Quando si osservano le modalità operative degli Stati occidentali e arabo-musulmani in Africa si riscontrano spesso delle similitudini, date soprattutto dal retaggio coloniale e proto-coloniale, che ha legato il popolo africano in un sistema di sfruttamento globalizzato, con un sistematico processo di annichilimento o sostituzione delle tradizioni culturali espresse da tutti i punti di vista, compresa “l’ideologia spirituale”. La centenaria presenza della Cina in Africa ha invece rappresentato una modalità apparentemente non invasiva, dal punto di vista dello sfruttamento – anche considerando l’enorme acquisizione di chilometri quadrati di suolo africano – ma molto penetrante da quello ideologico-politico.
Il Pcc, Partito comunista cinese, non influenzando militarmente gli Stati africani, ha così optato per la modalità ideologica, ben conscio della sua potenzialità plagiante, con l’obiettivo di forgiare politicamente l’élite africana. Così il prestigioso campus-scuola Julius Nyerere, posizionato alcune decine di chilometri a ovest di Dar es Salaam in Tanzania, è diventato il simbolo più appariscente della cooperazione tra il Partito comunista cinese e i partiti al potere nell’Africa meridionale. La cerimonia di inaugurazione dell’istituto Julius Nyerere, struttura edificata da una società cinese e offerta “gratuitamente” dal Pcc alla Tanzania, è stata celebrata a febbraio 2022. In quella occasione, fu trasmesso un messaggio del presidente Xi Jinping, che ha elogiato i rapporti sino-africani.
Ma chi sono i docenti che operano in questo istituto? Le lezioni ed i seminari, regolarmente pianificati, sono tenuti da insegnati provenienti dalla Scuola centrale del Partito comunista, dalle università cinesi, generalmente con indirizzo agronomico, e alcuni formatori sono anche africani. A giugno 2023, la Cina aveva già formato quasi 140 dirigenti politici provenienti da sei paesi africani: oltre la Tanzania, Mozambico, Namibia, Sudafrica, Zimbabwe e Angola, i cui partiti più importanti sono “abbracciati” ideologicamente al Pcc. I docenti e i leader africani, accomunati ideologicamente ai colleghi cinesi, hanno operato sia per una autonomia nazionale o contro l’apartheid, sia per essersi distinti nel voler mantenere l’indipendenza conquistata, ma soprattutto per essere ancora oggi coinvolti in questioni legate ad azioni politiche di stampo “comunistico”.
Ad esempio a ottobre 2023 fu organizzata dal partito Chama Cha Mapinduzi, ideologicamente strutturato sul socialismo africano, e principale organizzazione politica tanzaniana, con la supervisione dal Dipartimento internazionale del comitato centrale del Pcc, una conferenza dal titolo Shaping a common future, workshop for young Ccm leader. Questo evento è programmato nuovamente in Tanzania dal 29 settembre al 4 ottobre 2024. In questo contesto, i vessilli dei sei Paesi africani citati, Tanzania, Mozambico, Namibia, Sudafrica, Zimbabwe e Angola, sventolavano vicini alla bandiera rossa con la falce e martello del Pcc.
Queste operazioni estremamente strategiche del partito-stato cinese, che portano a scambi convinti e costruttivi con gli stati dell’Africa meridionale soprattutto, permettono di normalizzare e consolidare il modello cinese, che è fortemente criticato in Occidente per la manipolazione o l’assenza del voto e dello Stato di diritto. Concetti che dovrebbero essere letti non come un valore universale, ma con modalità relativistica. È evidente che politicamente Pechino vuole favorire questi partiti, con forti caratteristiche comunistiche, istruendo i loro migliori rappresentati al fine che restino al potere o che lo assumano, formando, quindi, i quadri nazionali con il modello cinese, in questo modo la Cina acquisisce anche una enorme influenza a livello politico.
È evidente che il Pcc, partito-stato, ritiene di non avere nulla da imparare dall’Occidente. E che questi importanti impegni mirati allo sviluppo economico di questi Paesi africani, tendono a dimostrare che una alternativa esiste ed è potente. Infatti offre al continente africano, e non solo, un modello competitivo e alternativo alle democrazie. Modello che acquisisce una obiettiva legittimità particolarmente per i risultati che ottiene. È chiaro che l’obiettivo di stabilire “il potere del partito”, non è limitato al campus-scuola Julius-Nyerere in Tanzania. Ricordo che nel 2019 è stato inaugurato ad Addis Abeba, sede dell’Unione africana, l’Istituto Cina-Africa, collegato con l’Accademia cinese delle Scienze sociali a Pechino, fulcro del programma di diffusione dell’ideologia di Pechino in tutto il continente africano.
Ma anche il partito che domina in Kenya, denominato Alleanza democratica unita, a maggio ha inviato i suoi dirigenti in Cina. In questa occasione è stato proposto di costruire a Nairobi una scuola del partito per giovani leader politici. Inoltre il comando dell’Esercito popolare di liberazione, con sede nella città cinese di Nanchino, accoglie sistematicamente i migliori ufficiali delle forze militari africane.
Così in Zimbabwe, la Cina ha garantito al partito al potere, Zanu-Pf, Unione nazionale africana-Fronte patriottico dello Zimbabwe, la ristrutturazione totale della scuola ideologica Herbert Chitepo, leader nazionalista assassinato nel marzo 1975.
Quindi la Cina, proponendo una alternativa politica comunista in un contesto dove la pseudo democrazia non rientra nella tradizione socio-antropologica, e dove la cultura occidentale non ha la minima speranza di attecchire – se non in modo autoritario e predatorio – non fa altro che assecondare un sistema sociale con una struttura politica di governo testata e collaudata. Anche nella previsione che molti di questi Stati entrino nel Brics+, dove Cina e Sudafrica sono i fondatori. Il Brics è notoriamente un organizzazione anti-occidentale da tutti i punti di vista, ed in forte crescita di consensi a livello planetario, tanto è che la sua fascinazione ha colpito al cuore anche il presidente della Turchia.
Un idillio, quello tra Cina ed Africa, che spesso viene dato per morto, economicamente. Ma come sa bene il Partito comunista cinese, quando le basi sono ideologiche, “l’abbraccio” tende invece all’immortalità.
Aggiornato il 09 settembre 2024 alle ore 11:01