Iran, 400 esecuzioni nel 2024, 93 nel primo mese dei “riformisti”

Non è cambiato niente. Il 2024 sta diventando l’anno dei record – negativi – in Iran, con il Paese islamico che ha toccato il picco di 400 esecuzioni capitali. La denuncia è arrivata dall’alto commissariato per i diritti umani, che ha fatto notare la cifra monstre di pene di morte perpetrate dal Governo della Nazione. A luglio, le impiccagioni sono state 45, mentre ad agosto 93. Le esecuzioni capitali, nell’arco di un mese, sono più che raddoppiate. Eppure da un Esecutivo guidato dai “riformisti”, ci si sarebbe aspettati qualcosa di diverso. Si, perché alla morte accidentale – ma con risvolti ancora ignoti – dell’ex capo di Stato Ebrahim Raisi, il popolo ha eletto il chirurgo Masoud Pezeshkian, maggiore esponente del gruppo politico dei cosiddetti riformisti.

L’opinione pubblica globale, forse per un momento, ha sperato inutilmente in un cambio di rotta per quanto riguarda i diritti civili in Iran, i quali sono stati per almeno 40 anni ignorati, se non calpestati – dai tempi della Rivoluzione del 1979 – sotto l’egida della più alta carica statale, ovvero la Guida suprema (ad oggi l’Ayatollah Ali Khamenei). Ma Pezeshkian, sebbene abbia messo alcuni suoi fedeli riformisti a capo di diversi Ministeri, come Abbas Araghchi al dicastero degli Esteri e Farzaneh Sadegh al Ministero delle Strade e dello Sviluppo urbano, ha mantenuto alcune figure del vecchio governo. Forse per non cambiare troppo lo status quo del Paese, forse per contrastare le proteste della ribellione delle donne iraniane.

Sta di fatto che il nuovo presidente, insediatosi il 28 luglio scorso, ha riconfermato Amin Hossein Rahimi come ministro della Giustizia. Inoltre, è rimasta invariata la struttura dei Tribunali rivoluzionari, ovvero gli organi statali che si occupano dei processi – a dir poco sommari – che portano alla maggior parte delle condanne a morte. Le esecuzioni capitali avvengono per – supposti – reati connessi alla droga, ma anche ad attività considerate un rischio per la sicurezza nazionale. Per farla semplice, quasi tutto. Adulterio, blasfemia, ma anche apostasia e offese al profeta Maometto. Sta di fatto che questi tribunali non sono indipendenti, ma fortemente influenzati dal Ministero dell’intelligence, guidato da Esmail Khatib, e dalle forze di polizia.

Insomma, se i “riformisti” si occupano principalmente delle relazioni con il mondo esterno (ma senza dati ufficiali sulle condanne a morte) e del rinnovamento delle infrastrutture stradali, forse questo tanto richiesto quanto necessario cambio di rotta in Iran non arriverà a breve. Nel frattempo però, le donne, gli studenti continuano a scendere in piazza, e i cittadini continuano a morire. Che l’Esecutivo di Teheran sia solo un costosissimo giocattolo di Khamenei?

Aggiornato il 04 settembre 2024 alle ore 14:12