Iran: progressisti o conservatori, nulla cambia

L’Esecutivo iraniano ha dato un apparente segnale di equilibrio, coesione e trasparenza, quando la settimana scorsa i parlamentari si sono espressi a favore dei 19 ministri proposti dal neo presidente Masoud Pezeshkian, con la votazione trasmessa dalla televisione di Stato. Per ritrovare una congiuntura dove tutti i ministri proposti sono stati votati favorevolmente occorre tornare indietro alla presidenza di Mohammad Khatami, 1997-2005, anche lui riformatore, che come scrive il quotidiano Etemad, anche in quel caso il Parlamento iraniano dette la fiducia a tutti i ministri da lui proposti.

Quindi, visti i “profili eterogenei” dei ministri, possiamo definire il nuovo governo “interfazionista”, avendo al suo interno rappresentate le varie voci politiche e di fazione presenti nell’arco parlamentare. Inoltre, Pezeshkian ha dimostrato, almeno ufficialmente, di avere in questo caso una leadership riconosciuta. Apparentemente, la nuova giunta governativa, rispetto a quello dell’ex presidente Ebrahim Raïssi, morto il 19 maggio in circostanze poco chiare – poi questione insabbiata – e considerato intransigente, include figure riformiste, come il ministro della Salute Mohammad Reza Zafarqandi, che nonostante un basso consenso, solo 163 voti, ha ottenuto la prestigiosa carica.

Tra questi nuovi ministri spicca la figura del 61enne Abbas Araghchi, diplomatico di carriera e delegato a guidare il dicastero degli Esteri; sostituisce Hossein Amir-Abdollahian, morto con Raïssi sullo stesso elicottero schiantatosi al suolo non lontano dal confine con l’Azerbaigian. Il nuovo ministro è conosciuto per la sua apertura verso l’Occidente, ed è noto per aver guidato l’accordo internazionale sul nucleare iraniano nel 2015 a Vienna (anche se tre anni dopo, a causa della decisione degli Stati Uniti di Donald Trump di ritirarsi da detta intesa, Araghchi venne emarginato politicamente). Tuttavia, la novità più significativa è la presenza di una donna ministro. Pezeshkian ha infatti nominato la quarantottenne Farzaneh Sadegh (laureata in ingegneria civile e impiegata in ruoli di responsabilità all’interno del Ministero dell’Edilizia) come ministro delle Strade e dello Sviluppo urbano. Sadegh è ora la seconda donna iraniana a ricoprire un incarico ministeriale dalla fondazione della Repubblica islamica (1979).

Comunque Pezeshkian, sicuramente tenendo conto che l’Iran è sulla linea rossa di una crisi sia interna che esterna, la “ribellione al hijab” – motore delle proteste delle donne iraniane – e la rischiosa tensione con Israele, ha voluto mantenere alcune “figure” del passato governo; così Aziz Nasirzadeh, ex comandante dell’aeronautica militare e vicecapo di Stato maggiore delle forze armate dal 2021, è stato nominato ministro della Difesa, ottenendo il voto di 281 dei 290 deputati, che secondo quanto comunicato dall’agenzia di stampa nazionale Irna è il miglior punteggio per un voto di fiducia alla Repubblica islamica. Ma Pezeshkian ha mantenuto anche ministri del passato governo, come: Esmail Khatib punto di riferimento dell’intelligence, carica che deteneva sotto Raïssi e Abbas Aliabadi, già ministro dell’Industria ora allo strategico dicastero dell’Energia. Ha riconfermato anche Amin Hossein Rahimi come ministro della Giustizia.

Pezeshkian ha tuttavia comunicato che per la scelta dei ministri ha seguito più la linea degli accordi che quella della “figura ideale”, favorendo il concetto di unità al fine cercare di far fronte ai gravi problemi del Paese. Un compromesso molto delicato che ha lasciato ai conservatori Intelligence, Energia e Giustizia, Ministeri chiave e decisamente troppo strategici per definire il nuovo governo riformista. La squadra governativa ha infatti suscitato critiche da parte di alcuni membri del campo riformista iraniano, proprio per l’inclusione di conservatori presenti nel governo dell’ex presidente Raïssi. Altri si sono lamentati a causa dell’assenza di rappresentanti delle minoranze religiose ed etniche, senza contare la quasi totale esclusione delle donne.

Ma oltre l’azione di “cencelliana memoria” (Manuale Cencelli) – il governo che accontenta anche i conservatori – la realtà è che l’Iran è saldamente in mano al “clero khomeinista”, rappresentato dalla figura della Guida suprema, oggi l’Ayatollah Ali Khamenei. L’espressione assoluta di un ultraconservatorismo spasmodico, e che dietro alla finta trasparenza, mostrata tramite la diretta televisiva per le votazioni per la fiducia del parlamento al Governo, si contrappone un incremento dell’impossibilità di accesso ai social network, già fortemente limitato dai conservatori. Così la maggior parte delle pagine web ospitate al di fuori del Paese sono inaccessibili. Infatti, l’Ayatollah ha intimato al governo pseudo-progressista di Pezeshkian di rafforzare i già draconiani controlli su Internet, pena una drastica e deleteria sfiducia”. Tanto per ricordare chi comanda in Iran al di là delle vuote definizioni di progressisti o conservatori.

Aggiornato il 03 settembre 2024 alle ore 10:14