Armi e cultura per boicottare Israele

Boicottare Israele: ormai è diventata una “attività” politica che fino ad alcuni anni fa era prerogativa dei Paesi del mondo arabo che si nutrivano di antisemitismo. Senza dubbio le crescenti azioni di sabotaggio contro ogni forma di relazioni legate allo Stato ebraico, sono il risultato dell’unica vittoria, utopistica, di Hamas, a scapito di migliaia di vite di palestinesi. Gli Accordi di Abramo del 2020, con Emirati Arabi Uniti, Marocco, Sudan e Bahrein, e precedenti intese con Egitto 1979 e Giordania 1994, hanno dimostrato che diplomazia, interessi economici reciproci e consapevolezza del “potere”, possono creare un clima di distensione anche dove sembrava impresa ardua. Ma oggi boicottare Israele è diventato uno spot quasi elettorale, un sistema per cercare consensi nell’ambito di ragionamenti e concetti spesso lontani dalla conoscenza storica e dalla logica. La percentuale della “massa”, scarsamente razionale, in contrapposizione “all’Umanità critica”, è oggi in espansione, facilmente manipolabile a tal punto che anche quelli che dovrebbero essere “templi della Cultura” vacillano sotto il giogo della non conoscenza strumentale, applicata da chi conosce, forse, verso chi probabilmente ignora.

Così possiamo notare, da qualche settimana, molti centri di istruzione universitaria e superiore occidentali che hanno iniziato a mettere in dubbio o a interrompere i rapporti con omologhi istituti di cultura israeliani, con la motivazione che lo Stato ebraico opera in quel “sistema” di stragi, occupazione e colonizzazione della Palestina. Così a fine maggio come protesta contro i massacri di civili esercitati da Israele su Gaza, il Consiglio di amministrazione della Conferenza dei rettori delle università spagnole, che raccoglie una cinquantina di università pubbliche e poco meno di trenta private, tramite un comunicato ufficiale, si è impegnato a rivedere gli accordi di collaborazione con università e centri di ricerca israeliani per valutare l’interruzione delle relazioni. La motivazione è che lo Stato ebraico non ha rispettato il diritto internazionale circa i diritti umani e non opera per la pace.

Questa tendenza a escludere studenti israeliani dalle relazioni interculturali internazionali con varie università, anche americane ed europee, si è poi accentuata in questi ultimi giorni, sia per emulazione della presa di posizione spagnola, sia perché sono in crescita nell’ambito universitario, anche questo soggetto ad azioni manipolatorie, movimenti filopalestinesi. Ma il boicottaggio, che assume sempre più marcati tratti antisemiti, si sta estendendo anche in altri campi, come quello degli eventi internazionali a carattere commerciale. Infatti, l’industria della difesa israeliana è stata esclusa dall’Eurosatory show 2024, evento biennale che si basa sulle presentazioni e commercio di armamenti terrestri. L’organizzatore è la Coges Events, filiale di Gicat, associazione francese dell’industria della difesa terrestre e della sicurezza. L’Eurosatory, che si terrà dal 17 al 21 giugno nella città francese di Villepinte appartenente al dipartimento della Senna-Saint-Denis nella regione dell’Île-de-France, rappresenta il salone internazionale della difesa e della sicurezza terrestre, contesto dove la tecnologia militare esprime le sue “eccellenze”. Qui sono previsti oltre duemila espositori provenienti anche da nazioni oltre il borderline della “dignità politica” (concetto estremamente elastico); sono comunque esclusi sia la Corea del Nord che la Russia. Ma le autorità governative, il 31 maggio, come scritto, hanno ritenuto di dovere escludere anche rappresentanti dell’industria della difesa israeliana, che aveva prenotato circa settanta stand, di questi una decina avrebbero dovuto presentare armi dalla sofisticatissima tecnologia. Chi ha preso la decisone di escludere i produttori e commercianti di armi israeliani dall’evento? Ufficialmente è stato il Ministero della Difesa francese in collaborazione con i referenti nazionali delle Forze armate, ma in realtà l’influenza della “lobby delle Ong” con la motivazione della guerra a Gaza, ha pressato a tal punto le istituzioni francesi che sono state costrette a dichiarare che non ci sono più le condizioni per accogliere queste aziende nell’Eurosatory. Infatti, due giorni prima dell’attacco a Rafah del 26 maggio, un gruppo di queste Ong, la cui posizione è ben netta nel panorama delle Organizzazioni non governative, come Aser, Stop Arming Israel, Urgency Palestine, Associazione di Solidarietà Francia-Palestina, ed altre, avevano comunicato a Coges Events, che la avrebbero “portata in tribunale” se avesse invitato i produttori di armi israeliani allo show; intimando la società organizzatrice di rispondere entro una settimana rivelando le misure adottate in merito.

Quindi, secondo le Ong filopalestinesi, la motivazione è impedire ai commercianti di armi israeliani di vendere o acquistare armamenti che saranno poi utilizzati per commettere crimini contro l’umanità, crimini di guerra, genocidi, violenze e favorire la colonizzazione dei territori palestinesi. Ma in realtà gli espositori israeliani avrebbero mostrato, in una vetrina pubblica, il potere della tecnologia militare dell’esercito di Israele, e il fatto che venga impedita, dalle Ong di parte, questa presenza, non boicotterà certamente gli affari commerciali di Israele in ambito armamenti. Anche perché il “canale” del commercio delle armi viaggia su strade consolidate e sicure, dove le uniche pressioni sono la compulsione all’acquisto di tecnologia bellica israeliana da parte della maggior parte degli Stati del Pianeta.

Quindi boicottare Israele, sia sotto l’aspetto dei rapporti culturali che commerciali di vario genere, si raffigura più come uno spot politico – una questione di “immagine” – piuttosto che come una azione di sabotaggio che può arrecare danni “culturali ed economici”. Ricordo che il 5 giugno il cancelliere tedesco Olaf Scholz in occasione dell’Air Show di Berlino 2024, ha accolto le aziende di armamenti israeliane, come la Rafael e ha “stretto la mano” ad Amir Peretz, presidente della Iai, Israel Aerospace Industrie, con il quale ha suggellato una foto con alle spalle il missile difensivo di fabbricazione israeliana Arrow 3; un accordo ultramiliardario già sottoscritto. Ennesimo esempio di “scisma europeo”, se mai una unificazione ci sia mai stata.

Aggiornato il 10 giugno 2024 alle ore 17:36