Durante questi ultimi tempi stiamo assistendo alla svalutazione della valuta russa, il cosiddetto rublo, a causa del periodo inflazionistico che sta vivendo l’economia russa. Il succitato fatto ha indotto la maggior parte degli economisti e politologi, molto spesso improvvidi, a gridare vittoria, ossia a ricondurre questa inflazione della nazione di Vladimir Putin a una sua progressiva decadenza e quindi potenziale sua sconfitta, con il conseguente trionfo della politica delle sanzioni applicate nei confronti della Russia da parte dell’Occidente. Ahimè, non tutto ciò che appare corrisponde a ciò che si vorrebbe che fosse. Infatti, da una più attenta e approfondita analisi emerge una realtà molto più complessa e diversa dalla narrazione che certa propaganda vorrebbe acclarare. L’analisi delle difficoltà economiche della Russia, come già evidenziato, è un tema complesso e multifattoriale.
La recente svalutazione del rublo e le conseguenti dinamiche di mercato non devono essere interpretate esclusivamente come indicatori di un imminente collasso del sistema economico russo. La debolezza della valuta è certamente un sintomo di pressioni esterne, in particolare delle sanzioni e della fluttuazione dei prezzi del petrolio, ma queste non riflettono necessariamente una incapacità totale del Cremlino di adattarsi e rispondere alle sfide. L’intervento della Banca centrale russa si presenta come una misura per contenere l’inflazione, mentre il Governo è costretto a far fronte a spese militari crescenti. Tuttavia, la resilienza economica mostrata dalla Russia in precedenti crisi potrebbe suggerire che l’economia possa non essere così fragile come si potrebbe pensare.
Le sanzioni, per quanto limitanti, non sembrano avere l’effetto devastante che alcuni prevedevano; anzi, potrebbero innescare dinamiche di adattamento che favoriscono alcune fasce della popolazione, ampliando la quota di reddito dei lavoratori. Importante è anche l’aspetto delle relazioni internazionali, la Russia ha più volte dimostrato la capacità di mantenere legami economici con Paesi come Cina e India, complicando la possibilità di un isolamento totale. Le catene di approvvigionamento e le interazioni commerciali hanno trovato modi per venire incontro alle esigenze reciproche, riducendo l’impatto delle sanzioni.
In questo contesto, non si può non considerare il fatto che l’economia di guerra russa potrebbe subire rallentamenti, ma sarebbe imprudente considerare il rublo debole come un segnale inequivocabile di sconfitta economica. Gli effetti redistributivi delle sanzioni e della guerra, che sembrano favorire i più poveri, non devono essere sottovalutati, al contrario questa dinamica potrebbe addirittura alimentare un consenso intorno al regime. In sostanza, le sanzioni devono essere considerate come una parte di una strategia più ampia e gli errori nella loro implementazione e la loro inefficacia a fronte di un determinato surplus commerciale indicano un bisogno di riflessione su come le economie occidentali possano sostenere l’Ucraina senza dover affrontare il complesso scenario geopolitico che si è venuto a creare. Invero, è fondamentale adottare un approccio più prudente e informato riguardo all’economia russa e le sue capacità di resistenza, piuttosto che cadere nella trappola di interpretare ogni segnale negativo come un preludio al collasso. Pertanto, dai fatti analizzati in modo non superficiale si evince il palese dato di quanto la percezione occidentale possa talvolta essere troppo semplicistica. Per tali motivi, è necessario evidenziare alcune riflessioni per declinare un’analisi più oculata della questione in oggetto, riportando di seguito alcuni punti chiave:
1) Debolezza del rublo e sanzioni
La svalutazione del rublo non necessariamente riflette un’imminente implosione economica della Russia, è piuttosto un adattamento a uno scenario di guerra e sanzioni. La Russia ha dimostrato capacità di resilienza, orientando diversamente le proprie risorse e trovando nuovi partner commerciali, come Cina e India. Tuttavia, le difficoltà esistono, specialmente per quanto riguarda l’inflazione e i ricavi limitati da petrolio e gas.
2) Sanzioni: efficacia e limiti
Le sanzioni occidentali, sia primarie che secondarie, non hanno raggiunto l’obiettivo di provocare un collasso economico tale da mettere pressione politica sul Cremlino. Mentre hanno rallentato l’espansione militare russa, non hanno intaccato significativamente la capacità bellica di sostenere il conflitto in Ucraina. Questo è aggravato dal compromesso occidentale che ha lasciato intatte alcune esportazioni energetiche per non destabilizzare i mercati globali.
3) Distribuzione degli effetti economici in Russia
Paradossalmente, alcuni effetti delle sanzioni hanno favorito una redistribuzione economica interna, con un incremento dei salari reali per i lavoratori meno abbienti. Questo ha contribuito a stabilizzare il consenso interno a Putin, dimostrando come l’economia russa, pur sotto pressione, sia stata adattata al contesto bellico.
4) Confronto tra Russia e Ucraina
L’Ucraina, nonostante il supporto occidentale, potrebbe trovarsi in condizioni economiche e demografiche più critiche rispetto alla Russia nel lungo periodo. La dipendenza dall’assistenza militare e finanziaria occidentale rende il Paese vulnerabile a eventuali cambi di priorità geopolitiche, come potrebbe avvenire in caso di un ritorno di Donald Trump alla presidenza Usa.
5) Il problema dell’interpretazione occidentale
La narrativa secondo cui la Russia sarebbe “sempre sull’orlo del collasso” rischia di indebolire la credibilità delle analisi occidentali. Come suggerisce il politologo Julian Waller, è necessario adottare un approccio più prudente e basato su dati concreti, evitando eccessi di ottimismo o allarmismo.
6) La geopolitica delle sanzioni
L’indifferenza di Paesi come Cina e India alle richieste occidentali di isolare la Russia sottolinea la difficoltà di costruire una coalizione globale compatta contro Mosca. Questo rappresenta un limite intrinseco delle strategie sanzionatorie, specie in un mondo sempre più multipolare. Al postutto, mentre le difficoltà economiche russe sono reali, non sembrano sufficienti, almeno per ora, a costringere il Cremlino a rivedere i suoi obiettivi strategici. Per rendere le sanzioni più efficaci, sarebbe necessario un approccio più incisivo e coerente da parte dell’Occidente, accompagnato da una maggiore capacità di adattamento industriale e strategico.
“Quod erat demonstrandum” di Euclide
Aggiornato il 02 dicembre 2024 alle ore 10:30