Lo scorso 23 agosto il parlamento di Kiev ha ratificato l’adesione allo Statuto di Roma riconoscendo così la giurisdizione della Corte Penale Internazionale (Cpi).
La Cpi, riconosciuta sino ad ora da 124 Paesi tra cui purtroppo non figurano Russia, Cina, Stai Uniti ed Israele, ha giurisdizione sovranazionale e può processare individui responsabili di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio commessi sul territorio di uno Stato parte, nel caso in cui lo Stato in questione non abbia le capacità o la volontà di procedere in base alle leggi di quello Stato e in armonia con il diritto internazionale. Anche i crimini commessi sul territorio di uno Stato parte, da parte di un cittadino di uno Stato non parte, rientrano nella giurisdizione della Corte.
La legge di ratifica ha posto però la condizione che l’Ucraina non riconoscerà la giurisdizione della Corte per reati commessi dai propri cittadini o nel suo territorio per sette anni dall’adozione ufficiale dello Statuto.
Si tratta di un passo significativo e atteso da tempo ma la dichiarazione transitoria di rifiuto della giurisdizione della Cpi sui crimini di guerra commessi da cittadini ucraini per sette anni pone dei problemi che potrebbero vanificare il valore della ratifica stessa. Non si tratta però di una farneticazione dei parlamentari ucraini.
Nella sua formulazione, la legge di ratifica invoca l’articolo 124 dello Statuto, una sorta di compromesso raggiunto negli ultimi giorni dei negoziati a Roma al fine di convincere gli Stati più riluttanti ad esporre i loro cittadini responsabili di crimini ad una giurisdizione esterna. Essi minacciavano di non firmare lo Statuto senza una certa protezione e fu trovata la soluzione di fornire la possibilità di effettuare la ratifica con la dichiarazione di non accettazione della giurisdizione della Corte per un certo periodo.
Dato il palese contrasto allo spirito generale dello Statuto di Roma nel 2015 l’Assemblea degli Stati Parte approvò un emendamento volto ad eliminare l’articolo 124 senonché solo 23 Paesi hanno al momento ratificato l’emendamento di cancellazione lasciando di fatto ancora in vigore la previsione contestata.
L’anacronistica posizione assunta dall’Ucraina, oltre a costituire una regressione rispetto al suo passato impegno nell’approccio delle norme internazionali (nel 2014 accettò la giurisdizione della Corte ai sensi dell’art.12 dello Statuto), potrebbe rivelarsi controproducente per i suoi stessi interessi nazionali in quanto con l’accettazione della dichiarazione da parte della Cpi potrebbe correre il rischio di proteggere i cittadini russi dal controllo della Corte per crimini di guerra sul territorio ucraino.
L’articolo 124 infatti consente a uno Stato di dichiarare di non accettare la giurisdizione della Corte sui crimini di guerra commessi dai suoi cittadini o sul suo territorio, e ciò comporterebbe un autogol spettacolare poiché l’Ucraina darebbe ai cittadini russi un lasciapassare – ai fini della Cpi – per crimini di guerra sul territorio ucraino. Naturalmente, l’Ucraina può revocare la dichiarazione prevista dall’articolo 124 in qualsiasi momento.
In definitiva, non è certo come la Corte affronterà la questione. Può darsi che i russi siano protetti insieme agli ucraini, ma quel che non bisogna dimenticare che i crimini di guerra sono crimini di guerra, con o senza giurisdizione della Cpi, che resta complementare a quella domestica.
Anche se la Corte dovesse accettare la dichiarazione e il suo limitato ambito di applicazione, l’Ucraina avrebbe comunque l’obbligo di indagare e perseguire eventuali crimini di guerra perpetrati dai suoi cittadini. Tale obbligo deriva dal diritto internazionale umanitario e non è subordinato all’appartenenza alla Cpi.
Sotto l’aspetto immagine, però, la dichiarazione ai sensi dell’articolo 124 esprime, nel peggiore dei casi, il desiderio di impunità nel commettere crimini di guerra o, nel migliore dei casi, la mancanza di fiducia nella Cpi per giudicarli equamente. Entrambe le percezioni comunicano un messaggio completamente sbagliato.
A prescindere da come la Cpi reagirà alla dichiarazione recata dalla ratifica ucraina, questa costituirà un regalo al presidente russo Vladimir Putin nel suo sforzo di screditare la Cpi e considerare l’Ucraina e i suoi partner come contaminati dall’ipocrisia e dai doppi standard.
In conclusione, bene ha fatto l’Ucraina ad abbracciare la giurisdizione della Cpi ma non vi sono motivi per equivocare nel farlo. Ha ancora tempo ad invertire questo errore e in linea agli sforzi perseguiti per conformarsi alle norme del diritto internazionale sarà ancor più apprezzata se prossimamente procederà anche alla ratifica degli emendamenti di Kampala relativi al crimine di aggressione.
(*) Generale di divisione R.O. dei carabinieri, wgià Capo ufficio affari giuridici internazionali dello Stato Maggiore Difesa
Aggiornato il 28 agosto 2024 alle ore 18:28