Mahsa Amini moriva due anni fa

Sono passati due anni dalla morte di Mahsa Amini, la ventiduenne curdo iraniana arrestata nel 2022 per non aver rispettato il rigido codice di abbigliamento islamico e morta dopo tre giorni di agonia a seguito delle percosse subite: due anni di proteste, di esecuzioni su larga scala, di parenti in lutto perseguitati ma soprattutto di impunità dei colpevoli. Questo è il ritratto dell’Iran oggi.

E sono tanti gli attivisti antiregime che sperano che questa morte, insieme a tutte le altre, non rimanga vana. Il suo sacrificio due anni fa ha fatto nascere il movimento “Donna, Vita, Libertà”, a distanza di 24 mesi trentaquattro donne, prigioniere politiche nel terribile carcere iraniano di Evin, hanno iniziato lo sciopero della fame.

La notizia è stata diffusa dalla Fondazione del Premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi, anche lei in prigione a Evin dal novembre del 2021, che si è battuta contro l’obbligo di indossare l’hijab e la pena di morte in Iran. “Ribadiamo il nostro impegno per l’affermazione della democrazia, della libertà e dell’uguaglianza e per la sconfitta del dispotismo teocratico. Oggi alziamo più forte la nostra voce e rafforziamo la nostra determinazione”.

Ogni assembramento è stato vietato dalla Polizia Morale e, anche se le proteste sono scemate negli ultimi mesi, continuano repressioni ed esecuzioni da parte del regime nel tentativo di soffocare anche gli ultimi aneliti di dissenso.

Una missione d’inchiesta delle Nazioni Unite a marzo di quest’anno ha definito la repressione delle manifestazioni da parte delle autorità un “crimine contro l’umanità”. Roya Boroumand, cofondatrice del Centro Abdorrahman Boroumand, ha dichiarato: “A due anni dalle proteste, i leader della Repubblica islamica non hanno ripristinato lo status quo ante né recuperato la legittimità perduta”. E, anche nel silenzio dei media a livello mondiale, alcune coraggiose voci continuano a levarsi contro questo scempio alla dignità umana.

Aggiornato il 16 settembre 2024 alle ore 17:18