La proposta dell’inviato speciale di un piano di spartizione del Sahara occidentale rinvigorirebbe l’eredità di un furto di terra spagnolo
Il conflitto tra Marocco e Algeria sul Sahara Occidentale dura ormai da quasi mezzo secolo. Nel Sahara Occidentale, la maggior parte dei residenti desidera la pace. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha istituito nel 1991 la Missione delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara Occidentale (Minurso) al fine di effettuare un censimento tra i residenti del Sahara Occidentale prima di indire un referendum per chiedere ai cittadini di esprimersi sul futuro status della regione. Non lo ha ancora fatto. Nel frattempo, la Minurso è costata alle nazioni donatrici centinaia di milioni di dollari essenzialmente per impiegare alcuni bengalesi, pakistani e russi la cui maggiore visibilità è nei bar e nei ristoranti delle città, e nei resort della regione.
Il Sahara occidentale è storicamente marocchino. Cinque delle otto dinastie regnanti in Marocco dalla fine dell’VIII secolo d.C. hanno governato altresì quello che oggi è il Sahara occidentale. La vera origine di un Sahara occidentale separato è da individuare sullo sfondo della Conferenza di Berlino del 1884-1885. La Spagna, non volendo essere esclusa dalla corsa all’Africa, sottrasse l’arido Sahara occidentale al Marocco, dividendolo in due territori: il Río de Oro a sud e il Saguia el-Hamra a nord. Le potenze europee hanno riconosciuto le rivendicazioni spagnole, ma la gente del posto non lo ha mai fatto. Dopo la crisi di Agadir del 1911, gli spagnoli istituirono dei protettorati su parti del Marocco, sia lungo la costa settentrionale, esclusa Tangeri, sia nelle aree del Sahara occupate dagli spagnoli; i francesi dominavano incontrastati ovunque altrove. Gli spagnoli non esercitarono mai realmente un controllo sufficiente per amministrare il Sahara fino al 1934, e solo allora ci riuscirono a malapena.
Il Marocco ottenne l’indipendenza nel 1956 e la Spagna rinunciò alle sue rivendicazioni sul Marocco settentrionale, fatta eccezione per due piccole enclavi. L’anno seguente, il Marocco avanzò formalmente la rivendicazione sul Sahara Occidentale per riunificare il Paese dopo la sua divisione coloniale. Mentre gli spagnoli si preparavano a evacuare, Rabat cercò l’avallo della Corte Internazionale di Giustizia della sua posizione assunta contro le rivendicazioni dell’Algeria, secondo cui il Sahara apparteneva invece al Fronte Polisario, un gruppo di facciata marxista che l’Algeria aveva creato per i suoi protettori sovietici solo un paio di anni prima, quando avevano visto i segnali di pericolo.
I giuristi internazionali raramente evitano di assumere le posizioni del proprio Paese, e questo era particolarmente vero durante la Guerra fredda. La conseguente decisione spaccò la Cortina di Ferro. Il presidente della Corte era polacco, un giudice sovietico e un altro proveniente dallo Stato africano satellite sovietico del Benin. Anche il giudice indiano era apertamente filo-sovietico, a favore del Movimento dei Paesi non allineati.
La Corte contestò l’affermazione del Marocco secondo cui il Sahara occidentale era di fatto vuoto quando gli eserciti spagnoli lo colonizzarono, ma ritenne a larga maggioranza che esistessero vincoli stretti tra il Sahara occidentale e il Regno del Marocco, in linea con le rivendicazioni del Marocco, e che diverse tribù saharawi erano fedeli al sultano marocchino.
Mentre la Spagna si preparava all’evacuazione, il Marocco non volle correre rischi. Organizzò la Marcia verde, inviando 350mila marocchini disarmati nel Sahara per reclamare la terra come loro. Per non essere da meno, il 27 febbraio 1976, il Fronte Polisario dichiarò che la Repubblica Democratica Araba dei Saharawi sosteneva che il Marocco era occupato illecitamente. L’Algeria appoggiò il gruppo che sosteneva di aver combattuto per liberare il suo Paese. Nel conflitto successivo persero la vita 7mila soldati marocchini e 4mila guerriglieri del Polisario, oltre a diverse migliaia di civili. I combattimenti indussero decine di migliaia di altre persone a sfollare. Il Marocco pose sostanzialmente fine al suo problema di terrorismo con un muro: un enorme sistema di terrapieni e trincee lungo 1.500 miglia. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica e un’offensiva finale fallita nel 1989, la leadership del Fronte Polisario riconobbe che, in mancanza sia del sostegno popolare che della forza militare, non avrebbe mai raggiunto i suoi obiettivi con la forza. Fu in questo contesto che l’Onu creò la Missione Minurso.
Quando divenne chiaro che il Fronte Polisario non aveva il sostegno popolare (i saharawi erano favorevoli alla relativa libertà del Marocco rispetto alla dittatura totalitaria del Polisario), l’Algeria cercò di manipolare il referendum registrando algerini non saharawi e saharawi senza radici nel Sahara Occidentale. Nel frattempo, il Marocco controllava funzionalmente il Sahara occidentale dal 1975. Nel 2020, gli Stati Uniti hanno riconosciuto la realtà dei fatti, dichiarando che il Sahara era parte integrante e indivisibile del Marocco.
E ora prendono la parola le Nazioni Unite. L’inviato speciale Staffan de Mistura, dopo aver fallito nel suo precedente portfolio della Siria, si occupa attualmente del Sahara Occidentale. La scorsa settimana, ha formalmente proposto di dividere il Sahara occidentale tra il Marocco e il Fronte Polisario. In sostanza, de Mistura prenderebbe un accordo pacifico e lo stravolgerebbe in un modo in cui gli unici beneficiari sarebbero lui stesso, il suo prestigio e il suo bilancio. La sua proposta tradisce i principi. Ai progressisti piace parlare di lotta agli insediamenti coloniali, ma ciò che farebbe il diplomatico di lungo corso è essenzialmente rinvigorire, anziché ribaltare, l’eredità di un furto di terra spagnolo. Né aiuterebbe coloro che si trovano nei campi profughi saharawi in Algeria. In una ripetizione del disastro dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati palestinesi, l’inviato Onu cerca di preservare l’organizzazione e con essa la crisi dei rifugiati stessa. Molti saharawi intrappolati nei campi profughi algerini desiderano tornare in Marocco, ma sia il Fronte Polisario che l’esercito algerino rifiutano di permetterglielo, per paura di smascherare la loro causa fittizia o di perdere l’accesso agli aiuti umanitari da cui trae profitto l’Algeria. Le azioni di de Mistura minacciano anche di sconvolgere la pace altrove, creando un precedente per le Nazioni Unite e gli aggressori turchi che violano il territorio cipriota con una divisione ingiusta.
La Minurso ha fallito. Il rifiuto del Segretario generale António Guterres di porre fine alle agenzie e alle missioni zombie è una macchia sul suo curriculum ed è prova di raggiro, inefficienza e abuso da parte delle Nazioni Unite. Se non farà la cosa giusta, è tempo che gli Stati Uniti, la Francia e altri amici del Marocco lo facciano detraendo il budget della Minurso dai loro contributi alle Nazioni Unite e che il Marocco dichiari tutti i dipendenti della Minurso personae non gratae.
(*) Tratto dal Middle East Forum
(*) Traduzione a cura di Angelita La Spada
Aggiornato il 29 ottobre 2024 alle ore 15:12