Il sistema elettrico cubano è a rotoli. Condizioni precarie registrate un giorno sì e l’altro pure, dovute alle bassissime quote di importazioni di carburante. A cui si sono sommati i guasti alle centrali, causati da anni e anni di mancati investimenti. Con aggiunta una manutenzione praticamente assente. Nei mesi scorsi nell’Isola sono divampate proteste, a causa della scarsità di medicine ed elettricità. E ora torna a bomba l’incubo dei blackout. Secondo le stime della compagnia statale Unione elettrica (che fa riferimento al Ministero dell’Energia e delle Miniere) nella giornata di ieri, nei momenti di maggiore domanda, c’è stato uno stop che ha riguardato circa il 17 per cento del territorio, sia il pomeriggio che la sera.
Una situazione di crisi assoluta. Peggiorata in maniera sensibile dall’inizio di maggio: nel Paese caraibico, infatti, le interruzioni di corrente in alcune aree sono arrivate fino a 20 ore al giorno. La fotografia da Cuba è questa, con centrali termoelettriche in piedi da tempi immemorabili. Strutture vecchie che non riescono a reggere l’anima con i denti, verrebbe da dire. Oltre a ciò, come annunciato prima, non va dimenticata un’importazione di combustile da fame. Il tutto all’interno di un quadro desolante, con una economia che nel 2023 ha subito una contrazione tra l’uno e il due per cento. E, inevitabilmente, il malcontento sociale sta rappresentando la cartina di tornasole. Altro che venceremos adelante, o victoria o muerte.
Ma i mali non vengono mai da soli. Perché l’89 per cento della popolazione cubana vive in condizioni di povertà estrema. Uno spaccato, questo, riportato dall’Osservatorio cubano per i diritti umani (Ocdh), organizzazione di dissidenti con sede in Spagna. E l’occasione per illustrare il report è stata data dal rapporto “Lo stato dei diritti sociali a Cuba”. El dato significa un punto más que el registrado hace un año, una consecuencia de cómo la crisis alimentaria, la escasez de medicinas y el desempleo golpean a millones de cubanos, frente al desastroso desempeño gubernamental. Già, l’Ocdh ha parlato di un deterioramento delle condizioni di vita dei cubani. Di questi, sette su dieci hanno rinunciato a fare colazione, oppure hanno deciso di saltare il pranzo o la cena. Perché non ci sono soldi. E manca il cibo. Un 15 per cento, invece, ha ammesso di aver avuto la possibilità di consumare tre pasti al giorno “senza interruzioni”. Secondo quanto indicato nel documento, “per il 72 per cento dei cubani la crisi alimentare è il principale problema sociale da affrontare seguito da blackout elettrici (55 per cento), inflazione e dal costo della vita (50 per cento), sanità precaria e mancanza di medicine (21 per cento) e corruzione (20 per cento)”. Al fianco di ciò, la rabbia contro il Governo di Miguel Díaz-Canel. “La disapprovazione è aumentata di cinque punti percentuali e ha raggiunto la cifra record del 91 per cento”.
Díaz-Canel che, di recente, ha ammesso come sull’isola caraibica siano presenti casi di “corruzione” e di “elevata evasione fiscale”, nel settore statale e pure in quello privato. A tal proposito, ha promesso che metterà ordine nel Paese: “La prima cosa che dobbiamo riconoscere è che c’è stata una mancanza di controllo e di attenzione, ed è per questo che tali problemi si sono accumulati”. Intanto corrente, cibo, medicinali sono incasellati alla voce non pervenuti. Iniziasse da qui a mettere ordine.
Aggiornato il 18 luglio 2024 alle ore 13:55