L’attentato a Trump

La foglia di fico

Da qualche parte si legge la grande assurdità che Donald Trump si sia organizzato, da solo, l’attentato. Se così fosse, veramente ci dovremmo tutti complimentare per la perfetta organizzazione e soprattutto per l’impeccabile sincronizzazione: chissà a quale duro addestramento sono stati sottoposti tutti i partecipanti (compreso il tycoon) per questa raffinata messa in scena. Di sicuro molto meglio del leggendario Guglielmo Tell.

Invece, a mio avviso, le cose forse sono andate diversamente. Un po’ come capitò a John Fitzgerald Kennedy. La focalizzazione della sua politica dava fastidio a molti. Tra l’altro, voleva porre fine alla Guerra fredda e interrompere il conflitto in Vietnam riducendo, quindi, le spese militari e aumentando le tasse a carico dei petrolieri. All’inizio, così, si disse che morì grazie alla teoria della pallottola magica (magic-bullet theory): un solo proiettile con proprietà dinamiche, diciamo, singolari.

Trump, dal canto suo, più volte ha ricordato che con lui la guerra tra Ucraina e Russia sarebbe già conclusa. E che la Nato è, quasi più, una questione europea piuttosto che americana, in particolare per quanto riguarda costi e attrezzature. Non intendo certamente dipingere Trump come pacifista, ma più che altro è un realista. Trump, osservando il declino della potenza economica e militare americana, ma anche della sfera occidentale, vede il globo diviso in blocchi stabili e forti (Russia, Cina, mondo Arabo), con i quali occorre dialogare e non guerreggiare anche se questi blocchi sono, per certi versi, molto lontani dai nostri costumi: mi riferisco ai valori umani, sociali, religiosi e molto altro.

Trump non vuole guerreggiare, anche perché i capitani d’industria e della finanza, suoi finanziatori, hanno interessi con aziende di ogni blocco. Ricordo che i capitali e la capacità imprenditoriali, dei singoli, ben si muovono tra fronti apparentemente acerrimi nemici e, a prima vista, isolati da qualche embargo. Embargo poi facilmente aggirabile con la triangolazione oppure semplicemente vendendo beni o servizi ad altri compratori di altri Stati non protagonisti di quel dato blocco economico. In quest’ottica, banalmente si può affermare che l’embargo danneggia più chi lo fa rispetto a colui che lo riceve. Per carità è un’opinione, tutta da dimostrare.

Comunque, questa personale interpretazione ha una base espressa dall’ultimo discorso di Dwight David Eisenhower (generale e 34° presidente americano) che, tra l’altro, disse: “In the councils of government, we must guard against the acquisition of unwarranted influence, whether sought or unsought, by the military-industrial complex. The potential for the disastrous rise of misplaced power exists and will persist. We must never let the weight of this combination endanger our liberties or democratic processes. We should take nothing for granted. Only an alert and knowledgeable citizenry can compel the proper meshing of the huge industrial and military machinery of defense with our peaceful methods and goals, so that security and liberty may prosper together”.

In sintesi, voleva comunicare che nelle riunioni di Governo occorreva prestare attenzione all’influenza del complesso militare-industriale per la disastrosa ascesa di potere che già esisteva e che persisterà. Eisenhower sottolineava che mai si deve lasciare che il peso di questa combinazione metta in pericolo la libertà o i processi democratici. Aggiungendo che solo una popolazione attenta (anzi “in allerta”) e informata può costringere una corretta interazione tra la gigantesca macchina industriale e militare della difesa con i nostri metodi e obiettivi di pace, in maniera tale che sicurezza e libertà possano prosperare insieme. Questo discorso risale al 17 gennaio del 1961.

Ora, il complesso a cui prestare attenzione non è solo quello militare-industriale ma anche quelli costituenti altri complessi imprenditoriali e comunque afferenti ad altri aspetti della cosiddetta società civile. In conclusione, l’attentato difficilmente è stato solo frutto di un giovane squilibrato che è andato al supermercato a comprare un fucile. Di sicuro, questo evento, sottolinea che la democrazia che si insegna a scuola è purtroppo una chimera pur rimanendo, anche se imperfetta, il modo migliore per garantire i valori fondamentali del mondo occidentale anche se non sempre ci riesce.

Aggiornato il 18 luglio 2024 alle ore 10:03