La sicumera di Joe Biden sugli affitti negli States

L’interventismo del presidente americano elude i dettami delle teorie economiche e le prove fornite dalle esperienze nel mondo reale

Il controllo degli affitti, malgrado costituisca una pratica distruttiva, che non ha mai prodotto i risultati attesi ed è stata causa di problemi ancora più grandi di quelli che avrebbe dovuto risolvere, ha tuttavia ammaliato nel corso dei secoli leader politici e capi di Governo, re e imperatori, intellettuali, associazioni e movimenti, persino alcuni Papi, tutti illusi dal miraggio della giustizia sociale che siffatta misura avrebbe dovuto realizzare. Si è così fatta strada la credenza di poter fare a meno del mercato anche per le locazioni di immobili e di sostituirlo con un sistema regolato da norme giuridiche costrittive, dando luogo a un ordine esogeno ed eliminando la cooperazione volontaria ed elettiva, per il raggiungimento di scopi particolari. Ha scritto in argomento Ludwig von Mises: “Imperatori, re e dittatori rivoluzionari hanno tentato continuamente di interferire con nei fenomeni di mercato. Pene severe sono state inflitte a mercanti e agricoltori. Molti sono stati vittime di persecuzioni che hanno incontrato l’approvazione entusiastica delle masse. Ma tutti questi sforzi sono falliti. La spiegazione che giuristi, teologi e filosofi hanno dato di tale fallimento sono sempre state in pieno accordo con le idee sostenute dai governanti e dalle masse”.

Negli Stati Uniti d’America, il controllo degli affitti è diventato una politica popolare, principalmente a New York, durante i primi anni del Novecento, un periodo in cui l’ondata di immigrazione stava raggiungendo il suo punto massimo ed era maggiormente avvertita l’esigenza di unità immobiliari in locazione. La relativa domanda, che ha inevitabilmente registrato una vera e propria impennata, è stata soddisfatta, pure in larga misura, con case popolari di bassa qualità, sovente anguste e affollate. Ciò ha però finito per suscitare ostilità verso il mercato e indignazione anti-proprietaria e sollecitato richieste di riforma, per porre rimedio ai problemi denunciati. La misura si è poi diffusa ovunque negli States sino al tramonto degli anni Cinquanta, quando il boom dell’edilizia abitativa nel secondo dopoguerra ha alleviato i problemi di approvvigionamento ed è diventato più evidente il fallimento delle politiche interventiste sugli affitti.

Una nuova generazione di dette misure, leggermente più moderate (denominate “stabilizzazione degli affitti”) è stata successivamente introdotta negli anni Settanta nelle città costiere con una popolazione di orientamento prevalentemente liberale. Come ha rilevato l’Urban Institute nel 2019, si può affermare che “solo quattro Stati (New York, New Jersey, California e Maryland) e Washington, D.C., hanno Governi locali con leggi vigenti sul controllo degli affitti”, ai quali si aggiungono metropoli come San Francisco e New York, ove siffatto sistema è stato introdotto da molto tempo. Va poi aggiunto che, seppure in modo meno aggressivo, due contee di Los Angeles hanno votato nel 2022 a favore di una misura di controllo degli affitti per contenere gli aumenti entro il 4 per cento all’anno, l’Oregon ha posto un tetto al 10 per centro in tutto lo Stato, mentre gli elettori in Florida hanno votato per il controllo degli affitti ma la decisione è stata dichiarata incostituzionale in sede giudiziaria.

Oggi tale politica ha catturato l’interesse del presidente americano Joe Biden, il quale ha preso di mira diversi settori del mercato immobiliare americano e soprattutto quello locativo, come ha confermato in occasione dell’ultimo discorso sullo stato dell’Unione dichiarando testualmente: “Stiamo dando un giro di vite ai grandi proprietari che violano le leggi antitrust fissando arbitrariamente i prezzi e facendo salire artificialmente i prezzi degli affitti”. Ha così deciso di intervenire sugli affitti, ponendo un tetto massimo all’aumento dei canoni per le unità abitative a prezzo accessibile sovvenzionate dal Governo federale. Secondo fonti dell’Amministrazione, per effetto delle nuove norme, gli aumenti annuali degli affitti dovranno essere contenuti nella misura massima del 10 per cento, e riguarderà le proprietà con credito d’imposta sulle abitazioni a basso reddito. In particolare, il limite riguarda le unità che ricevono finanziamenti dal Low-Income Housing Tax Credit, il più grande programma federale di alloggi a prezzi accessibili in America, secondo gli esperti. La National Low-Income Housing Coalition ha stimato che circa 2,6 milioni di case locate negli Stati Uniti abbiano attualmente restrizioni sugli affitti e sul reddito Lihtc.

L’iniziativa del premier statunitense è stata accolta favorevolmente da gruppi di attivisti e da politici nonché dai sindacati degli inquilini, che da qualche tempo hanno avviato la campagna Homes Guarantee. “Questa è una vittoria storica – ha dichiarato Tara Raghuveer, direttrice della National Tenant Union Federation e della citata campagna sindacale – che proteggerà milioni di inquilini dall’aumento degli affitti e li stabilizzerà nelle loro case”. L’altra associazione denominata People’s Action si è persino spinta oltre, avanzando una proposta ancora più radicale, di stampo socialista, con la National Homes Guarantee che avrebbe lo scopo di “togliere le abitazioni dal mercato e di demercizzarle”. Ben diversa è la posizione degli osservatori attenti, degli esperti e operatori del settore nonché degli economisti, che hanno criticato l’iniziativa di Biden, la quale, sebbene possa illusoriamente apparire come una soluzione rapida, elude in realtà le questioni fondamentali che affliggono il mercato immobiliare. Il controllo dei prezzi impedisce infatti al mercato di allocare in modo efficiente le risorse scarse e scoraggia nel contempo gli investimenti, che sono ineludibili per espandere l’edilizia a prezzi accessibili. Le conseguenze indesiderate superano qualsiasi beneficio a breve termine.

Né si può ragionevolmente pensare che tutto ciò non si applichi all’edilizia abitativa, per il fatto che gli edifici esistono già e, pertanto, i proprietari non possono determinare ogni anno il numero totale di case sul mercato. Nonostante ciò, vi è tuttavia da considerare che essi possono scegliere di vendere invece di affittare, possono ritirare dal mercato quelle case che sono rientrate nella loro disponibilità o, più semplicemente, soprattutto nelle aree di fascia bassa, astenersi da qualsiasi intervento manutentivo, lasciando che gli immobili vadano in rovina e diventino inabitabili, qualora gli affitti perdano la loro redditività. In proposito è emblematico e istruttivo quanto ha segnalato Richard Pipes, secondo cui: “A New York, che è stata definita “la capitale mondiale del controllo degli affitti”, essi portarono a un degrado urbano di proporzioni mai viste, in quanto molti padroni di casa, non riuscendo a ricavare alcun profitto dalle loro proprietà, le trascuravano o le abbandonavano”.

A sua volta, Friedrich August von Hayek ha ricordato: “A chi non ha vissuto gli effetti prodotti nel lungo periodo, queste osservazioni forse appariranno indebitamente eccessive. Ma chiunque abbia visto la progressiva decadenza delle condizioni edilizie e le conseguenze sul generale modo di vita dei cittadini di Parigi, di Vienna o anche di Londra, può correttamente valutare l’effetto letale che questo unico provvedimento può avere sull’intero carattere di un’economia – e persino di un popolo”. Altre esperienze sono quelle di San Francisco, dove i controlli hanno prodotto gentrificazione allorché i proprietari hanno convertito le unità da affittare in condomini di lusso. A Saint Paul, capitale e seconda più grande città del Minnesota, poi, i benefits del controllo dei canoni hanno avvantaggiato inquilini bianchi e più abbienti a discapito dei conduttori bisognosi.

A parte ciò, l’effetto maggiormente deleterio prodotto dal controllo degli affitti è rappresentato dall’uscita di scena di molti costruttori e di conseguenza della riduzione di numero di nuove unità abitative che vengono realizzate, le quali paradossalmente servirebbero invece per incrementare l’offerta e rendere le abitazioni più accessibili a un maggior numero di persone. Rebus sic stantibus, è difficilmente confutabile che la soluzione al problema evidenziato, creato in realtà dall’interventismo statale, vada ricercata nel libero mercato, tenendo conto delle lezioni della teoria economica e delle prove che nel tempo hanno fornite le esperienze nel mondo reale. Naturalmente, è impossibile soddisfare ogni desiderio umano, poiché ciò che gli esseri umani vogliono è effettivamente infinito, mentre ciò che esiste è certamente finito. Nondimeno, quando si tratta di alloggi, la soluzione per renderli più accessibili è piuttosto semplice: liberalizzare gli affitti e costruire più case, che sono le uniche via d’uscita dalla crisi immobiliare che attanaglia non solo l’America. Il mercato sfugge infatti a ogni pianificazione centralizzata, poiché si affida solo all’iniziativa individuale e al meccanismo della concorrenza, e riesce così ad armonizzare, in maniera spontanea, le decisioni dei produttori con la volontà e coi desideri dei consumatori, senza la mediazione del Governo, assicurando a ogni individuo il perseguimento dei propri scopi.

Aggiornato il 16 aprile 2024 alle ore 12:30