Quinta Repubblica: Barnier sfiduciato

Sotto la spallata congiunta delle opposizioni, il governo guidato da Michel Barnier è crollato. Un esito scontato, ma non per questo meno drammatico, che ha aperto una voragine politica e finanziaria in Francia. La sinistra di Jean-Luc Mélenchon e i conservatori a destra di Marine Le Pen hanno unito le forze in un voto di sfiducia che ha raccolto, nella serata di ieri, 331 consensi. Ben oltre i 289 richiesti. Una manovra chirurgica che segna uno spartiacque nella storia della Quinta Repubblica: per trovare un precedente simile, bisogna tornare al 1962, quando Georges Pompidou fu costretto a lasciare l’Esecutivo. La situazione, però, è ben più esplosiva di allora. Emmanuel Macron si ritrova con le spalle al muro, assediato da richieste di dimissioni che arrivano sia dalla sinistra che da destra. “Macron se ne vada, siamo pronti a governare con un programma di rottura col passato”, ha tuonato Mathilde Panot, capogruppo de La France Insoumise. Marine Le Pen, pur ribadendo che il presidente dovrebbe farsi da parte, ha adottato un tono più pragmatico, dichiarandosi pronta a collaborare con il futuro premier per costruire una manovra finanziaria “accettabile per tutti”.

Barnier, intanto, ha salutato i deputati con la voce rotta dall’emozione e una stilettata: “La gravità della situazione economica e la verità si imporranno a qualsiasi nuovo Governo”. Macron, rientrato a Parigi dopo un viaggio da tempismo perfetto in Arabia Saudita, si prepara a rimettere insieme i pezzi. Questa mattina Barnier formalizzerà le dimissioni all’Eliseo, mentre il presidente dovrebbe annunciare il nome del successore già stasera, durante un discorso in diretta alle 20.

La Francia non ha una maggioranza stabile da mesi, ma ora la crisi politica rischia di trasformarsi in un disastro economico. L’agenzia di rating Moodys non ci è andata leggera, definendo la caduta del Governo “un evento negativo per il credito”. L’Istituto ha avvertito che questa situazione rende ancora più difficile risanare le finanze pubbliche e peggiora l’impasse politica. La scossa si avverte anche oltre i confini francesi. Con la Germania già in affanno, l’Europa non può permettersi una Francia ingessata, proprio mentre avrebbe bisogno di una leadership forte per affrontare le sfide economiche e geopolitiche che si profilano all’orizzonte.

La palla passa ora al presidente, che deve trovare un nome capace di tenere insieme un Parlamento spaccato e un’opinione pubblica sempre più disillusa. Tra i papabili ci sono figure come François Bayrou, leader del Movimento democratico, il ministro della Difesa di Renaissance Sébastien Lecornu – considerato “diplomatico” anche con la destra – e l’ex premier socialista Bernard Cazeneuve. Si parla anche di Xavier Bertrand e François Baroin, entrambi Républicain, e del ministro dell’Interno Bruno Retailleau. Non mancano, però, i dubbi. La strategia di Macron potrebbe passare per un “patto di non belligeranza” con i socialisti, come proposto dal capogruppo macroniano Gabriel Attal. Ma mettere d’accordo i partiti è un’impresa titanica, e il rischio è di ritrovarsi con un governo fragile, sotto la costante minaccia di nuove mozioni di sfiducia.

Nel frattempo, le opposizioni affilano le armi. Marine Le Pen cerca di mostrarsi come leader responsabile, pronta a collaborare per il bene del Paese, mentre Mélenchon punta su un cambiamento radicale. Macron, invece, naviga in acque sempre più agitate, costretto a trovare in fretta un equilibrio tra esigenze politiche ed economiche che sembrano inconciliabili. Le prossime ore saranno decisive. Chiunque prenda il timone del Governo avrà davanti una strada tutta in salita, ma la posta in gioco è altissima: non solo il futuro della Francia, ma anche la sua credibilità in Europa. Macron lo sa bene, e la sua partita si gioca ormai tutta sul filo del rasoio.

INCERTEZZA CHE SCATENA LE PROTESTE

Gli agenti della Pubblica amministrazione hanno incrociato le braccia, rispondendo alla chiamata dei sindacati per una giornata di sciopero generale. Un segnale forte, che rischia di trasformarsi in un nuovo braccio di ferro con il Governo, già alle prese con una crisi politica senza respiro. A Parigi, il cuore della protesta batterà questo pomeriggio davanti al Ministero dellEconomia e delle Finanze, da dove partirà un corteo diretto a Place dItalie. Ma la mobilitazione non si ferma alla capitale: in tutta la Francia si contano una cinquantina di manifestazioni, segno di un malcontento che serpeggia ormai da tempo. Il sindacato Fsu-Snuipp, molto radicato tra gli insegnanti, parla di una partecipazione che supera il 65 per cento nelle scuole elementari. “Giovedì sarà solo l’inizio di qualcosa di molto più grande”, ha avvertito Luc Farre, segretario generale della funzione pubblica dell’Unsa, che ha deciso di rompere ogni dialogo con il governo già da metà novembre. Per Benoît Teste, della Fsu, la mobilitazione è una risposta chiara “alle politiche che stanno indebolendo il servizio pubblico”. Ma non ci sono solo gli statali in rivolta. Dopo i ferrovieri e gli agricoltori, contrari all’accordo Mercosur, anche loro scendono in campo.

Una tempesta invernale perfetta ha colpito il Paese transalpino, che rischia di propagarsi in tutta l’Eurozona.

Aggiornato il 05 dicembre 2024 alle ore 11:00