Il Sudan è il nuovo proxy dell’Iran

L’Iran, dopo aver assistito ai danni inflitti a Hamas e Hezbollah, due dei suoi maggiori proxies, punta a un nuovo agente, una sorta di “premio di consolazione” da utilizzare come base operativa complementare: il Sudan.

Da qualche tempo, la Repubblica islamica sta cercando di stabilire un porto nella principale città costiera del Sudan, Port Sudan. La strategia di Teheran di sostenere altri Paesi e gruppi terroristici, infiltrandosi in essi, come ha fatto in Iraq, in Siria, a Gaza, in Libano,  in Venezuela e in Yemen, sembra essere l’ennesima estensione della sua strategia di spostarsi in territori con governi deboli o instabili, espandere la propria influenza in tutto il Medio Oriente, creare nuovi fronti per le sue campagne finalizzate a distruggere Israelefar crollare l’ordine mondiale guidato dall’Occidente.

Un importante porto e punto d’appoggio in Sudan consentirà all’Iran di raggiungere due dei suoi obiettivi: continuare ad accerchiare Israele in un “anello di fuoco” aprendo un altro fronte da cui attaccare la piccola nazione ebraica da sud-ovest e controllare ulteriormente tutte le spedizioni internazionali nel Mar Rosso. Attualmente, la maggior parte delle navi, impossibilitate a stipulare una polizza assicurativa a causa dei grandi disagi causati dagli Houthi, un altro proxy iraniano, è costretta a circumnavigare il continente africano piuttosto che passare per il Canale di Suez. Questa deviazione costa a ogni nave fino a 800 mila dollari in più per ogni viaggio. Il traffico commerciale nel Mar Rosso è di conseguenza diminuito dell’80 per cento.

Di recente, la ricca milizia privata iraniana, il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Irgc), ha stabilito una solida relazione con il generale Abdel Fattah al-Burhan, capo delle Forze Armate Sudanesi (Saf). Per più di un anno, l’Irgc è stato impegnato a combattere i paramilitari delle Forze di Supporto Rapido (Rsf), gruppo guidato da  Mohamed Hamdan Dagalo, noto come Hemedti. Nel 2019, i due generali avevano collaborato per organizzare un colpo di Stato, ma 17 mesi fa hanno iniziato a scontrarsi. La scorsa settimana, le Saf hanno lanciato un’offensiva per riprendere il controllo della capitale sudanese, Khartoum.

Nell’agosto scorso, sono stati convocati dei colloqui di pace volti a porre fine alla guerra civile tra le Forze Armate Sudanesi e le Forze di Supporto Rapido. L’inviato speciale degli Stati Uniti per il Sudan Tom Perriello ha scritto su X che le delegazioni delle Rsf, dell’Unione Africana, delle Nazioni Unite e dell’Egitto si sono riunite a Ginevra per colloqui promossi dagli Stati Uniti. L’ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite Linda Thomas-Greenfield ha salutato il nuovo ciclo di negoziati come un passo importante per porre fine alla sanguinosa guerra.

Tuttavia, le Forze Armate Sudanesi, guidate da al-Burhan, sebbene invitate, non sono state rappresentate. “Non andremo a Ginevra”, ha detto al-Burhan ai giornalisti presenti a Port Sudan in quel momento. “Combatteremo per cento anni”, ha aggiunto.

Al-Burhan si è comunque presentato di recente all’Onu, dicendosi pronto ad avviare negoziati. Perché non ha rispettato l’offerta degli Usa e della comunità internazionale quando gli hanno dato questa opportunità a Ginevra? L’episodio potrebbe denotare una mancanza di sincerità?

Nel frattempo, l’Irgc, mentre lavorava per stabilire una base navale a Port Sudan, ha fornito alle Saf droni e attrezzature militari avanzate. Questo supporto fa sì che il Sudan si collochi come una possibile nuova base operativa per l’Iran contro Israele. La strategia di Teheran di insediarsi in nazioni deboli o instabili, come il Sudan, sembra un chiaro tentativo di duplicare la sua proliferazione di Stati “proxies”, di espandere la sua portata e creare nuovi fronti nella sua lotta globale contro l’Occidente.

La minaccia, tuttavia, non si ferma a Israele: l’obiettivo finale dell’Iran sono chiaramente gli Stati Uniti. Gli slogan “Morte a Israele” e “Morte all’America”, sono aspirazioni che il regime iraniano propugna da quando l’ayatollah Ruhollah Khomeini rovesciò lo Scià con la Rivoluzione islamica del 1979, e giurò: “Esporteremo la rivoluzione in tutto il mondo. Finché il grido: ‘Non vi è altro Dio fuorché Allah’ non risuonerà in tutto il mondo, ci sarà lotta”. [1]

Dichiarando apertamente la sua ambizione di dominare il Medio Oriente e di cacciare le forze statunitensi dalla regione, presumibilmente per rendere più facile il raggiungimento di tale obiettivo, l’Iran cerca da 40 anni, attraverso la forza e l’intimidazione, di dominare i suoi vicini in Medio Oriente, non solo Israele, ma anche l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti.

Inoltre, le milizie e i proxies dell’Iran hanno sparato contro le truppe americane presenti nella regione più di 160 volte solo nell’ultimo anno, senza ricevere alcuna risposta da parte degli Stati Uniti. La Repubblica islamica ha inoltre esteso la sua portata in Africa, soprattutto con la crescente collaborazione di due potenti alleati: la Cina e la Russia.

L’influenza iraniana non è attualmente limitata a nessuna regione. Teheran, ad esempio, ha “esportato la rivoluzione” nell’emisfero occidentale, in particolare, come detto, in Venezuela, una base ideale da cui vessare il “Grande Satana”, specialmente quando l’Iran avrà armi nucleari, che a quanto si dice sono prossime ad essere “rivelate”.

Paradossalmente, Cina e Russia sembrano usare l’Iran come loro proxy, come “battistrada”, in una più ampia gara geopolitica, distraendo gli Stati Uniti mentre perseguono i propri obiettivi strategici. Teheran, tramite il suo agente Hezbollah, ha anche attivamente ampliato la sua presenza in tutta l’Africa, creando potenziali minacce al personale e agli interessi occidentali come parte di una strategia di escalation orizzontale.

Mentre l’attenzione della Repubblica islamica rimane in gran parte rivolta al Medio Oriente, le sue reti finanziarie in Africa, sostenute dall’ampio coinvolgimento di Hezbollah in attività illecite, come riciclaggio di denaro, contrabbando e raccolta fondi dalla diaspora libanese, ne fanno una minaccia latente. La presenza di Hezbollah in Paesi come Guinea, Sierra Leone e Repubblica Democratica del Congo fornisce al movimento e all’Iran le risorse finanziarie per smantellare gli interessi degli Stati Uniti in Africa. In caso di tensioni future, Teheran potrebbe sfruttare queste risorse per intensificare i conflitti prendendo di mira gli interessi occidentali nel continente.

Questa nuova, potenziale espansione territoriale da parte dell’Iran, in collaborazione con Russia e Cina, rappresenta un’altra seria minaccia alla sicurezza non solo per Israele, ma anche per l’intera regione e per gli Stati Uniti. Si spera che il governo statunitense, e chiunque vinca le elezioni di novembre, presterà attenzione immediata a questa criticità emergente.

[1] 11 febbraio 1979 (secondo Dilip Hiro in The Longest War p.32) p.108 da Excerpts from Speeches and Messages of Imam Khomeini on the Unity of the Muslims.

(*) Tratto dal Gatestone Institute

(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada

Aggiornato il 08 ottobre 2024 alle ore 09:25