Qual è la differenza tra un autocrate e un condottiero? Il carisma: questa è la risposta giusta. Ovvero, nel primo caso si va a morire per ordine suo, con il moschetto dei carabinieri puntato nella schiena, per cui se retrocedi ti fanno fuori i tuoi, piuttosto che il nemico. Invece, il vero comandante è quello che ti precede davanti ai fucili puntati dell’avversario. Una bella differenza, come si vede! Ora, per la cronaca politica e non solo, dobbiamo ringraziare la Russia che si sta facendo molto male da sola, anche dopo gli ultimi, terribili colpi dell’Isis che fanno giustizia dell’Invincibile. Con l’isolamento di Mosca dall’Occidente, la globalizzazione ha perso a fine corsa un temibile competitor mondiale, in termini di benessere e ricchezza. Di fatto, con la guerra in Ucraina, le immense risorse naturali della Russia vanno oggi a prezzi stracciati al Global Sud, rilanciandone la crescita grazie proprio a quelle materie prime a buon mercato, e con ciò facendo della Russia stessa una potenza ancillare in seno a quella sua gigantesca nebulosa geopolitica. Tra l’altro, questo immenso spreco di ricchezza, per conquistare qualche chilometro quadrato di terra ucraina, va a discapito delle generazioni russe a venire, e il loro giudizio negativo peserà non poco sulla mancata gloria di chi le ha impiegate per distruggere, anziché per costruire benessere. Per di più, dal punto di vista dell’analisi dei fenomeni, contro la grandeur imperiale russa agiscono oggi dall’interno la crisi demografica e i danni politico-sociali provocati dal potere assoluto.
Anche perché è quest’ultimo, con la sua decisione monocratica e assolutistica, che manda a morire i suoi (già scarsi) giovani al fronte, mentre una buona parte di quelli con le maggiori competenze professionali hanno già cercato in milioni rifugio e aiuto all’estero, per sfuggire alla leva. Oggi, che cosa vuol dire per il regime russo vincere una lunga guerra d’usura? A Mosca non è riuscita la guerra lampo – blitzkrieg – che permise ad Adolf Hitler di conquistare mezza Europa in brevissimo tempo, perché sul fronte opposto era già bella e pronta un’alleanza armata con dotazioni super-moderne, coadiuvata da una fitta rete di satelliti spia in grado di individuare qualsiasi mossa sul terreno da parte delle divisioni corazzate russe, facendo così mancare del tutto l’effetto-sorpresa. E, come ieri Hitler a Stalingrado, oggi l’esercito russo è impantanato in Ucraina, per cui il recente, scontato plebiscito è servito all’autocrate russo per legittimare il suo ruolo di comandante assoluto e indiscusso per la continuazione della guerra. Questo perché gli Zar cristiani ragionano solo in termini di vittoria o sconfitta, e non di numeri di soldati caduti o persi in battaglia, allo stesso modo in cui pensavano Napoleone Bonaparte, Iosif Stalin e Hitler.
Con la sostanziale differenza, però, che solo Bonaparte, rispetto a questi “intronati” blindati nei loro bunker e Palazzi d’Inverno, era un vero condottiero, che cavalcava in battaglia alla testa del proprio esercito e divideva il rancio con i suoi soldati. E non risulta che il Grande francese abbia mai, nemmeno lontanamente, concepito lager ed esecuzioni mirate per confinare ed eliminare i suoi oppositori interni, diversamente dai suoi tragici imitatori. Perché quel suo personaggio storico si reggeva in piedi con il carisma, mentre tutti gli altri venuti dopo di lui hanno avuto la necessità di instaurare il “terrore” per mantenere il proprio potere. Basta osservare le immagini ufficiali rimandate in tutto il mondo dai media russi asserviti, per capire l’ossessione isolazionista di Vladimir Putin, che teme più di ogni altro le trame di Palazzo e l’avvelenamento da parte di agenti “esterni”. Ora, se il presente è roseo per Putin sul fronte di battaglia, per lui sempre e comunque la cosa più difficile verrà “dopo” la conclusione della campagna ucraina, senza si spera dover menar nell’aria il famoso “fungo”. Perché, detto sinceramente, anche noi ne possediamo un’intera fungaia, e non sarebbe carino se ci avvelenassimo a vicenda per qualche secolo! Archiviata Kiev, come farà Putin a fermare la sua poderosa macchina da guerra militar-industriale? Quale delle major occidentali che producono macchine di lusso, come Mercedes e Bmw, torneranno a riaprire le loro fabbriche in Russia?
E per quanto tempo Mosca sarà l’ospite indesiderato di tutte le Cancellerie europee, che non dimenticheranno facilmente l’imperialismo guerrafondaio di Putin, da cui avranno tutto da temere nel prossimo futuro? Eppure, appena pochi decenni fa, nel 1988, Michail Sergeevič Gorbačëv ebbe a dichiarare dalla tribuna dell’Onu che “l’uso e la minaccia della forza non possono costituire gli strumenti della politica estera (…) e la libertà di scelta è un principio universale, senza eccezione di sorta”. Che fine hanno fatto gli accordi con Mosca sul “partenariato strategico” del 2003, con l’individuazione dei quattro spazi comune di interesse, ovvero: sicurezza interna ed esterna, formazione e ricerca? Addirittura, all’epoca, si pensava a creare un’unione politico-militare “euroasiatica”, per contrastare l’avventurismo talassocratico anglosassone a seguito dell’invasione dell’Iraq, avvenuta in quello stesso anno.
Come mai dal 2014, con l’annessione della Crimea e la rivolta in Donbass la Russia putiniana ha costituito una “minaccia diretta e durevole” per la sicurezza europea? Questa Nuova Europa che si restringe dall’Atlantico alla Vistola (Parigi-Berlino-Varsavia), anziché estendersi fino agli Urali, è colpa di chi? Dell’Asse Parigi-Berlino che non ha voluto o saputo per tempo formalizzare con la Russia un vero e proprio Trattato di non aggressione? Anche se sull’Occidente grava, in questo caso, la macchia indelebile di aver perso un’ottima occasione per assicurare la sicurezza della Russia, al tempo degli Accordi di Minsk del 2014 e di quelli precedenti di Budapest del 1994 per la de-nuclearizzazione dell’Ucraina. Ma, la responsabilità di fondo non sta, forse, nel sogno un po’ folle di un autocrate di volersi riprendere quanto perduto con la scomparsa dell’Urss, opponendo l’Anima slava alla grande famiglia occidentale? Sì, ma a che prezzo, signor Putin?
Aggiornato il 27 marzo 2024 alle ore 09:30