Ancora su Israele

Tocca farsene una ragione: cercare di mettere a fuoco il contesto, capire cosa si cela dietro determinati comportamenti; le ragioni alla base di certe scelte, “fotografare” le situazioni, rammentare fatti recenti e più antichi, per tanti significa “giustificare”. 

Sappiano che non hanno il monopolio della pena, della compassione, del dolore, dello sgomento, della pietà. Che non condividere le loro parole d’ordine, non significa che si sia complici, insensibili, indifferenti. Porre e porsi domande e cercare risposte è un “vizio” cui non sa, non si vuole, non si può rinunciare.

Il primo invito è non dimenticare mai quello che è accaduto il 7 ottobre 2023. Non solo per l’indicibile e fino a quel giorno inimmaginabile orrore che si è voluto e saputo consumare. Quel giorno un intero Paese ha provato un sentimento che tuttora persiste: la paura, concreta, “visiva” che quello che non sarebbe mai più dovuto ripetersi, si è invece ripetuto; e che nessuno è più al sicuro. Che tutti sono in pericolo. Ha toccato con mano, come mai accaduto prima, la sua solitudine: che non è, come scioccamente qualcuno sostiene, cercata e voluta; è subita, patita.

Se non si capisce che tutto quello che è accaduto dopo e ancora accade è il risultato, il frutto, di paura è difficile capire il resto; tutto quello che si dice e si può dire è vano. La premessa, ineludibile, è questa: il passato che è presente, possibile futuro. Ora si può provare ad andare avanti nel tentativo di capire: esercizio non facile ma che dovrebbe cercare di fare chiunque ha a cuore le ragioni della pace, della sicurezza, della civile convivenza nella democrazia e nel diritto.

Non è vero che il conflitto in Medio Oriente si “espande” come tanti dicono. Fin dal 7 ottobre era chiaro che Israele avrebbe operato su tre fronti: Gaza, cuore di Hamas; Libano e Siria, cuore Hezbollāh; Yemen cuore degli Houthi; e contro chi sostiene queste linee “calde”: l’Iran. È un unico conflitto, con varie fasi e priorità. Se ne sia consapevoli (consapevolezza non significa adesione; significa aver chiaro il contesto).

Di Hamas e di tutto quello che a Gaza Sinwar e i suoi tagliagole hanno saputo e potuto attuare, chi vuol sapere, sa. Il deprecato intervento in Libano: è vero o no che Hezbollāh ha costruito, senza contrasto alcuno, la sua capacità bellica nei villaggi di confine con Israele? Hezbollāh ha creato le condizioni che ha creato Hamas a Gaza, per analoghi attacchi in Israele. Questo è stato accertato. Può piacere o no, ma l’Idf ha scongiurato un nuovo 7 ottobre. Ci si informi, per favore.
A chi sostiene la giaculatoria: due popoli e due Stati.

Da Papa Francesco a tutti gli altri che lo dicono: questa ipotesi da una parte ha per interlocutore Israele; dall’altra? Chi dovrebbe rappresentare e “governare” lo Stato palestinese, con chi trattare? Hamas? Lo si dica. Oppure l’Autorità Nazionale Palestinese di Abu Mazen? Quell’Abu Mazen che non viene accettato dagli stessi palestinesi di Gaza; “governa” i territori della Cisgiordania grazie a un apparato corrotto e autoritario; non è credibile agli occhi stessi dei palestinesi. Chi dovrebbe esercitare l’effettivo controllo politico dello Stato palestinese? Quella parte di mondo arabo-sunnita che fa capo a Egitto, Emirati, Arabia Saudita? Come fare ingoiare il rospo all’Iran sciita? Ammesso ci si riesca, qualcuno vede operare in questo senso Egitto, Emirati, Arabia Saudita? O ci si aspetta che sia Israele a farsi carico della gestione di Gaza (lasciamo perdere Cisgiordania), in attesa che si formi, chissà quando, una credibile alternativa?

Netanyahu e il suo governo hanno mille gravissime colpe e responsabilità, ma nulla da dire sulla inerzia (quando va bene) di tutti i sedicenti sostenitori della causa palestinese? È una cosa abominevole quella che è accaduta e accade a Gaza, nei confronti della popolazione civile. Ma se i terroristi di Hamas e di Hezbollāh collocano i loro depositi di ordigni e missili all’interno di strutture civili, se i lanciamissili con cui si bombardano obiettivi civili di Israele sono dentro le abitazioni di Gaza, che si fa per neutralizzarle? Si può ricordare il coro di proteste indignate, quando Israele ha fatto ricorso a eliminazioni mirate grazie a cellulari e cerca persone? Si può ricordare che “dal fiume al mare” significa la sparizione di Israele dalla carta geografica?

Per tornare all’inizio di questo tentativo di discorso: tutto è conseguenza della paura provocata dal 7 ottobre. La società israeliana è divisa, ma questa paura è comune. Se si capisce questo, finalmente si capisce molto e si parla meno a vanvera.

Aggiornato il 27 novembre 2024 alle ore 16:31