Lo sbarco vincente della Russia in Africa

In Burkina Faso dopo che la giunta militare golpista guidata da Ibrahim Traoré è salita al potere a settembre 2022, Mosca ha intensificato i suoi contatti, articolando le sue relazioni oltre il sistema di supporto militare, realizzato tramite mercenari russi Wagner, impostando progetti tecnologici di elevato valore strategico. Verosimilmente il regime militare di Ouagadougou ha delle affinità con Mosca circa la visione della gestione del sistema Stato; infatti, i due Paesi hanno ora pianificato un programma nucleare comune.  

Così i rappresentanti del colosso nucleare russo Rosatom, in pieno agosto hanno avviato, ufficialmente, una serie di incontri per valutare un progetto per la costruzione di una centrale di produzione elettrica a energia nucleare, in un paese dove la rete di elettrificazione è decisamente scarsa. Il progetto è il frutto di un accordo sottoscritto tra la Russia ed il Burkina Faso ad ottobre 2023 dove veniva programmata la costruzione di una centrale nucleare con tecnologia russa.

Il ministro dell’Energia burkinabé, Yacouba Zabré Gouba, ha accolto i delegati della Rosatom con estremo entusiasmo. La conoscenza della tecnologia nucleare russa e la sua applicazione in Burkina Faso, apre per lo Stato saheliano un varco nelle attenzioni internazionali; ma sarà utile non tanto per comprendere la realtà delle questioni energetiche in un Paese decisamente bisognoso di energia, ma in particolare per altri aspetti che riguardano competenze non solo del Ministero dell’Energia, ma anche della Difesa. Anche se Gouba ha sostenuto che il futuro nucleare del Burkina Faso migliorerà l’ambiente, l’agricoltura, la sanità e l’istruzione.

Va considerato che nel continente africano l’unica centrale nucleare è presente in Sud Africa, anche se in Egitto è in procinto la costruzione di una centrale nucleare sempre della Rosatom. Inoltre, secondo un rapporto della Banca Africana di Sviluppo, risalente a tre anni fa, in Burkina Faso la corrente elettrica serve meno del 23 per cento del territorio, di questo quasi il 70 per cento serve le aree urbane, mentre le zone rurali sono coperte con percentuali intorno al cinque. Ad oggi il Burkina Faso produce poca quantità di energia e quasi totalmente tramite sistemi idroelettrici, infatti i bisogni energetici sono compensati dall’importazione di energia elettrica dalla confinante Costa d’Avorio e Ghana.

Alexander Renev, responsabile della Rosatom ha dichiarato che la costruzione della centrale nucleare avrà tempi brevi, anche se una tempistica non è stata stabilita. Comunque il sito dove verrà costruito l’impianto terrà conto della sicurezza, non tanto relativa al rischio nucleare, ma valutando che la centrale sarà un obiettivo per i numerosi movimenti jihadisti operanti nella regione, che potranno vedere, nel possibile sabotaggio della struttura nucleare uno scopo strategico di enorme valore, e che potrebbe avere risonanza continentale, dando a questi estremisti islamici una visibilità planetaria.  

Quindi l’Africa si conferma come nuovo fronte tra occidente e Russia? Intanto il Cremlino è riuscito a estendere una forza militare e un’influenza mediatica nel continente di notevole impatto, prendendo gli occidentali quasi in contropiede. Infatti, ad un anno dalla misteriosa scomparsa del capo dei Wagner, Yevgeny Prigozhin, Mosca non si nasconde più dietro la maschera dei mercenari per le sue relazioni con gli stati africani. In realtà la presenza russa in Africa non è un prodotto della informazione di massa, e nemmeno una presenza fittizia o effimera; è ormai una realtà geopolitica in crescita di credibilità, con influenze economiche e politiche sempre maggiori, e che sta mettendo in discussione i “pesi” tra le potenze storicamente e tradizionalmente influenti nel continente africano.

Le sue ramificazioni scivolate tra i pertugi lasciati sempre più ampi dagli ex colonizzatori e affini, hanno permesso la costruzione di una rete di influenze che si è radicata secondo collusioni ideologiche ben intuibili.

Così i tentacoli di Mosca si sono estesi su Niger, Sudan, Libia, Mali, Burkina Faso, Repubblica Centrafricana e Madagascar. Una operazione con tendenze egemoniche accelerata dal 2017, nel quadro di una nuova “agenda” che vede il confronto con l’Occidente contestualizzato nella guerra con l’Ucraina, che ha rafforzato il divario tra est-ovest.

In pratica la figura di Prigozhin, presumibilmente deceduto in un fatale incidente aereo esattamente un anno fa, ma i dubbi non sono pochi, che rappresentava la testa d’ariete o l’arma segreta russa nel continente africano, nonostante la fuoriuscita dallo scenario, non ha indebolito i rapporti russo-africani. In realtà il fatto ha favorito lo Stato putiniano ha presentarsi direttamente sul palcoscenico dei governi africani, golpisti o meno.

Dopo un anno il passaggio di potere tra “mercenari e statali” è quasi completato; infatti anche l’avvicendamento tra i ministri della Difesa Sergei Shoigu, con Andrey Belousov, un economista, avvenuto a maggio 2024, ha permesso quasi il completamento del controllo del Cremlino sull’ex “impero” creato da Prigozhin, soprattutto in Africa. 

Ormai il marchio Wagner è superato anche in quei contesti, come il Mali e la Repubblica centrafricana, dove i mercenari avevano assunto ruoli chiave anche nelle Forze armate.

Il braccio forte della Russia in Africa è oggi il viceministro della Difesa, il “gerarca” Younous-bek Evkourov, che prosegue il suo proselitismo nelle capitali africane offrendo sicurezza ma anche tecnologia. I nuovi Wagner, gli Afrika Korps ‒ anche se il nome rievoca l’armata della Wehrmacht operante sotto la guida di Eugen Rommel in Tunisia ed Egitto dal 1941 al 1943 ‒ hanno ormai il mantello statale e quindi garantiscono a nome di Vladimir Putin anche la sicurezza per la costruzione di una centrale nucleare, per ora in Burkina Faso. Tuttavia, è da ipotizzare che il ghiotto boccone nucleare sia richiesto anche da altri stati africani, amici o aspiranti amici di Mosca, come sta facendo l’Uganda.

In dieci anni Putin è riuscito a stabilire l’influenza militare e diplomatica di Mosca in Africa, a scapito degli occidentali, soprattutto della Francia. Un cambiamento geostrategico tra i più spettacolari degli ultimi anni, sottovalutato dagli occidentali assorbiti dalle questioni europee ed asiatiche. Così la Russia è riuscita a imporsi, militarmente e diplomaticamente, soprattutto nell’area del Sahel, a tal punto da riuscire a cacciare le forze francesi e statunitensi da buona parte della regione, fattore di enorme valore geostrategico.

Aggiornato il 26 agosto 2024 alle ore 11:00