Le dichiarazioni del nuovo presidente non sono state accolte bene dalla Cina. Il colosso orientale ha promesso a Taiwan una continua pressione militare, almeno finché tutto questo parlare di indipendenza – o “provocazioni”, per usare le parole di Pechino – non si fermerà. L’Isola autogovernata, fresca dell’insediamento del presidente Lai Ching-te, ha dovuto assistere a ingenti manovre militari cinesi. Tre giorni dopo l’elezione del nuovo capo di Stato, navi da guerra e aerei carichi di munizioni si sono esercitati in simulazioni del sequestro e isolamento di Taipei. Tutto ciò, perché Pechino ha visto nel discorso di Lai alla Nazione una “confessione di indipendenza”.
Pechino considera l’isola parte del suo territorio, e non ha mai escluso l’uso della forza per riportarla sotto il suo controllo. Il Governo cinese, attraverso l’Ufficio per gli affari di Taiwan (Tao) ha reso noto che ulteriori esercitati militari potrebbero far seguito alla “Joint Sword-2024A” – nome della simulazione – della scorsa settimana. “Finché continueranno le provocazioni sull’indipendenza di Taiwan, le azioni dell’Esercito popolare di liberazione (Pla) per difendere la sovranità nazionale e l’integrità territoriale continueranno”, ha detto il portavoce del Tao, Zhu Fenglian, in una conferenza stampa. La retorica del nuovo presidente Lai è stata definita dal funzionario dell’Ufficio come “estremamente sconsiderata”. Se Taipei continuasse a parlare di “indipendenza”, allora “rischierebbe inevitabilmente la guerra nello stretto di Taiwan e arrecherebbe gravi danni ai nostri compatrioti di Taiwan”, ha specificato Zhu ai microfoni dei giornalisti. “Non tollereremo, condoneremo o permetteremo mai questo, e dobbiamo contrastarlo e punirlo”, ha aggiunto il portavoce. E ancora: “Maggiore è la provocazione, più forte è la contromisura”.
Aggiornato il 29 maggio 2024 alle ore 15:02