Una roadmap per l’Asia meridionale

Quando la prossima amministrazione Trump volgerà lo sguardo oltreconfine, troverà un mondo che in molti luoghi è senza timone, spesso stagnante e privo di risorse, in gran parte a causa dell’abdicazione di qualsiasi leadership significativa da parte degli Stati Uniti, iniziata sotto Barack Obama. In gran parte del mondo, come in America Latina e in Africa, la Cina ha fatto sentire la sua presenza nel vuoto lasciato da Washington. L’istinto di Trump non è internazionalista, per dirla con un’ovvietà, ma il suo Segretario di Stato designato, Marco Rubio, sentirà senza dubbio il bisogno di fare il suo lavoro con l’energia e l’acume di cui molti di noi sanno che è capace.

Un’area a cui Rubio deve prestare attenzione è l’Asia meridionale (come viene ora chiamato il subcontinente indiano). Ecco un breve riepilogo relativo a ciascun Paese di questa regione, in pratica, una roadmap dettata esclusivamente da ciò che il sottoscritto, in veste di autore di questo articolo, ritiene sia meglio per gli Stati Uniti.

India

Nel XXI secolo, l’India, colosso del continente asiatico, è emersa come uno dei più promettenti ed indispensabili partner per la sicurezza per Washington. Considerata un contrappeso naturale della Cina, l’India è ben consapevole della minaccia posta all’ordine mondiale a guida statunitense da una Cina assertiva, mercantilista e, soprattutto, revanscista.

Trump dovrebbe concentrarsi, come ha fatto nella sua prima amministrazione, sul commercio e sui dazi doganali imposti da Nuova Delhi, con un’ulteriore priorità di sicurezza nazionale all’India, come pilastro del partenariato statunitense in Asia. La democrazia e i diritti umani non sono il forte di Trump e, sebbene l’erosione di entrambi in India sia motivo di preoccupazione, non vi è alcun vantaggio nel farne una questione nelle relazioni bilaterali. Il nuovo inquilino della Casa Bianca dovrebbe invece continuare a fare pressione per un accesso più equo degli Stati Uniti ai mercati indiani, rafforzando i legami di difesa per sostenere una forte presenza indiana in materia di sicurezza nell’Indo-Pacifico. A tal fine, è fondamentale la conclusione di un accordo di approvvigionamento reciproco tra i due Paesi nel settore della difesa. Per essere un partner strategico efficace contro la Cina, l’India deve rafforzare rapidamente la propria capacità militare. È stata troppo lenta e goffa nella sua modernizzazione militare. Ciò avrebbe l’ulteriore vantaggio di recidere il cordone ombelicale che lega l’India alla Russia, uno sviluppo i cui vantaggi dovrebbero essere evidenti.

Inoltre, qualsiasi divergenza con New Delhi dovrebbe essere discussa e risolta in privato, come fa Washington con il Regno Unito o la Francia. Non ha senso mettere pubblicamente in imbarazzo e affrontare gli orgogliosi e irritabili indiani come ha fatto di recente l’irresponsabile Justin Trudeau. L’inutile dimostrazione di superiorità morale non aiuta gli Stati Uniti ad affrontare le aspre realtà di un mondo complesso.

Bangladesh

La priorità assoluta dell’America dovrebbe essere la stabilità e una chiara tempistica per nuove elezioni politiche. Il Bangladesh è stato una nota positiva nell’Asia meridionale, ma le violenti proteste dell’estate scorsa sollevano interrogativi imbarazzanti sul suo percorso futuro. Abbiamo bisogno di un Bangladesh stabile, laico ed economicamente vincente in Asia meridionale, che sia allineato con la strategia indo-pacifica di Washington. La mancata adesione a tale strategia è stato uno dei tanti errori commessi dal primo ministro estromesso, Sheikh Hasina. Qui, come altrove nel mondo, Washington deve essere consapevole che la Cina si sta infiltrando e deve agire efficacemente per contrastare Pechino.

Rubio dovrebbe chiedere ai governanti ad interim di indire le elezioni senza indugio. Il Bangladesh è un Paese istintivamente democratico e un raro Stato a maggioranza musulmana con il potenziale per diventare una fiorente democrazia laica. Le elezioni dovrebbero essere inclusive e non si può mettere al bando il partito che ha portato il Paese all'indipendenza. Bisogna esercitare le dovute pressioni per garantire che gli islamisti siano tenuti fuori dal governo: un’ulteriore erosione della fragile laicità del Paese potrebbe portare a violenze diffuse contro la consistente minoranza indù del Paese. (Il Bangladesh è la quarta nazione a maggioranza musulmana più popolosa del mondo, dopo Indonesia, Pakistan e India). Qualunque governo emerga dopo le elezioni, dovrà essere fortemente incoraggiato a non adottare una posizione “anti-India”.

Pakistan 

Il Pakistan deve essere gestito, perché è un problema quasi insolubile. Il Paese non ha più una priorità di primo piano nella politica statunitense, ma l’amministrazione Trump dovrebbe cercare di mantenere un certo livello di influenza di Washington sullo sfondo di “un’amicizia per tutte le stagioni” del Pakistan con la Cina, che ha un controllo maggiore sulla politica di questo Paese rispetto a qualsiasi altra grande nazione.

Anche in questo caso, per evitare un’inutile dimostrazione di superiorità morale, gli Stati Uniti dovrebbero smetterla di fare retorica sulla democrazia in Pakistan, una forma di governo che non è naturale per il Paese e per la sua popolazione. Gli Stati Uniti devono rassegnarsi al fatto che è più probabile che il Pakistan abbia elezioni inique che corrette e che, anche se le elezioni fossero eque, è improbabile che il loro esito favorisca coloro che cercano di avvicinare il Pakistan agli Stati Uniti piuttosto che alla Cina, di porre fine al terrorismo e di normalizzare i legami con l’India. Che cosa ci guadagnano gli Stati Uniti da elezioni che portano al potere un demagogo antiamericano, anti-indiano e filo-talebano?

Sri Lanka, Maldive e Nepal

Questi Paesi sono relativamente periferici ma, come nel caso dell’America Latina e dell’Africa, le nazioni ignorate dagli Stati Uniti cadono fin troppo facilmente nelle mani della Cina. 

Anche in questo caso, gli interessi degli Stati Uniti consistono nell’impedire a questi Paesi di avvicinarsi troppo alla Cina. Pechino ha iniziato a svolgere un ruolo politico più profondo in Nepal grazie agli stretti legami con i maoisti nepalesi. Il Nepal ha ottenuto diversi prestiti dalla Cina nell’ambito dell’iniziativa neocoloniale Belt and Road e questo dovrebbe essere motivo di preoccupazione sia per l’India che per gli Stati Uniti. Allo stesso modo, Washington deve collaborare con l’India per garantire che il porto di Hambantota nello Sri Lanka non diventi una base navale cinese. Le piccole Maldive sono prostrate dai prestiti cinesi che non possono essere restituiti. La Cina sta invadendo sfacciatamente il territorio indiano. L’India non ha la forza economica sufficiente per reagire da sola, ma gli Stati Uniti e l’India devono collaborare per estromettere Pechino da questo arcipelago strategico dell’Oceano Indiano.

(*) Tratto da The Jerusalem Strategic Tribune

(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada

Aggiornato il 28 novembre 2024 alle ore 09:48