Mentre l’invasione russa su vasta scala dell’Ucraina si avvicina al suo 33° mese, non sono previsti cambiamenti drastici sul campo di battaglia. Le forze ucraine stanno avanzando lentamente nell’oblast russo di Kursk e stanno facendo pagare caro alle forze russe ogni piccolo avanzamento nel Donbas. Kyiv e Odesa sono sotto il fuoco degli attacchi missilistici russi, i droni ucraini colpiscono gli arsenali e i depositi di petrolio russi e spesso si verificano scambi di prigionieri di guerra, con gli Emirati arabi uniti (Eau) che svolgono il ruolo di intermediari. Nonostante le linee del fronte che si muovono lentamente e si registrino pochi cambiamenti sul campo di battaglia, le manovre ucraine dietro le quinte, in ambito politico multilaterale, si stanno intensificando.
Dopo aver presentato il suo “piano di vittoria” negli Stati Uniti, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha continuato il suo tour nelle principali capitali europee, visitando partner chiave che sostengono l’Ucraina, tra cui il Consiglio europeo. Venerdì 18 ottobre si è svolto anche a Bruxelles il summit dei ministri della difesa della Nato. La proposta del piano di Zelenskyy davanti alla Verkhovna Rada è stata accolta con applausi, sebbene alcune proposte nel piano rimangano riservate. Il fulcro del messaggio di Zelenskyy è che un cambiamento significativo nell’equilibrio delle forze sul campo di battaglia, è un prerequisito per un futuro secondo vertice di pace, se si vuole che lo stesso sia effettivamente proficuo. Zelenskyy rimane fiducioso che una tale svolta nella traiettoria della guerra sia realistica. Ciò si basa sul presupposto che un tale cambiamento potrebbe essere realizzato se l’Ucraina ricevesse un sostenuto flusso di aiuti militari esterni e la revoca delle restrizioni sugli attacchi con missili a lungo raggio forniti dagli alleati occidentali su obiettivi militari all'interno del territorio russo. Le idee riguardanti un cessate il fuoco, maggiori garanzie di sicurezza e persino un invito alla Nato stanno guadagnando terreno tra gli alleati europei dell’Ucraina. Tutti i possibili sviluppi su questo fronte sono attentamente monitorati da Mosca.
Un nuovo impulso all’offensiva diplomatica di Zelenskyy è stato dato dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Durante un viaggio in Germania, Biden ha incontrato diversi importanti leader europei, tra cui il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro britannico Keir Starmer, che hanno tutti dichiarato il loro inequivocabile sostegno all’Ucraina. Il gruppo riunito non ha commentato pubblicamente il piano della vittoria, sebbene i funzionari francesi sembrino spingere per invitare l’Ucraina ad unirsi alla Nato. Inoltre, non è stato fatto alcun annuncio formale in merito alla posizione della grande potenza sull’uso di missili a lungo raggio, sebbene in termini di efficacia militare, un tale cambiamento sarebbe più efficace se fatto dietro le quinte, in modo da preservare l’elemento sorpresa. La loro posizione comune equivaleva, tuttavia, a una ferma affermazione che la guerra costituisce una minaccia esistenziale per l’alleanza occidentale e non un conflitto locale che può essere gestito con una diplomazia intelligente e risolto con un compromesso territoriale.
Gli esperti a Mosca cercano di sminuire questo messaggio, affermando che gli europei non sono pronti a pagare per la propria difesa né a farsi carico del peso di sostenere l’Ucraina. Questo argomento, tra i principali della narrativa di Mosca, che vorrebbe una coalizione occidentale frammentata sarà al centro anche del vertice dei Brics (raggruppamento politico-economico originariamente composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) in programma dal 22 al 24 ottobre a Kazan, in Russia. Il Cremlino ha incaricato i suoi propagandisti di enfatizzare al massimo la valenza politica di questo incontro. Mosca sta prendendo ogni possibile misura per far apparire speciale questa occasione, in quanto il presidente russo Vladimir Putin probabilmente salterà il prossimo vertice dei Brics in Brasile. Ciò è dovuto all’obbligo cui dovrebbe sottostare il Paese di eseguire il mandato di arresto della Corte penale internazionale nei confronti di Putin qualora dovesse presentarsi di persona. Una situazione analoga a quella del 2023, quando – al vertice in Sudafrica – Putin scelse di partecipare solo virtualmente.
Mosca cerca di proiettare un’immagine di sé come “potenza” interessata a porre fine alla guerra e propensa ad accogliere l’iniziativa di pace avanzata dalla Cina e sostenuta dal Brasile. Questa visione è, tuttavia, palesemente falsa e i leader degli Stati chiave in Africa, America latina e Medio Oriente sanno perfettamente come la Russia sia abile nello sfruttare i conflitti violenti in tutto il mondo e sia essa stessa promotrice di instabilità globale. Questi Paesi possono ritenere che il piano di pace di Zelenskyy sia eccessivamente ottimistico, ma non possono non rendersi conto della lampante assenza di un piano di pace russo. Questa circostanza suggerisce che Putin sia incamminato su un percorso di guerra permanente. L’arrivo dei soldati delle forze speciali della Corea del Nord non può che confermare questa conclusione.
Ulteriori prove possono essere trovate nel bilancio statale russo del 2025, che stanzia finanziamenti molto maggiori per il settore della difesa rispetto a quanto inizialmente pianificato. Per la prima volta, il nuovo bilancio prescrive tagli significativi alle spese per l’istruzione, le pensioni e altri programmi sociali. I partner della Russia nel Sud del mondo, sebbene inclini a dare per scontate le rassicurazioni del Cremlino sulla stabilità interna, non possono non vedere le conseguenze malsane della militarizzazione economica della Russia. Tale militarizzazione ha causato l’esclusione della Russia dalla maggior parte dei percorsi di innovazione tecnologica, lasciando il Paese incapace di investire le risorse necessarie nel settore energetico di importanza cruciale.
È vero, il presidente Zelenskyy chiede uno sforzo maggiore dalla coalizione occidentale per consolidare il sostegno all’Ucraina, pur consapevole delle divisioni sociali che potrebbero derivare dal destinare maggiori risorse alle spese per la difesa nei Paesi occidentali. La sua perseveranza, tuttavia, rappresenta uno sforzo per rimanere sulla giusta strada se si vuole raggiungere una pace giusta e sostenibile, che garantisca sicurezza e prosperità non solo all’Ucraina, ma anche per tutti gli Stati attualmente costretti a pagare i costi del proprio riarmo e per sostenere Kyiv.
(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza
Aggiornato il 22 ottobre 2024 alle ore 11:54