Il nove aprile il portavoce dell’esercito israeliano ha affermato che per la prima volta è stato utilizzato il nuovo sistema di difesa aerea, prodotto in Israele, denominato C-Dome, che rappresenta l’adattamento navale dello scudo antimissile Iron Dome (Kipat Barzel). Il sistema di sorveglianza e difesa è stato utilizzato per intercettare un velivolo non identificato che stava attraversando lo spazio aereo dello Stato ebraico. Infatti, la sera di lunedì 8 aprile, il mezzo volante, è stato segnalato dai sistemi di controllo aereo militare che ha dato l’allerta in un’area localizzata all’estremità meridionale del territorio israeliano, in particolare nella zona della città di Eilat. Quest’area è monitorata particolarmente, in quanto da febbraio soggetta ad attacchi di missili balistici lanciati di sciiti yemeniti Houthi, alleati delle milizie palestinesi di Hamas. Ma cosa sono i sistemi di intercettazione appartenenti alla classificazione “Dome”, Iron e C? Il sistema di difesa aerea Iron Dome fu sviluppato da Israele dalla metà degli anni Novanta e Venne decisa la sua adozione nel 2005, configurandosi come l’elemento centrale per la sicurezza dei celi israeliani. È utilizzato da almeno quindici anni da Israele, soprattutto per intercettare il lancio di razzi provenienti dalla Striscia di Gaza e quelli lanciati sia dai miliziani di Hamas che della Jihad islamica.
Ma come funziona il sistema “Dome”? Secondo le specifiche rese note, l’Iron impiega missili a guida radar di piccole dimensioni. Ha una gittata a corto raggio, che va da alcuni chilometri a settanta e può intercettare missili e qualsiasi proiettile in volo. Ogni batteria dell’Iron comprende un radar che traccia la traiettoria del razzo offensivo dal suo lancio. Nel caso che il vettore sia diretto verso obiettivi civili o strategici, si attivano tre sistemi di lancio, ciascuno dotato di venti missili intercettori. Le statistiche dell’esercito israeliano riportano una efficacia che va dall’ottanta al novanta per cento.
Fattore determinante del sistema Dome è il tempo di reazione che risulta molto breve. Infatti, tra il lancio del vettore offensivo e la sua intercettazione, non passano più di due minuti. Questo è quanto riportato nella rivista mensile francese, diretta da Alexis Bautzmann, Dsi, Difesa e sicurezza internazionale, specializzata nell’ambito della difesa e degli armamenti. Inoltre, risulta che il costo di ogni batteria va oltre i cinquecentomila euro. Quindi, a causa del valore elevato, la sua applicazione è stata subordinata, e ritardata, per dare una formazione adeguata agli operatori del sistema Iron Dome, onde evitare un uso che poteva danneggiare la sofisticata e costosa arma di difesa. Gli Stati Uniti, che come è noto destinano a Israele oltre tre miliardi di dollari l’anno, hanno finanziato una parte del sistema Dome, a fronte dello Stato ebraico che ha impegnato oltre un miliardo di dollari nello sviluppo e nella produzione di queste batterie, la cui “elaborazione” è stata data all’industria pubblica israeliana Rafael, Rafael Advanced Defense Systems Ltd, che sviluppa sistemi d’arma e tecnologia militare.
Il C-Dome, come gli Iron Dome, vengono utilizzati per la protezione di siti strategici come i giacimenti di gas e le infrastrutture legate alla produzione energetica, ma anche aree di “enorme valore militare”. Il Governo israeliano da tempo investe in questa nuova tecnologia di difesa, soprattutto per proteggere gli importanti giacimenti di gas degli impianti offshore di Leviathan e Tamar, necessari per implementare una propria indipendenza energetica, ma anche per esportare il proprio gas sia in Europa che nel Medio e Vicino Oriente. Il C-Dome, che ricordo è la versione marina dell’Iron, e che è stato utilizzato lunedì, era posizionato su quattro corvette classificate Sa’ar 6, di produzione tedesca, in possesso alla marina israeliana dal 2015. Una operazione di difesa aerea che Israele sta sviluppando e anche velocemente. Uno scudo aereo che fronteggia i lanci di razzi provenienti dl nord del Libano, Hezbollah, dallo Yemen, Houthi, e da qualche residuo missile ancora attivo nella Striscia di Gaza. Una produzione tecnologica, quella dello Stato ebraico, che ha da confrontarsi con quella tecnologia offensiva di marca iraniana.
Aggiornato il 11 aprile 2024 alle ore 09:54