Lezioni di francese

Parafrasando Lev Tolstoj, si potrebbe dire che se le nazioni liberali sono tutte ugualmente felici, ogni Paese in cui il liberalismo è preso a calci da destra a manca è infelice a modo suo. Parlando di democrazie infelici, pensiamo alla Francia, che da anni è alle prese con leader che sembrano persino peggiori di quelli che Leonardo Sciascia definiva come “I bei cretini di una volta”. Il Fronte popolare ideato da Jean-Luc Mélenchon, marchio farsesco del bolscevismo, racchiude nel suo abbraccio formazioni come i comunisti del Pcf e La France Insoumise, che nel nome riecheggia la sottomissione francese ad Adolf Hitler e richiama – ma al contrario – il docufilm Submission del regista olandese Theodoor van Gogh, assassinato da un fondamentalista islamico. Secondo il filosofo francese Alain Finkielkraut, l’estremismo di sinistra e di destra è talmente simile che “l’antisemitismo de La France Insoumise non è marginale, è programmatico, è una scelta di società”. Eppure oggi Fp è il secondo partito francese. Così la Parigi progressista che non torna al governo collaborazionista del maresciallo Philippe Pétain, torna al regressismo stalinista: 80 anni indietro. Deliri giacobini.

Questi errori sono sempre culminati in sconfitte. Così è anche per il Pd di Elly Schlein, che una settimana fa cantava vittoria come Romolo Augustolo nel 476 dopo Cristo. Perché i voti a Mélenchon sono molto terrore per la classe media francese, così come i voti per il Rassemblement National di Marine Le Pen non sono stati occasione di un crollo della Borsa di Parigi, che a poche ore dal voto ha avuto un rimbalzo positivo. Sono quindi lontani i tempi in cui la occulta “finanza internazionale” interveniva a colpi di spread tra Italia e Germania per togliere ossigeno al berlusconismo. La Francia è vaccinata dal massimalismo grazie alla sua intellighenzia di sinistra, quella della riforma Jospin che nel 2000 portò la settimana lavorativa a 35 ore. Sono convinto che lavorare in fabbrica – come ho fatto – sia cosa eroica. Solo che per legge non puoi imporre 35 ore lavorative solo per evitare il burnout dei lavoratori. Questo perché: matematicamente lavorare meno significa produrre di meno e guadagnare di meno, dato che gli euro non crescono sugli alberi; invece la risposta da sinistra contro la cancellazione della legge sulle 35 ore fu “lavoriamo quattro giorni alla settimana”.

Ebbene, nel frattempo in Cina la realtà è diversa, nonostante le falsità politiche che sono ormai una costante su Google search (e figuriamoci con l’Ia). Mi riferisco alle balle sul Bengodi pechinese delle 40 ore settimanali. Molti cinesi dormono in fabbrica, e comunque lavorano – come scrive il Partito marxista-leninista italiano – “dalle 9 del mattino alle 9 di sera, per sei giorni alla settimana”. Questo per dare un poco di pluralismo al mainstream falsificante. Quindi, come puoi proporre in Europa 4 giorni lavorativi quando poi devi vendere auto strafiche a un prezzo strafichico? La Aixam, ottima minicar italo-francese, costa però 12mila euro, mentre una micro auto elettrica cinese costa ormai anche meno di 2000 euro. Con l’aria che tira, il burnout verrebbe a tutti i francesi dato che, se le fabbriche non reggono più la concorrenza del Sudest asiatico (e domani dell’Africa), poi si resta a casa senza lavoro. Su questo la colpa è delle sinistre, che sono riuscite a farsi superare da destra per loro unico demerito.

Assisteremo in questa settimana al matrimonio riparatore tra Macron e Mélenchon: sarà un ulteriore regalo della politica statalista-riformista agli avversari. Anche i possibili disordini e il clima apocalittico antifascista evocato da M&M si declineranno in voti per il Rassemblement e per i Repubblicains. Come in Italia, gli stessi errori si ripetono anche in Francia. In Germania la Spd è meno caciarona ma ha combinato gli stessi guai di Mélenchon-Re Carlo in Francia e di “Testarossa Ferrari” Elly Schlein in Italia. Lo dimostra la débacle che ha colpito e affondato la socialdemocrazia tedesca e glorificato gli ex comunisti della Germania – oggi fascistoidi – di Alternative für Deutschland (AfD). Sarà un gioco di specchi, questa intercambiabilità tra radicalismo di sinistra e destra? Non successe la stessa identica cosa ai tempi del Biennio rosso in Italia e della Repubblica di Weimar in Germania? E come mai sia gli estremisti di sinistra come quelli della destra più becera sono da sempre uniti contro un nemico comune: il liberalismo? Se è così che vogliamo difendere le democrazie occidentali in crisi, stiamo freschi.

La lezione francese è che le sinistre, se proprio vogliono agire solo “contro” e non “per”, dovrebbero combattere il “fascismo” risorgente con la forza della ragione e impugnando lo Stato di Diritto al posto del Diritto dello Stato. Sinistra e destra, Biden come Trump, dovrebbero infine chiudere la partita con l’anemia politica di cui sono portatori malsani.

Aggiornato il 02 luglio 2024 alle ore 10:25