L’immigrazione letale: la scomparsa di una civiltà

In Germania si parla di immigrazione cattiva, o letale, dopo la brutale aggressione e uccisione a Solingen, città delle lame, di tre cittadini tedeschi, accoltellati da un rifugiato siriano per vendicare le vittime palestinesi di Gaza. L’assassino, auto dichiaratosi aderente allo Stato Islamico (che ne ha rivendicato il gesto esaltandolo come guerriero di Dio e soldato della Jihad), lupo solitario e radicalizzato in proprio via social, si era dapprima sottratto a un provvedimento di espulsione verso la Bulgaria, rendendosi uccel di bosco, per riapparire poco tempo dopo, una volta scaduti i termini per l’esecuzione dell’ordinanza, e vedersi riconosciuta la protezione sussidiaria perché proveniente da una zona di guerra. Bella schizofrenia amministrativa, si direbbe, in cui la mano destra della Commissione d’asilo ignora ciò fa il suo braccio sinistro secolare. Così, l’Afd ha buon gioco nell’invitare i tedeschi a “liberarsi dall’aberrazione del multiculturalismo forzato”. Ragione per cui, secondo il partito di estrema destra tedesco, per “salvare vite” occorre procedere all’immigrazione inversa, o re-immigrazione, ovvero all’espulsione in massa degli immigrati irregolari. Così come promesso da Donald Trump agli elettori americani, illustrando la sua politica della Deportation. In generale, secondo molti osservatori internazionali, da alcuni decenni il mondo sta assistendo a una radicalizzazione progressiva e sempre più accelerata del mondo arabo-musulmano.

Soprattutto, come si è visto con le ultime rivolte nelle banlieue parigine e nei quartieri urbani del Belgio, dove vige la legge della Sharia e non più il diritto positivo europeo, il fatto di radicalizzarsi per molti giovani di seconda e terza generazione significa ritrovare un forte fattore identitario comune nella religione islamica, per negare la propria appartenenza a un Occidente odiato e corrotto, fonte di tutti i mali del mondo. In questo orizzonte rosso-sangue di una guerra ibrida a tutto campo, i social network fanno da cassa di risonanza planetari, per la costruzione di una gruppalità islamica universale. I social, cioè, rappresentano un catino incontrollabile a entropia elevata (denominato Jihadosfera), in cui si tende da parte degli estremisti a coinvolgere nella questione identitaria religiosa circa un miliardo e mezzo di musulmani nel mondo, richiamati dagli islamisti radicali e dalle loro organizzazioni rinascenti ad aderire alla millenaria, inestinguibile Guerra santa contro i Satana piccoli (Israele) e grandi (Usa ed Europa) dell’Occidente. Ed è proprio la spuma presente sulla cresta gigantesca di un’onda che si alimenta con i fatti drammatici della guerra a Gaza, a favorire l’emergenza di un forte movimento razzista islamico, antisemita, antiisraeliano e in generale antioccidentale. E le sue spore velenose vengono disseminare su tutte le sponde dei continenti africano, europeo ed asiatico, trasportate spesso e volentieri da un’immigrazione incontrollata che ne favorisce l’attecchimento in profondità, soprattutto all’interno delle comunità urbane occidentali.

L’effetto sul mondo islamico delle nostre scoperte e meraviglie tecnologiche (smartphone, computer, social network) è quello di diffondere in tutto il mondo un unico credo coeso, che non trova più alcun baluardo antagonista e ideologico nei nostri continenti (europeo e americano) radicalmente scristianizzati e secolarizzati. Ora, quindi, il dramma migratorio di una popolazione sempre più numerosa di fede musulmana appare in tutta la sua gravità. Non si tratta più, infatti, di “sostituzione etnica”, ma di qualcosa di ben più impattante, come la scomparsa di un’intera civiltà: la nostra. Infatti, per l’effetto dei grandi numeri e per le dinamiche demografiche che privilegiano la famiglia tradizionale, come accade nell’Islam, l’Occidente denatalizzato si approssima sempre di più nel suo insieme allo scenario fantapolitico ipotizzato dallo scrittore francese Michel Houellebecq, nel suo famoso romanzo Sottomissione. Per cui, stando al racconto, a un certo punto della sua storia, la Francia si ritrova con un governo a maggioranza islamica che prevale in una sanguinosa guerra civile, instaurando e imponendo la legge della Sharia, con l’effetto sociopolitico ed economico di riportare indietro l’orologio della nostra civiltà al VII secolo dopo Cristo. Ora, questo evento assurdo e paradossale può benissimo accadere addirittura entro questo secolo, con l’affermarsi all’interno delle società occidentali di popoli e culture maggioritarie di matrice islamica. Le loro comunità, divenute maggioritarie, prevarranno nei regimi democratici attraverso il voto, pur non avendo nulla a che vedere con i processi millenari di crescita del mondo occidentale, in senso laico e positivista. Il Corano, infatti, non ha né il culto della Scienza e della Techné, né condivide con noi il patrimonio di una filosofia universale laica basata sui diritti della persona.

Uno degli esempi più impattanti di quello che potrebbe essere il nostro futuro prossimo qui in Europa è dato dalla dittatura spietata di Hamas nella Striscia di Gaza, una volta conquistato “hitlerianamente” il potere nel 2006 con un voto democratico semiplebiscitario. Da allora in poi non solo le urne non si sono mai riaperte a Gaza, ma da un regime laico si è passati a una spietata dittatura islamica basata sulla legge coranica della Sharia. Per cui il numero di vittime palestinesi non conta, pur di sconfiggere religiosamente e militarmente l’odiatissimo nemico ebreo e occidentale. Del resto, a volere la vittoria di questo mondo oscurantista sono proprio le élite intellettuali europee e americane, che gridano nelle università e nelle nostre piazze che Israele deve essere cancellato dalla faccia della terra “dal fiume al mare”. Ma questo dell’Islam è un cavallo di Troia che non ci possiamo davvero permettere di introdurre all’interno della nostra cittadella dei diritti universali!

Aggiornato il 28 agosto 2024 alle ore 12:32