“Ostinatamente cieco”: l’Amministrazione Biden ha ignorato i ripetuti avvertimenti militari
Secondo un nuovo rapporto del Congresso, l’insistenza del presidente Joe Biden a ritirarsi completamente dall’Afghanistan a qualunque costo, nonostante i ripetuti moniti lanciati dall’esercito e dagli alleati della Nato, ha esposto le forze militari americane a minacce alla sicurezza e ha consentito ai talebani di trasformare rapidamente il Paese in un rifugio sicuro per i terroristi. Seguendo l’esempio dello stesso Biden, alti funzionari del Dipartimento di Stato erano determinati a far uscire dall’Afghanistan tutte le truppe statunitensi entro l’11 settembre 2021, indipendentemente dalla situazione della sicurezza sul campo o dal rispetto da parte dei talebani dell’accordo di Doha precedentemente negoziato, si legge in un rapporto di 354 pagine, redatto dalla maggioranza repubblicana della Commissione per gli Affari Esteri della Camera. L’Amministrazione Biden ha ignorato gli avvertimenti in merito al fatto che i talebani non avrebbero rispettato la loro parte dell’accordo negoziato dall’Amministrazione Trump diversi anni prima, così come ha ignorato il consiglio di numerosi alti funzionari militari e alleati della Nato di riconsiderare il ritiro dall’Afghanistan.
“Biden ha manifestato sfiducia nei confronti degli esperti e dei consiglieri militari americani e ha dato priorità alla politica e alla sua eredità personale rispetto agli interessi della sicurezza nazionale americana”, osserva il rapporto. Il report del Gop della Commissione per gli Affari Esteri è frutto di un’indagine che ha incluso pubbliche audizioni, interviste trascritte a parte chiuse e l’analisi di oltre 20mila pagine di documenti del Dipartimento di Stato, nonostante l’ostruzionismo e l’offuscamento da parte dell’Amministrazione Biden a ogni piè sospinto. Il rapporto attribuisce una parte significativa della colpa del maldestro ritiro alla decisione del Dipartimento di Stato di ignorare gli alti funzionari militari che avevano ripetutamente avvertito che se le truppe dovevano essere ritirate rapidamente, anche il personale diplomatico avrebbe dovuto essere ritirato altrettanto velocemente per motivi di sicurezza. Ma entrambe queste argomentazioni sono cadute nel vuoto, secondo il rapporto. Zalmay Khalilzad, il diplomatico responsabile dell’accordo di Doha, è accusato di aver escluso il Governo afghano dai negoziati e di aver liquidato le preoccupazioni in merito al fatto che i talebani fossero partner negoziali in malafede.
Il rapporto accusa Khalilzad di aver tenuto all’oscuro i leader militari durante i negoziati e di aver minato la legittimità del Governo afghano, accuse da lui controbattute sui social media prima della pubblicazione del rapporto. “Non è stato raggiunto alcun accordo su nessuna questione militare senza previa conoscenza dei nostri leader militari e la loro partecipazione alle decisioni prese dai nostri leader”, ha affermato Khalilzad su X. Contro il parere degli alti vertici militari Usa, l’ambasciatore americano in Afghanistan Ross Wilson e il segretario di Stato Antony Blinken caldeggiarono l’opzione di mantenere aperta l’ambasciata statunitense a Kabul, una decisione che il generale Kenneth McKenzie ha definito “l’errore fatale” dietro il caos in Afghanistan. I funzionari del Dipartimento di Stato mitigarono e riscrissero i moniti da parte della sicurezza diplomatica e del Pentagono in merito al piano di mantenere aperta l’ambasciata, al fine di nascondere la grave precarietà della situazione. “Questo rapporto dimostra che gli alti funzionari dell’Amministrazione Biden-Harris sono stati deliberatamente ciechi ai moniti sulla degradante situazione della sicurezza sul campo dati loro dal personale militare statunitense, dalle valutazioni dell’intelligence statunitense, dai report dei media americani e internazionali e dal personale del Dipartimento di Stato a Kabul che nel luglio 2021 ha inviato un dissent channel cable. Piuttosto, hanno costantemente dato priorità all’ottica di mantenere aperta l’ambasciata statunitense rispetto alla sicurezza del personale diplomatico”, si legge nel rapporto.
Wilson mostrò altresì poco interesse alla pianificazione di emergenza per un’operazione di evacuazione dei non-combattenti (Neo), una mossa che il Dipartimento di Stato considerò un fallimento politico e a cui ricorse solo quando i talebani iniziarono a marciare su Kabul, la capitale della nazione. Agli occhi del generale Mark Milley, “l’errore fondamentale” del ritiro fu il fatto che Wilson non chiese un’evacuazione di emergenza fino al 15 agosto e, quando finalmente lo fece, gli Stati Uniti non l’avevano pianificata completamente. La ferma opposizione di Wilson all’evacuazione del personale non militare spinse i membri dello staff a tenere riunioni segrete per discutere le emergenze in privato. “L’indagine ha rivelato che alti funzionari del Dipartimento di Stato e dell’Nsc hanno equiparato una Neo a un fallimento. Ciò spiega, in parte, la decisione di mantenere aperta l’ambasciata di Kabul a prescindere dai costi e dal loro rifiuto di pianificare (un’operazione di evacuazione dei non-combattenti)”, afferma il rapporto.
Non c’era alcuna evacuazione pre-pianificata per uno scenario in cui i talebani avrebbero preso il controllo del Paese. Un altro grave errore è stata la decisione di ritirare i contractor insieme alle truppe statunitensi, una mossa che ha notevolmente danneggiato le operazioni militari afghane e ha reso più facile per i talebani guadagnare rapidamente terreno senza incontrare alcuna resistenza da parte delle forze locali. Durante il ritiro, documenti top secret e sistemi classificati furono abbandonati, mentre seguivano pandemonio e caos. Un dipendente dell’ambasciata ha affermato in seguito che i talebani utilizzarono le informazioni riservate che erano state abbandonate in loco. All’aeroporto internazionale Hamid Karzai, la Neo non pianificata e la rapida riduzione delle truppe militari contribuirono alla chiusura dell’aeroporto per 48 ore, fino a quando una forza statunitense non rivendicò l’area. Il Dipartimento di Stato continuò ad avere difficoltà ad evacuare i civili, sia americani che alleati afghani, lasciando soltanto un manipolo di funzionari consolari in loco a prendere decisioni basate su messaggi contrastanti provenienti dal personale della sicurezza nazionale.
Di tutti gli eventi che ruotano attorno al ritiro dall’Afghanistan, nessuno è stato più oneroso in tributo di sangue dell’attentato suicida all’aeroporto in cui persero la vita 185 persone, tra cui 13 marines americani, e rimasero feriti 45 militari statunitensi. Secondo il rapporto, l’esercito preferì lasciare una porta aperta nonostante una valutazione di sicurezza avesse rilevato che era a più alto rischio di attacco. L’Amministrazione Biden non ebbe nemmeno la volontà politica di condurre operazioni mirate ai membri dell’Isis-K, il gruppo terroristico autore dell’attentato, affidandosi piuttosto ai talebani per la sicurezza oppure, nelle parole del rapporto, “si è affidata ai terroristi per catturare altri terroristi”. Attualmente, il regime terroristico dei talebani sovrintende alle dilaganti violazioni dei diritti umani in tutto l’Afghanistan e nega alle donne libertà fondamentali come la possibilità di ottenere un’istruzione di base o di viaggiare da sole. I talebani continuano a tenere in ostaggio gli americani e a compiere omicidi per vendetta contro ex funzionari del governo afghano. Oltre ai talebani, gruppi terroristici come l’Isis e al-Qaeda hanno una presenza attiva nel Paese per espandere le operazioni e pianificare potenziali attacchi terroristici.
“La nostra indagine rivela che l’Amministrazione Biden-Harris aveva le informazioni e l’opportunità di adottare le misure necessarie per pianificare l’inevitabile crollo del governo afghano, così da poter evacuare in sicurezza il personale statunitense, i cittadini americani, i titolari di green card o carte verdi e i nostri coraggiosi alleati locali. In ogni fase del percorso, tuttavia, l’Amministrazione ha preferito la visione alla sicurezza”, ha affermato Michael McCaul in una dichiarazione. Come conseguenza diretta della mancata pianificazione di tutti gli imprevisti, 13 militari statunitensi e 170 afghani rimasero uccisi in un attacco terroristico ad Abbey Gate, il 26 agosto 2021, e altri 45 militari americani e innumerevoli civili afghani feriti. Ciò era prevedibile. Il membro del Congresso Gregory Meeks (democratico di New York), elemento di spicco della Commissione per gli Affari Esteri, ha scritto una nota di smentita in cui accusa i Repubblicani della Camera di politicizzare il ritiro dall’Afghanistan e di preoccuparsi di evitare di biasimare Donald Trump. L’Amministrazione Biden continua a difendere la decisione di porre fine alla guerra in Afghanistan dopo vent’anni. L’ex investigatore senior della Commissione per gli Affari Esteri Jerry Dunleavy, giornalista conservatore e autore di un libro sul ritiro dall’Afghanistan, si è dimesso pubblicamente dal suo incarico prima della pubblicazione del rapporto e ha accusato il presidente della Commissione Michael McCaul (repubblicano del Texas) di aver intenzionalmente tenuto lontano dal fuoco incrociato il personale militare e la vicepresidente Kamala Harris.
Il maldestro ritiro dall’Afghanistan è stato un momento cruciale nel mandato del presidente Biden, che ha posto fine alla sua luna di miele e ha fatto precipitare il suo indice di gradimento in una spirale discendente dalla quale non si è mai ripreso del tutto. Secondo il procuratore speciale Robert Hur, il quale ha discusso della questione afghana con Biden durante un colloquio avuto nell’ambito della sua indagine sui documenti riservati, Joe Biden era personalmente intenzionato a lasciare l’Afghanistan e si sentiva più coinvolto nella questione rispetto alla maggior parte degli altri con cui l’inquilino della Casa Bianca ha avuto a che fare durante la sua presidenza. Biden era particolarmente ossessionato dalla sua opposizione all’aumento delle truppe, attuato mentre era vicepresidente sotto l’Amministrazione Obama, nel 2009. Hur ha scoperto che Biden conservava “materiale che documentava la sua opposizione all’aumento delle truppe, tra cui un promemoria riservato scritto a mano che aveva inviato al presidente Obama durante la festa del Ringraziamento del 2009 e relativi documenti classificati”, una visione che Biden pensava avrebbe trovato riscontro nel tempo.
All’inizio di quest’anno, Hur ha dichiarato che Biden “ha conservato volontariamente” carte riservate relative alla politica statunitense nei confronti dell’Afghanistan, inclusi documenti riservati contenenti segreti militari e di sicurezza nazionale. Il suo rapporto finale sull’indagine è diventato un altro momento cruciale nella presidenza Biden a causa della spontanea descrizione fatta da Hur dell’apparente declino mentale di Biden. Le ricadute politiche del ritiro mal gestito dall’Afghanistan stanno ora perseguitando la campagna presidenziale della vicepresidente Kamala Harris a causa del ruolo chiave che lei afferma di aver avuto nella decisione all’epoca. Consapevole del rischio politico associato alla decisione del ritiro, la campagna di Harris sta ora incolpando Trump per non aver presumibilmente dato all’Amministrazione Biden abbastanza tempo per pianificare adeguatamente il ritiro. I familiari Gold Star di alcuni dei marines caduti in Afghanistan hanno fortemente criticato Harris per averli ignorati e per il suo ruolo nel ritiro dall’Afghanistan voluto dall’Amministrazione Biden. Le famiglie hanno parlato alla Convention nazionale repubblicana e hanno elogiato Trump per averli incontrati e aver ascoltato il loro dolore. Trump ha fatto visita insieme alle famiglie Gold Star al cimitero nazionale di Arlington per celebrare il terzo anniversario del ritiro, un evento che è passato al vaglio dei Democratici a causa di una presunta lite tra lo staff di Trump e un funzionario del cimitero.
(*) Tratto dal National Review
(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada
Aggiornato il 12 settembre 2024 alle ore 10:44