Domenica 12 maggio l’oppressiva “giustizia tunisina” ha colpito ancora. L’opinionista Mourad Zeghidi, il conduttore radiofonico e televisivo Borhen Bssais, l’avvocato e opinionista Sonia Dahmani sono stati arrestati perché hanno espresso critiche sulla situazione che sta vivendo la Tunisia. Bssais e Zeghidi hanno così ricevuto un mandato di arresto; in particolare, Zeghidi è accusato di avere pubblicamente difeso, tramite social network, il giornalista Mohamed Boughalleb arrestato e condannato a sei mesi di carcere per aver diffamato, secondo gli accusatori, un dipendente della Pubblica amministrazione durante una trasmissione televisiva. La fonte legislativa che permette tali arresti fa riferimento al famigerato articolo 54, promulgato a settembre 2022 dal presidente tunisino Kaïs Saïed, è stato adottato dal presidente golpista al fine di reprimere la produzione e la diffusione di quelle che il regime considera “false notizie”. La norma in questione è stata profondamente criticata dai difensori dei diritti umani, poiché chiaramente soggetta a interpretazioni individuali, ma soprattutto per l’estrema ampiezza delle tematiche che possono essere racchiuse nella forma di reato.
Così, sempre in base all’articolo 54, Sonia Dahmani è stata arrestata per avere espresso ironicamente, martedì 7 maggio, alcune considerazioni sulla difficile realtà tunisina. In particolare, durante un programma televisivo sulla attualità, all’affermazione di un opinionista circa la questione dei migranti provenienti da dall’aerea sub-sahariana e saheliana, che arrivano in Tunisia per stabilirsi, e quindi “degradando l’immagine del Paese”, la Dahmani ha sarcasticamente esclamato “di quale straordinario Paese stiamo parlando?”. Tanto è bastato agli organi di polizia per intervenire in diretta, incappucciati, e procedere all’interruzione del programma, e al successivo arresto dell’avvocatessa. Immediatamente, l’Ordine degli avvocati tunisini ha condannato pubblicamente, anche tramite una conferenza stampa, l’invasione della sede televisiva e la conseguente aggressione, chiedendo il rilascio immediato della collega e annunciando mobilitazioni.
Ma il “cappio” di un Saïed, sempre più isolato e considerato anche dalla Comunità internazionale sempre meno affidabile, si sta stringendo su ogni attività che possa configurarsi come una minaccia alla “sicurezza dello Stato”. Così la questione migranti è al centro delle sue attenzioni da tempo, da quando definì, in un discorso del febbraio 2023, l’arrivo delle “orde di migranti illegali” come parte di una cospirazione internazionale finalizzata a “modificare la composizione demografica” della Tunisia. Su questa linea nei giorni passati molte Ong che si occupano dei migranti sono state perquisite con lo scopo di intercettare operazioni “illecite”; e in questa azione il 6 maggio Saadia Mosbah, presidente dell’associazione antirazzista Mnemty – traducibile in “Il mio sogno” – è stata accusata di riciclaggio di denaro e posta in custodia di polizia.
Saïed ha ribadito lunedì scorso che la Tunisia non accoglierà mai i neri dell’Africa sub sahariana, e il suo Paese non sarà più un’area di passaggio per i flussi migratori, accusando le associazioni che aiutano questi migranti di ricevere enormi somme di denaro dall’estero. In questo quadro di isterica repressione, sabato 11 maggio sono stati arrestati anche il presidente della Federazione tunisina di nuoto, Ftn, il direttore generale dell’Anad, Agenzia nazionale antidoping, e un’altra decina di persone che erano state da poco licenziate dal Ministero della Gioventù e dello Sport. La motivazione degli arresti, seguiti a una indagine giudiziaria, è aver coperto la bandiera tunisina durante un evento sportivo. Ma perché la bandiera tunisina è stata occultata? La “questione” è esplosa il 30 aprile, quando la Wada, Agenzia mondiale antidoping, ha registrato, nonostante un ulteriore “avvertimento” del novembre 2023, che la Tunisia non ha applicato la disposizione dell’Agenzia di integrare la versione 2021 della Convenzione mondiale antidoping, quindi aggiornare il “codice antidoping” nel suo ordinamento giuridico. Così, tra le varie sanzioni adottate dall’Agenzia per la grave inadempienza tunisina, ha anche interdetto al Paese di organizzare eventi sportivi internazionali, e quindi di esporre la sua bandiera, che da ora non sarà issata in occasione di tali eventi, comprese le Olimpiadi e le Paralimpiadi che si terranno a Parigi in estate, fino al ripristino delle direttive Anad.
Il 9 maggio la bandiera tunisina che era esposta su una parete della piscina olimpica di Radès, nella periferia sud di Tunisi, è stata frettolosamente coperta durante il Tunisian Open Masters, suscitando notevole scalpore. Il giorno dopo Saïed ha denunciato il gesto come “crimine atroce”. Con la scorta e insieme al governatore di Ben Arous ha fatto irruzione nella piscina, dove i nuotatori si esercitavano. Ha imprecato, cercando i responsabili dell’occultamento del vessillo e assicurando che passeranno sotto le “forche caudine” della giustizia tunisina. È seguito, come scritto, lo scioglimento della Federazione tunisina di nuoto, la destituzione del direttore generale dell’Anad e del rappresentante del Ministero nel governatorato di Ben Arous. In più, sono stati avviati una serie di procedimenti penali. Dal golpe del 25 luglio 2021 Kaïs Saïed ha regolarmente sottolineato l’irrinunciabile “sovranità” della Tunisia e la necessità di proteggere l’indipendenza culturale e politica – non economica – del Paese dalle influenze straniere.
Tuttavia, l’ostentata “sovranità” non comprende il rifiuto dell’enorme mole di denaro che le “influenze straniere” erogano per sostenere questo nazionalmente e internazionalmente impacciato, poco affidabile e moribondo regime.
Aggiornato il 16 maggio 2024 alle ore 11:33