria ci sono almeno quattro forze in campo: turchi e jihadisti – tra cui gli eredi di al Nusra – i filo Assad russo-iraniani; gli americani, i curdi. Difficile che prevalgano gli Stati Uniti, è più facile un’ipotesi “spezzatino”. I russi vorranno tenere l’accesso al mare per via del loro porto militare che è stato il prezzo pagato da Assad per tenere in mano la dittatura. I turchi hanno già il nord, come zona cuscinetto e area per contenere i curdi. Gli yankee vogliono comunque tenere un piede in Siria, e ieri i loro aerei hanno colpito le milizie filoiraniane al confine con l’Iraq (ecco un altro grande errore Usa-Europa, l’abbandono dell’Iraq nelle mani dell’Iran, dove era giusto dare un ok alla maggioranza sciita, ma a patto che l’Iran non diventasse proprietario di tutta quella Nazione). Gli arabi sunniti sono dalla parte turco-jihadista, ma anche da quella yankee, ipotizzo. I curdi sono al solito di fronte ad attacchi da parte di quasi tutti i soggetti.
Quanto al fronte nord, dove i morti sono arrivati a oltre 700, le forze filo turche sono alle porte di Hama. A giudicare dai filmati, dove si vedono colonne di mezzi militari leggeri e gente bene armata, non parlerei più di “ribelli siriani” – come ancora insiste la stampa italiota – quanto di sunniti bene armati dalla Turchia, che intende così prendersi il nord della Siria, mentre Recep Tayyip Erdoğan insiste per diventare il braccio destro di sauditi ed emirati sunniti. Al momento non è dato sapere quale potrebbe essere, in questa rapida evoluzione della guerra civile siriana, il ruolo sotto traccia di Donald Trump, il quale – ipotizzo – tra scenari tutti pessimi sceglierebbe quello di Erdogan.
Comunque vada a finire, il “Solimano” di Istanbul diventerà il guardiano degli accessi alla Siria, con potere di controllo sui traffici tra Iran e Libano e tra Russia e la stessa Siria.
TURCHIA ED EUROPA
Le politiche di Erdogan da un punto di vista idealista e realista sono sempre state pessime quanto il piglio dittatoriale del suo partito al potere. Oggi tuttavia una visione geopolitica realista impone un ragionamento: è evidente che la Turchia ha un cinismo, un pragmatismo e una velocità di azione che sono lontanissimi da un’Europa bloccata fino all’ebetismo dai contesti negativi di Francia e Germania (candidate a nuove elezioni entrambe). La Ue è per giunta malata del vecchiume bilaterale della cultura dem-socialista e soft-conservatrice, il che significa fare geopolitica coi tempi e criteri politico-scientifici pre galileiani e – forse – persino pre aristotelici. Se il referente in Europa del trumpismo sarà Erdogan, e non una Ue riformata in chiave liberaldemocratica che lasci al macero quella bismarckiano-leninista, stiamo freschi.
Altre osservazioni: Hezbollah, ridotto ai minimi termini da Israele, non è più in grado di inviare i suoi militanti in Siria per aiutare l’orribile Assad. Ciò spiega la rapida avanzata turco-sunnita a nord. Infine, chi sono i nuovi jihadisti? Sono qualcosa di simile a un mostro dal volto umano. In Siria furono alleati di al-Qaida e Isis, col nome di al-Nusra. Tra le loro fila militava Abu Sakkar, lo jihadista cannibale ucciso nel 2016 da un gruppo rivale nella provincia di Idlib. Sakkar in un video si era fatto vedere nell’atto di strappare e mangiare il cuore di un nemico, un “orrendo pasto” di sapore dantesco che ci fu risparmiato di vedere.
Questo serve a capire con chi si ha a che fare: con diversi orizzonti possibili, quasi tutti negativi, come quelli delle prime 130 pagine del Il problema dei tre corpi di Cixin Liu. Riusciranno gli yankee a trovare una difficile quadra in Siria, dopo le clamorose topiche commesse da quasi tutti i loro ultimi presidenti? Ricordiamo Carter, Joe Biden in Afganistan, e il laudato Barack Obama di cui scrive Francesco Cundari su linkiesta.it nell’articolo: “Siria e Georgia, ecco i frutti della via diplomatica con Putin”.
Aggiornato il 05 dicembre 2024 alle ore 11:08