Piove sempre sul bagnato. L’uragano di categoria 1, denominato Oscar, ha colpito Cuba con venti fino a 120 chilometri orari e potenti mareggiate. Negli ultimi giorni, l’evento atmosferico estremo ha perso intensità fino a diventare una tempesta tropicale – cosa che nell’Isola non è affatto sconosciuta – e sta pian piano tornando nei ranghi. Il vero problema, è che Oscar è arrivato durante il più lungo blackout mai sostenuto dai cubani nella loro storia. Un’interruzione di corrente volontariamente indotta nel più ampio schema scientifico di stacca quello per attaccare questo, ha portato il popolo dell’Isola ad alzare la voce. E il presidente Miguel Díaz-Canel ha avvertito che il suo governo “non tollererà turbative dell’ordine pubblico”. Vestito con l’uniforme militare, ha preso di mira – parlando al telegiornale – coloro che hanno “cercato di provocare disturbi all’ordine pubblico”, aggiungendo che “tutti i responsabili dei disordini saranno perseguiti con la severità prevista dalle leggi rivoluzionarie”. Secondo l’Esecutivo cubano l’energia sarà ripristinata entro stasera, almeno per la maggior parte della popolazione. Il ministro dell’Energia e delle Miniere, Vicente de la O Levy, ha detto ai giornalisti che “l’ultimo utente potrebbe ricevere l’energia martedì”.
L’uragano Oscar sconvolgerà, nel futuro prossimo, anche l’economia cubana, che già sta affrontando una delle peggiori crisi economiche ed energetiche della sua storia recente. Anche perché Pechino, uno dei principali interlocutori tout court dell’Isola, si è stancato di aspettare che l’Havana cambi marcia e adotti qualche elemento di economia di mercato. Certo, l’embargo americano c’è, come anche ci sono le risorse naturali, che vengono mal sfruttate dal regime rivoluzionario. Vista la mancanza di investimenti, la produzione di elettricità dell’Isola proviene principalmente da otto centrali termoelettriche usurate, alcune delle quali sono in funzione da più di 40 anni e sono costantemente in panne o in manutenzione. Quindi, per integrare il sistema l’Esecutivo ha affittato (con i già pochi soldi dei cittadini) cinque impianti galleggianti in leasing da società turche e alcuni generatori a combustibile. Non solo, ma l’isola caraibica dipende principalmente dal petrolio importato dal Venezuela, il suo principale alleato, che paga in parte con l’invio di medici, ma che ha ridotto le sue forniture da 100mila barili al giorno nel 2016 a una media di 56mila barili al giorno nel 2021.
Il governo cubano ha anche ammesso di dover diversificare la propria matrice energetica, provando ad avviare iniziative per mettere le mani sulle energie rinnovabili. Ma il problema è a monte, visto che il sistema Paese dell’Isola non è propriamente incline agli investimenti stranieri, e l’embargo di Washington – oltre a inasprire la situazione – può diventare un capro espiatorio per dare il via libera al governo cubano per proseguire sulla sua strada. Ed ecco che si sono fatte sentire a Cuba, nella notte di sabato, le prime chiare proteste della popolazione: decine di persone sono scese in piazza in varie parti dell’Isola sbattendo le pentole e intonando cori contro l’Esecutivo che li ha lasciati per diversi giorni senza corrente.
Aggiornato il 21 ottobre 2024 alle ore 14:20