Molto spesso quando si parla di “tradizioni culturali africane” è possibile imbattersi in ataviche usanze che oltre a non rappresentare significative consuetudini, vengono mascherate da pseudo dettami coranici. Nonostante il Gambia, uno Stato a prevalenza musulmana, abbia ratificato nel 2005 il protocollo di Maputo sui diritti delle donne e delle ragazze, “fanatici” esponenti religiosi ed oscuri parlamentari gambiani stanno operando per ripristinare legalmente la tortura della mutilazione genitale femminile, Mgf. L’escissione in Gambia fu vietata nel 2015 dall’ex dittatore Yahya Jammeh – ora in esilio – che aveva decretato il divieto di mutilazione genitale femminile, affermando che nell’Islam non esiste prescrizione in tal senso. Tuttavia lo Stato africano potrebbe essere, visto il voto del parlamento del 18 marzo, il primo Paese al mondo a ristabilire il diritto legale per applicare nuovamente l’escissione. Dopo il voto dell’Assemblea nazionale, che a stragrande maggioranza ha approvato la possibilità di praticare la Mgf, ora un disegno di legge dovrà essere presentato ai deputati entro tre mesi. In questo modo si concretizza l’ipotesi di un’abrogazione del divieto di applicare tale aberrante tortura.
Già dal 4 marzo il parlamentare Almameh Gibba aveva presentato all’Assemblea nazionale l’iter per elaborare il disegno di legge in prima lettura. La seconda lettura e la sua revisione, sono stati appunto presentati il 18 marzo. Ma la maggior parte della popolazione gambiana è contraria a tale ripristino; decine di donne e uomini hanno manifestato dentro e fuori al Parlamento per la revoca del divieto. Sostenendo che quella che viene ingannevolmente e subdolamente chiamata dai fautori della tortura “circoncisione femminile”, non è altro che un tormento verso il mondo femminile per renderlo fragile, sottomesso e sconvolto a vita. Considerando anche l’elevato tasso di mortalità a seguito delle mutilazioni genitali. Per contro i “religiosi islamici” e i parlamentari fautori dello scempio sostengono che è una tradizione profondamente radicata, e che vietarla lede il loro diritto di praticare le proprie usanze.
Inoltre, al fine di dare una parvenza di legittimità a tale perversa proposta di legge, Almameh Gibba ha affermato che tale azione serve “a difendere i principi religiosi e a custodire le norme e i valori culturali” del Paese. Continuando, che il divieto di escissione, attualmente in vigore, è “una violazione diretta del diritto dei cittadini a praticare la propria cultura” e “osservare la religione islamica”. Questo piano è supportato da Abdoulie Fatty, importante capo religioso e dal Consiglio islamico supremo del Gambia. Comunque, il voto dell’Assemblea si è espresso con 42 favorevoli su 47 presenti, ma anche se la maggioranza è stata schiacciante, opinioni contrarie sono emerse. Infatti la deputata Gibbi Mballow, aveva dichiarato, prima della votazione, che è sbagliato “nasconderci dietro l’Islam o alla cultura” per danneggiare le nostre donne e ragazze. In quanto la religione lo vieta. Quindi, Seedy Njie, vicepresidente dell’Assemblea, una delle cinque deputate donne su 58 parlamentari, ha assicurato che loro faranno del tutto affinché l’emendamento proposto non passi. Ricordo che un rapporto Unicef del 2021 ha rivelato che il 75 per cento delle ragazze del Gambia, tra i 15 e 19 anni, ha subito l’escissione; mentre hanno avuto la stessa mutilazione il settantasei per cento di donne tra 15 e 49 anni. Inoltre sempre nel rapporto Unicef si specifica che la mutilazione genitale è eseguita con l’estirpazione parziale o totale dei genitali esterni: grandi e piccole labbra, clitoride, e spesso infibulazione. E viene effettuata sulle bambine intorno ai 5 anni. L’organizzazione stima che almeno duecento milioni di ragazze e donne siano vittime di questa mutilazione in tutto il mondo.
Va anche considerato che nonostante il divieto di esercitare la Mgf, in Gambia, come altrove, è molto praticata soprattutto in ambiti marginali, sia sociali che culturali, oltre che in aree periferiche ai grandi centri urbani. Infatti nonostante il protocollo di Maputo e gli accordi internazionali africani sui diritti delle donne, l’anno scorso in Gambia furono condannate solo tre “donne” a pene detentive e multe per avere praticato l’escissione; ma un capo religioso ha saldato i loro debiti di “pena” solvendo le ammende e scagionandole dal carcere. Ancora, il Csi, Consiglio islamico supremo ha emanato una fatwa, ovvero una decisione di fede, affermando la legalità della cosiddetta “circoncisione femminile”. Asserendo che nell’Islam l’escissione non è solo un’usanza ancestrale, ma anche una delle virtù. Forse facendo riferimento alla surat IV an-nisâ’ – le donne – ma qui non si trovano riferimenti alla mutilazione femminile. Brevemente e semplificando, la realtà è più articolata, in quanto la logica seguita da tale ragionamento sta nell’obiettivo di rendere il sesso femminile inutilizzabile, in quanto fonte di dolori lancinanti cronici anche per i semplici bisogni fisiologici; ovvero ottenere garanzia di “illibatezza e fedeltà”.
Nel paradosso globale del concetto di democrazia, va rilevo che sotto il dittatore Yahya Jammeh, l’Assemblea votò il primo testo che prevedeva pene fino a tre anni di reclusione per chi praticava le mutilazioni genitali. Quindi oggi i gambiani, ma è meglio dire le gambiane, apparentemente liberi dalla “dittatura”, si trovano sull’orlo di un baratro sociale dove i diritti delle donne con una legge vengono totalmente annichiliti. Sicuramente in molti contesti è preferibile una dittatura “illuminata” a un oscuro Parlamento che con la scusa della religione islamica distrugge il Genere femminile. Comunque la speranza è che, come affermato dall’International Bar Association, associazione forense dove sono aggregati esperti di diritto internazionali, che la proposta di legge che revoca il divieto è molto difficile che possa entrare in vigore a causa degli obblighi internazionali del Gambia sui diritti delle donne. Ma sappiamo bene quanto una autoritarismo che basa le sue leggi su quanto pensano sia scritto nel testo coranico, che è anche un testo giuridico, possa facilmente derogare ad ogni accordo internazionale.
Aggiornato il 26 marzo 2024 alle ore 13:50