La guerra continua, fra pressioni internazionali. I miliziani filo-iraniani hanno confermato di aver bombardato un carro armato israeliano. Il veicolo militare si trovava in un villaggio al confine libanese. Nel frattempo, le Forze di difesa dello Stato ebraico avrebbero colpito intensamente il municipio di Nabatiyeh. Lo ha reso noto Tel Aviv. Sarebbero stati “una quindicina”, secondo fonti libanesi, i raid dell’Idf, che avrebbero causato la morte di almeno cinque persone. E il gabinetto del governo di Benjamin Netanyahu dovrebbe aver deciso su come rispondere all’attacco del primo ottobre di matrice iraniana. Secondo una rivelazione dell’emittente statunitense Cnn, alcuni funzionari israeliani – insieme al primo ministro – avrebbero assicurato agli Stati Uniti che il contrattacco sarà limitato ad obbiettivi militari, come già avevano confermato nei giorni scorsi, e non a impianti petroliferi o nucleari.
Tel Aviv non ha gradito la nota arrivata dall’amministrazione di Joe Biden, che ha esercitato “una pressione massiccia sulla questione umanitaria che è sbagliata e alla fine ci costringerà a prolungare i combattimenti”, ha spiegato Amichai Chikli, il ministro per gli Affari della diaspora in quota Likud, il partito di Bibi Netanyahu. “Gli aiuti umanitari, in molti casi, finiscono nelle mani sbagliate. Inoltre, la pratica che consente ai civili di spostarsi in aree sicure è conforme al diritto internazionale”, ha detto il ministro. Per Amichai Chikli “purtroppo, sembra ci siano in gioco anche considerazioni interne americane”, come riportato dall’emittente britannico Bbc.
Comunque sia, dopo la lettera di domenica scorsa del governo a stelle e strisce che chiedeva a Tel Aviv di aumentare l’acceso degli aiuti a Gaza, pena il taglio di parte dell’assistenza militare statunitense, alcuni convogli umanitari sono entrati nel nord di Gaza. Sarebbero i primi in due settimane, secondo le stime del Cogat (un organismo israeliano che supervisiona i territori palestinesi e coordina gli aiuti). 145 camion contenenti cibo, prodotti per l’igiene, latte in polvere per neonati e attrezzature per rifugi, sono entrati a Gaza attraverso i valichi di Kerem Shalom ed Erez.
Anche l’Iran ha chiesto alla comunità internazionale una maggiore pressione su Israele, per evitare il prolungamento della guerra. Velleità umanitarie a parte, probabilmente Teheran ha capito che un conflitto di media-lunga durata comporterebbe la totale disfatta e annichilamento delle sue milizie. E quindi il presidente Masoud Pezeshkian spera che i sostenitori di Tel Aviv fermino “la macchina di morte e crimine del regime a Gaza e in Libano”. Il capo di Stato ha fatto quest’osservazione al telefono con il sultano Haitham bin Tariq, sperando in un rafforzamento dei popoli “fratelli musulmani” – che fratelli non son mai stati – così che “il regime israeliano non oserà commettere crimini così facilmente, e anche gli Stati Uniti e altri Paesi occidentali interromperanno il loro sostegno al regime”, ha affermato Pezeshkian.
Aggiornato il 16 ottobre 2024 alle ore 13:55